E alla Scala risuonò: “No al fascismo”
1. LA VIGILIA
Le comiche alla Scala:
Palco Reale o platea?
Una versione colta del gioco della sedia, con musica intermittente del Don Carlo di Verdi invece delle solite canzoncine per bambini. Partecipanti: la seconda carica dello Stato e la prima della città di Milano. Su o giù? Nel palco reale o in platea? Il gioco è durato per tutta la giornata di ieri, 6 dicembre.
Secondo tradizione, il palco reale ospita alla Prima della Scala le autorità istituzionali, senza distinzioni di partito. Quest’anno, niente Mattarella e niente Meloni, previsti il presidente del Senato Ignazio La Russa e, come padrone di casa, il sindaco Giuseppe Sala. A innescare le danze, i rappresentanti di Cgil e Anpi della Scala: “Non verremo a salutare La Russa perché non ha mai condannato il fascismo”. Poi Sala fa la prima mossa: vado giù. “Mi siederò in platea, insieme alla senatrice a vita Liliana Segre. Il mio è un gesto politico”.
Smarrimento, con la Scala per la prima volta divisa in settori: giù la sinistra, su la destra. La Russa annusa l’aria e reagisce: giù anch’io. “Mi siederò in platea accanto a loro”. Tutti giù. Con il rischio di restare tutti in piedi, perché i posti in platea sono esauriti. Concitate trattative. Alla fine, Sala rinuncia al “gesto politico” (ma aveva già diviso il palco con La Russa e Meloni lo scorso anno) e torna su. A questo punto, su anche La Russa.
Più che Don Carlo, Baruffe chiozzotte. Con le agenzie che a fine giornata diramano dispacci con la disposizione dei posti nel palco: in prima fila, la moglie di La Russa, poi La Russa, accanto Federica Belli Paci, sua madre Liliana Segre, infine il sindaco Sala e la sua sempre elegante compagna Chiara Bazoli. Dietro, Salvini e Sangiuliano. Tutti su.
L’inno nazionale alla Prima della Scala.
Sotto, una scena del “Don Carlo”
2. LA PRIMA
Liliana Segre “scherma” La Russa
e rappresenta l’unità nazionale
I contrabbassi e il controfagotto del Don Carlo diretto da Riccardo Chailly segnano l’ossessione scura del potere, amplificando echi musicali che risuonano oggi, in tempi di guerre feroci e vicine, e di poteri crudeli o smarriti. Questo è ciò che va in scena sul palcoscenico del Teatro alla Scala, che ieri ha inaugurato la sua nuova stagione con l’opera di Verdi.
Nel foyer e nel palco reale della Scala suona intanto tutta un’altra musica. Giù, nel foyer, sfila la tradizionale fiera delle vanità, amplificata dalle telecamere e dagli obiettivi dei fotografi. Su, nel palco d’onore, la quiete dopo la tempesta. Respinto il rischio di fischi. Quest’anno non era presente il presidente Sergio Mattarella, che negli anni scorsi ha attirato interminabili ovazioni e ha fatto da scudo umano a chiunque fosse al suo fianco, compresi (lo scorso anno) Ignazio La Russa con signora e Giorgia Meloni con Andrea Giambruno.
Stavolta, dopo il surreale balletto della vigilia (resto su, sul palco, o vado giù, in platea?), gli applausi sono stati garantiti sostituendo Mattarella con Liliana Segre, sopravvissuta ai lager dell’alleato del vecchio capo di governo di cui La Russa tiene i busti in casa. È lei, senatrice a vita, a rappresentare quest’anno l’unità nazionale, o quel che ne resta.
Dopo una vigilia in cui è stato complicato compilare l’ingarbugliata geografia dei posti placée, sul palco reale hanno trovato posto, alla destra della senatrice Segre, il presidente del Senato La Russa con la moglie, alla sinistra il padrone di casa, il sindaco Giuseppe Sala, con la compagna Chiara Bazoli.
In seconda fila, i ministri Matteo Salvini, Gennaro Sangiuliano e Maria Elisabetta Alberti Casellati. Dopo l’inno di Mameli, mentre le luci si abbassano e il sipario si alza, un grido dal loggione: “No al fascismo! Viva l’Italia antifascista!”. L’autore è subito identificato – chissà perché – dalla Digos: “E ne sono fiero”, dice. Fuori dal teatro, un piccolo gruppo di manifestanti ha esposto una grande bandiera della Palestina e cartelli “Stop genocide”. Accanto, una protesta contro il governo inscenata dal sindacato di base Cub.
Tra le celebrità presenti in platea, la musicista Patti Smith e il regista Pedro Almodóvar: “È una serata molto bella. Questa è la mia cultura, perché parla della storia di noi spagnoli”. Durante il primo intervallo, il sindaco Sala e il ministro Sangiuliano, accompagnati dal sovrintendente del Teatro alla Scala Dominique Meyer, sono andati a salutare il direttore d’orchestra Chailly. È rimasto invece nel palco La Russa, che forse ha voluto evitare spostamenti e rischi di contestazioni.
Il lungo applauso a Liliana Segre