Toh, chi si rivede nei cantieri di Milano: il Rito Ambrosiano
C’è un nuovo Rito Ambrosiano, nella Milano place to be dei grattacieli e dei mille cantieri. Un tempo, nella Milano da bere, vigeva il vecchio Rito Ambrosiano del Piano Casa e delle varianti di destinazione d’uso, quello dello “scandalo delle aree d’oro” (1986) che rese famoso il “re del mattone” Salvatore Ligresti, dello “scandalo De Mico” (1988) sulle aree di Porta Nuova, quello delle mazzette per oliare gli ingranaggi delle betoniere che poi furono scoperte da Mani pulite (1992).
Oggi le liturgie sono più silenziose, discrete, asettiche. Il Nuovo Rito Ambrosiano è un sistema consolidato di rapporti tra amministrazione comunale e costruttori. È un metodo di lavoro efficiente e consolidato. È un automatismo che facilita le edificazioni, nelle grandi operazioni immobiliari, ma anche negli interventi piccoli e medi.
Coinvolge la macchina burocratica del Comune, in special modo quella dell’assessorato all’Urbanistica, ribattezzato con sublime eufemismo “alla Rigenerazione urbana”. I suoi generali sono i dirigenti, i suoi cannoni sono le determine dirigenziali, i suoi interlocutori sono i costruttori, gli sviluppatori, i proprietari di aree e di immobili, i mediatori, i professionisti e gli “architetti di sistema”, che conoscono gli arcani della liturgia ambrosiana e sanno come interloquire, intervenire, operare, concludere.
Un posto di riguardo, sull’altare milanese dello sviluppo, lo ha conquistato la “commissione Paesaggio”, che dovrebbe essere un organo tecnico-consultivo del Comune per i progetti urbanistici ed è diventata una casta sacerdotale che, senza curarsi dei conflitti d’interesse che tengono intrecciata la incestuosa famigliona allargata dell’urbanistica, dice di sì alle richieste dei privati, sollevando i tecnici e i dirigenti comunali dalle loro responsabilità, togliendo loro il rischio di dire no.
Il Nuovo Rito Ambrosiano è rapido e scattante, tecnologico ed efficace, si muove con comunicazioni online e firme digitali, attento più a consolidare carriere che a far circolare pericolose mazzette. Al gregoriano dei patti segreti e all’incenso delle tangenti è preferito il secco salmodiare della deroga: le norme urbanistiche ci sono, scolpite nelle leggi e nei decreti ministeriali, ribadite come inderogabili dalle sentenze della Corte costituzionale; ma a Milano non si applicano, perché qui vige il culto della rapidità, della semplificazione, del silenzio-assenso.
Così la città cresce, il lavoro gira, i capitali arrivano, i soldi si moltiplicano. Così vince l’“attrattività”. Così Milano si è “londrizzata”, con l’effetto di produrre ricchezza per pochi e disuguaglianze, impoverimento ed esclusione per molti. Le regole impongono il rispetto del Pgt (Piano di governo del territorio) e obbligano l’amministrazione a varare i piani urbanistici, per garantire i diritti di tutti.
Il Nuovo Rito Ambrosiano salta questi noiosi passaggi, considerandoli vecchia burocrazia, lungaggine, freno ai raffinati animal spirits del santo cemento armato e dei beati fondi d’investimento immobiliare. Non servono più (forse) neppure le tangenti: oggi le deroghe di legge sono gratis. Così puoi costruire una torre di 27 metri dentro un cortile (piazza Aspromonte). Puoi innalzare un grattacielo di 82 metri dove prima c’era un palazzotto di tre piani, dicendo che è una “ristrutturazione” (Torre Milano di via Stresa). Puoi costruire due grattacieli di 81 e 59 metri senza uno straccio di piano urbanistico (via Crescenzago, slogan: “La tua casa affacciata sul parco”).
I tre moschettieri dell’urbanistica milanese (i pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini, Mauro Clerici) sono indicati dagli influencer della politica, dell’immobiliare e del giornalismo come vetusti custodi di regole sorpassate, che puzzano di muffa, Cassazione e Corte costituzionale. In verità, si limitano a sfogliare i messali del Nuovo Rito Ambrosiano per verificare se siano conformi alla legge. Vedremo se c’è un giudice a Milano.