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Salvini in Valsusa. Dopo 35 anni, il cantiere Tav per l’opera “urgente”
Ci sono voluti 35 anni per arrivare all’ennesima “giornata storica” del Tav Torino-Lione. Segnamocela: lunedì 18 dicembre 2023 Matteo Salvini, con il casco da lavoro in testa, ha aperto in Valsusa il cantiere di Chiomonte che inizierà il traforo della galleria sotto le Alpi (12,5 chilometri in territorio italiano dei 57,5 chilometri totali) che dovrà unire Italia e Francia, da Susa-Bussoleno a Saint-Jean-de-Maurienne.
Il ministro delle infrastrutture, accompagnato dal presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, dal commissario straordinario governativo Calogero Mauceri e da alcuni sindaci della Valsusa, ha detto che “questa è una giornata storica” e che “non saranno quattro anarchici a fermare la Torino-Lione”, che porterà lavoro e minor inquinamento: “I no hanno stufato, bloccano il Paese… I no-Tav, i no-Ponte, i no-Mose, i no-Autonomia…”. “Oggi parte un’opera irreversibile”, ha aggiunto il presidente Cirio.
Intanto i no-Tav, appunto, in una Valsusa blindata, prima di essere fermati e identificati dalle forze dell’ordine, riuscivano a bucare il controllo militarizzato dell’area (poliziotti, carabinieri, un elicottero in cielo) e penetravano nei boschi della Clearea che sovrastano il cantiere, per esporre un grande striscione con la scritta “Salvini non sei il benvenuto”. Altri attivisti no-Tav eseguivano una “battitura” sui cancelli del cantiere.
Il movimento continua a sottolineare la sostanziale inutilità dell’opera (non c’è e non è previsto né un traffico merci né un traffico passeggeri che giustifichino gli enormi investimenti previsti) e la sua pericolosità ambientale (i danni provocati dalle emissioni dei cantieri e dei camion necessari ai lavori saranno superiori ai benefici che in un lontano futuro potrebbero arrivare dal passaggio del trasporto dalla strada alla ferrovia).
La prossima “giornata storica” sarà quando si inizierà a scavare davvero. Perché per ora Salvini ha solo consegnato il cantiere alle ditte che hanno vinto la gara d’appalto per circa 1 miliardo di euro: il raggruppamento italo-francese Uxt, composto da Itinera (gruppo Gavio), Ghella e Spie Batignolles. Ma devono ancora essere comprate le due super-frese che dovranno bucare la montagna e devono ancora arrivare i 700 addetti che vi lavoreranno quando il cantiere opererà a pieno ritmo.
Le “giornate storiche” del Tav, del resto, si susseguono dal 1988. Fu in quell’anno che venne lanciato il progetto di un treno ad alta velocità tra Torino e Lione, poi confermato l’anno seguente dal ministro dei Trasporti, Carlo Bernini, e dall’allora capo della segreteria tecnica del piano generale dei trasporti, Ercole Incalza. Due indimenticati protagonisti di Tangentopoli e della Prima Repubblica.
Nel 1991, il progetto prende forma, con la promessa che “tra pochi anni sarà possibile viaggiare in treno da Milano a Lione in 2 ore e mezza, invece delle 6 ore attuali”. Il 12 luglio di quell’anno si firma a Lione un protocollo d’intesa tra Regione Piemonte, Confindustria e Consiglio regionale di Rhone Alpes, per – testuale – “ottenere in tempi rapidi la realizzazione del collegamento ferroviario ad alta velocità”.
Nel 1992, il progetto approda in Europa: Incalza, diventato nel frattempo amministratore delegato di Treno Alta Velocità Tav spa, porta a Bruxelles l’idea di un nuovo passante alpino per collegare Italia e Francia e “ridurre le distanze che separano il sistema italiano dei trasporti dai partner europei”.
Poi l’allora presidente di Confindustria, Sergio Pininfarina, ribadisce la richiesta: i governi di Roma e Parigi “nel prossimo vertice italo-francese del 9 novembre decidano definitivamente la realizzazione del collegamento tra Torino e Lione”. L’odore dei soldi aumenta l’appetito di costruttori e politici. E i primi soldi cominciano a girare, per fare progetti e insediare commissioni. Per anni si inanellano convegni, incontri, comitati intergovernativi italo-francesi. L’ipotesi presentata è che la linea ferroviaria già esistente sarà presto saturata.
