Il pasticciaccio brutto delle aree per lo stadio del Milan a San Donato
A San Donato, alle porte di Milano, ieri (23 ottobre 2023) è stato presentato ai consiglieri comunali il progetto del nuovo stadio del Milan. Presentazione segreta, con i presenti tenuti a non rivelarne i termini: con buona pace della trasparenza requisito indispensabile della democrazia.
La “questione stadio” è il vero puzzle di Milano. Ancora nessuno è riuscito a incastrare le tessere di una complicata partita urbanistico-immobiliare giocata tra San Siro (costruire lì uno stadio nuovo? abbattendo o riqualificando il Meazza?), San Donato (sorgerà davvero qui il nuovo impianto del Milan?), Rozzano (fa sul serio l’Inter quando dice di volervi la sua arena?).
Nessuno conosce le risposte vere a queste domande, perché è in corso (ormai da anni) una interminabile partita a poker in cui il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha fatto da sponda a Paolo Scaroni, presidente del Milan, che chiedeva l’abbattimento del Meazza per ottenere a San Siro le volumetrie necessarie a finanziare il nuovo impianto. E al poker, si sa, il bluff fa parte del gioco. Intanto però, per cercare di capire quali carte hanno in mano i giocatori, conviene verificare quanto sia realistico il progetto del Milan a San Donato e rivelare la arzigogolata e bizantina storia dell’area San Francesco su cui potrebbe sorgere.
All’inizio c’è l’Eni. Era della compagnia petrolifera (attraverso la allora controllata Snam) la proprietà dell’area ai confini di Milano stretta tra l’autostrada del Sole e la ferrovia ad Alta velocità per Bologna. Già nel 1993 il Piano regolatore del Comune di San Donato la trasforma da terreno agricolo in zona a destinazione terziaria-direzionale: Eni aveva intenzione di allargare qui il suo “Quartiere degli Affari”.
Il 4 novembre 1993 viene sottoscritta una convenzione urbanistica: prevede la cessione gratuita al Comune dei terreni per realizzare le opere d’urbanizzazione (strade, giardini, parcheggi…); la realizzazione di quelle opere (almeno l’interramento di un elettrodotto); e il versamento anticipato al Comune di una cifra pari a 6,4 milioni di euro (quest’ultima condizione è davvero inconsueta).
Intanto però nel 2001 la Snam vende il terreno: ad Asio srl, una strana società posseduta da una società olandese, la WH13/Twenty-Nine, controllata da un fondo costituito in Delaware (paradiso fiscale Usa): il Whitehall Street Real Estate Limited Partnership XIII. È Asio dunque a realizzare le opere richieste (per un valore pari a 7,4 milioni di euro) e a fare il versamento di 6,4 milioni al Comune. In totale, Asio spende dunque 13,8 milioni di euro.
Ma poi non succede niente, il piano di lottizzazione non viene realizzato e dopo dieci anni, nel novembre 2003, decade. Asio chiede allora al Comune la restituzione dei 13,8 milioni sborsati e minaccia azioni legali. Nel 2011, il nuovo Piano comunale di governo del territorio conferma la destinazione direzionale, commerciale, residenziale e di servizio. Viene poi ipotizzata la destinazione sportiva, con la possibilità di costruire un palazzetto dello sport e un liceo sportivo. Ma non si muove un mattone.
Asio cerca allora di liberarsi della patata bollente e la passa alla Cassinari & Partners, una piccola società di Melegnano con un minuscolo capitale sociale e un modesto fatturato. Il preliminare di compravendita firmato nel 2017 prevede il pagamento ad Asio di 3,8 milioni più 600 mila euro in caso di futura rivendita ad altri a condizioni più vantaggiose. È quello che si è realizzato solo ora, nel 2023, quando la Cassinari – che non è niente di più di un intermediario – ha venduto al Milan (a una cifra che non è stata comunicata) il 90% della Sportlifecity, la società creata appositamente per realizzare lo sviluppo urbanistico dell’area San Francesco.
Per ora non sembra che sia stato spostato neppure un euro, ma nel caso l’affare stadio si sblocchi, il Milan pagherà a Cassinari la (misteriosa) cifra pattuita e Cassinari dovrebbe pagare ad Asio i promessi 3,8 milioni più 600 mila euro.
Attenzione: restava aperto il contenzioso sui 13,8 milioni che Asio vuole dal Comune di San Donato. La società, quando ha sottoscritto il preliminare di compravendita, ha indicato come “presupposto” dell’operazione la restituzione da parte del Comune dei 13,8 milioni; oppure la compensazione di quella cifra da parte della Cassinari. Asio, insomma, quei soldi li vuole comunque: dal Comune, o dalla Cassinari a cui ha promesso la vendita, o dal Milan che dovrebbe essere l’ultimo compratore.
Come uscire da questa impasse? Con un gioco di prestigio scritto nella convenzione di lottizzazione del 2018: il Comune non restituisce i 13,8 milioni, ma li compensa non pretendendo dal compratore (ora il Milan) 10 milioni di oneri. Pari e patta. Il compratore è però comunque impegnato a fare opere di urbanizzazione per 23 milioni di euro: un rebus finanziario.
E non è l’unica stranezza di questa operazione. La più macroscopica riguarda il prezzo dei terreni (248 mila metri quadrati). Asio li paga a Snam 15,3 euro al metro quadro: più del prezzo nel 2017 dei terreni agricoli (3,2 euro), ma molto meno dei terreni edificabili (133,6 euro, secondo quanto allora stabilito dall’amministrazione di San Donato per la determinazione dell’Imu comunale).
Come mai un prezzo così irrisorio? Ci rifiutiamo di credere che sia stato frutto di un accordo sotterraneo, con parte di pagamento in nero per motivi fiscali, come fanno gli evasori quando comprano un appartamento. Certo è che il prezzo dichiarato (3,8 milioni) è di molto inferiore a quello che risulterebbe dai valori dei terreni edificabili di San Donato (33,1 milioni), con una differenza di ben 29,3 milioni che potrebbe essere sfuggita all’imposizione comunale.
Altro problema irrisolto di questo rebus è quello delle bonifiche dei terreni, di cui nulla si sa. Ma questa storia piena di stranezze è arrivata ora a una sua prima conclusione provvisoria: il Milan dichiara di voler completare l’acquisto e chiudere la catena Snam-Asio-Cassinari-Sportlifecity-Milan aperta dal 2001.
Insorge Maria Angela Danzì, europarlamentare M5s: “I comitati di cittadini sono contrari a ulteriore consumo di suolo in un’area contigua al Parco Agricolo Sud Milano, ente che ha già votato all’unanimità il no a qualunque progetto di consumo di suolo ammantato di modernità e progresso. Presenterò un’interrogazione urgente alla Commissione europea. E stiamo valutando se promuovere un referendum cittadino a San Donato. Riguardo al Comune di Milano, visto che lo stadio è opera pubblica, che lo sport è di tutti e che esiste un’altra squadra (l’Inter), chiediamo una volta per tutte che Palazzo Marino si assuma la regia, facendo fare uno studio di fattibilità della ristrutturazione del Meazza, senza rimanere in balìa delle squadre”.