L’Isola sommersa dall’acqua. Ma a Milano arriveranno i taxi volanti
C’è una logica in questa follia? A Milano, dopo la Fashion Week, la Design Week, la Music Week, la Movie Week, la Green Week e via elencando, si celebra la Water Week, l’ennesima settimana dell’acqua e delle inondazioni, con il fiume Seveso che esonda e allaga interi quartieri.
Non è una novità: sono anni che il Seveso e il Lambro inondano le zone della città in cui sono stati malamente cementificati, imbrigliati e reclusi. La crisi climatica ha solo accelerato, moltiplicato e ingigantito vecchi fenomeni che si ripetono fin dagli anni Settanta.
È la pioggia, ripetono il sindaco e gli amministratori. No, è il cemento. È il cemento che imprigiona i corsi d’acqua per chilometri, fino a Milano. Qui, nei momenti di forti precipitazioni, il fiume esplode, dopo essere stato compresso senza alcuna possibilità di espandere a monte le sue acque.
La soluzione, come propone il Verde Carlo Monguzzi, è “decementificare e disasfaltare”. Invece si fa esattamente il contrario, Milano e la sua provincia hanno il record di consumo di suolo. Dovremmo liberare superficie, renderla permeabile alle piogge, che diventano sempre più concentrate e violente. Invece di anno in anno continuiamo a coprire, cementificare, asfaltare. E poi ci stupiamo se il quartiere Isola (ironia del nome) diventa un mare d’acqua?
Gli amministratori la buttano in politica: la Regione (di centrodestra) accusa il Comune (di centrosinistra) e il Comune accusa la Regione. Entrambi, anche quando predicano bene, razzolano male: asfaltano, cementificano, impermeabilizzano, consumano suolo.
L’ultima proposta sembrerebbe ironica, se non fosse drammatica: i taxi volanti. Certo, con le strade di Milano allagate e le auto bloccate, o si naviga con le gondole e i gommoni, o si vola con i mini-elicotteri. La proposta è precedente alle ultime esondazioni, naturalmente, ed è il caso che, come spesso accade, s’incarica di aggiungere un pizzico di follia e paradosso alla realtà.
Il progetto è costruire quattro “vertiporti”, cioè piccoli eliporti, per attivare nel 2026, anno delle mitiche Olimpiadi invernali Milano-Cortina, un servizio di taxi volanti. Due “vertiporti” negli aeroporti di Linate e Malpensa e due in città. Pronti 30 milioni, per cominciare.
Così, mentre le immagini delle vie di Milano allagate fanno il giro del mondo, ci si prepara a cementificare altri 12 mila metri quadrati di verde urbano, per offrire il taxi volante a 200 ricchi al giorno che non vogliono prendere il metrò linea blu da Linate o il Malpensa Express. Così si prepara altro contributo all’impermeabilizzazione del territorio che favorirà le prossime inondazioni.
È il Modello Milano, bellezza: soldi per costruire case popolari, o per ristrutturare quelle esistenti, non ci sono; né per salvare la Scuola Vivaio, eccellenza educativa di Milano; e neppure per ristrutturare le piscine comunali, che vengono via via privatizzate. Ci sono invece milioni (quei 30, per iniziare) per costruire i quattro “vertiporti” per i taxi volanti.
Denunciarlo è demagogia? Sappiamo che i soldi li metterà una società privata, la Sea che gestisce gli aeroporti milanesi. Ma la Sea è controllata dal Comune di Milano. È un servizio che si pagherà da sé, anzi diventerà remunerativo, spiegano i difensori del Modello Milano.
Può darsi. Ma resta il fatto che, quando si tratta di cementificare per “costruire il futuro”, i soldi si trovano. Quando si deve dare invece un servizio ai cittadini – dall’assistenza sanitaria alle piscine pubbliche, dalle abitazioni popolari alle scuole per i ragazzi fragili – non c’è alcun modello di business o finanza creativa o pienneerreerre che spuntino per dare quello per cui la politica e l’amministrazione esistono: offrire un servizio pubblico per tutti.
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