È tra il 2001 e il 2012 che si susseguono gli accordi tra Italia e Francia per costruire una nuova linea ferroviaria Torino-Lione e soprattutto il supertunnel sotto le Alpi più lungo del mondo, con due canne di 57,5 chilometri ciascuna.
Nel 2005 prende forma il “Corridoio 5”, cioè il progetto europeo di realizzare un collegamento ferroviario che unisca Lisbona a Kiev. Peccato che negli anni seguenti Portogallo e Spagna si dissocino dal progetto, mentre l’Ucraina non è mai neppure riuscita a prenderlo in considerazione. Intanto salta la stessa definizione di Tav: “alta velocità”, secondo la normativa dell’Unione europea, è un’infrastruttura ferroviaria che consenta una velocità pari o superiore ai 250 chilometri all’ora. La velocità prevista per la nuova Torino-Lione è al massimo di 220 per i treni passeggeri. Viene allora coniata la dizione “alta capacità”, per indicare la priorità del trasporto di merci.
Ma a questo punto sono le previsioni di traffico a gelare gli entusiasmi: lo scambio di merci tra Italia e Francia cala, tanto da rendere sufficiente la linea esistente (mai saturata) e sostanzialmente inutile il colossale (e costosissimo) nuovo intervento. Costo previsto per il solo tunnel (per ora): 9,6 miliardi di euro.
Mentre negli anni cresce un forte movimento no-Tav locale e transnazionale, i tracciati del progetto cambiano più volte e i lavori vanno a rilento. Telt, la società mista Italia-Francia che deve realizzare l’opera, accumula forti ritardi rispetto ai tempi previsti dal Grant Agreement 2015. Tanto che l’Unione europea, che ha promesso di pagare il 50 per cento dei lavori, per non far saltare i finanziamenti ha dovuto concedere una proroga (fino al 31 dicembre 2022) per la realizzazione delle gare d’appalto. Finora sono stati scavati soltanto 11 chilometri di tunnel, tutti in territorio francese, e una trentina di chilometri di gallerie geognostiche e di servizio.
Ieri si è aperto a Chiomonte il cantiere per il tunnel vero, per il quale in Italia non è stato ancora scavato neppure un metro. Restano comunque sospesi i rischi per i finanziamenti. Dalla Francia arrivano periodicamente notizie di blocco delle erogazioni per la tratta francese della linea fuori dal tunnel, che potrebbe provocare lo stop dei finanziamenti europei.
Salvini ieri ha promesso che la linea sarà aperta nel 2032. Ma la coordinatrice Ue del “Corridoio mediterraneo”, Iveta Radicova, quattro giorni prima, alla Conferenza intergovernativa della Torino-Lione (Cig), ha segnalato che i finanziamenti europei promessi a Kiev per la ricostruzione (50 miliardi) potrebbero essere reperiti tagliando altri stanziamenti già programmati, compresi quelli per il Tav Torino-Lione, linea ferroviaria a bassissima velocità. (Il Fatto quotidiano, 19 dicembre 2023)
SALVINI FA FESTA IN VALSUSA
(COSTO: 17 MILA EURO)
Questo non è il Papeete. Ma una festa non si nega, neanche in Val di Susa, se c’è di mezzo Matteo Salvini. Il ministro delle Infrastrutture era lunedì 18 dicembre a Chiomonte, a inaugurare il cantiere che, 35 anni dopo l’inizio della saga Tav Torino-Lione, dovrà cominciare a scavare il tunnel. Come non festeggiare una “giornata storica”, dopo 35 anni di melina? E festa sia. Al prezzo, non proprio modesto, di 17 mila euro. Tanto è costato l’“evento avvio Tdb Italia 18.12.2023”, dove Tdb sta per Tunnel di base. Sui documenti depositati all’Anac (l’Autorità nazionale anticorruzione) si legge: “Importo complessivo gara: 17 mila euro. Tipologia contratto: servizi. Tipo scelta contraente: affidamento diretto”. I bei tempi del Papeete sono ormai lontani, ma almeno il budget delle feste si è dilatato. Con 17 mila euro – di fondi pubblici, naturalmente – e pranzo all’Osteria della Marchesa, mica mojito e patatine. Del resto, che cosa sono 17 mila euro di fronte ai 9,6 miliardi previsti (per ora) per scavare un tunnel che aumenterà a dismisura per anni le emissioni e non troverà traffico né merci né passeggeri che giustifichino l’investimento? Intanto però i politici e i costruttori fanno festa. Cin cin! (Il Fatto quotidiano, 20 dicembre 2023)