È successo: è avvenuta la rottura sentimentale tra Sala e la città
Quando è successo? In che momento si è rotto il nostro amore? Una coppia se lo chiede con angoscia e stupore quando constata la fine, quando finalmente vede la rottura, senza però riuscire a comprendere quando è accaduta: non trova il gesto, la parola, la scelta che l’ha provocata.
Così è successo a Giuseppe Sala. Quando si è spezzato il suo rapporto sentimentale con la città? In che occasione è accaduto? Che cosa ha fatto precipitare gli eventi? Perché la narrazione gloriosa di Milano si è rotta? Che cosa è entrato in crisi del “Modello Milano”? Sala sembra chiederselo con sorpresa e sgomento.
C’è un momento preciso in cui si è visto, come mai prima, un Sala in grande difficoltà, psicologica prima ancora che politica. È l’incontro pubblico alla Camera del lavoro del 22 settembre 2023. Un’occasione in cui il sindaco “giocava in casa”, davanti a un pubblico di centrosinistra. Ma che si è trasformato in un disastro. Dalla platea, gli facevano notare che il “Modello Milano” è una macchina che lascia indietro molti cittadini e dunque non è un buon modello. “Non è un buon modello neppure quello che lascia indietro anche solo una persona”, gli dicevano dal pubblico.
La risposta di Sala: “Ma allora vi devo dire: io non sono capace, non sono capace, guardate, ve lo dico con chiarezza. Provate con qualcun altro”. “Allora vattene”, gli urla una signora. “Va bene, è quello che farò, e poi vedremo”. Così finisce il dibattito, con un sindaco arrabbiato come un bambino tentato di portar via il pallone dopo una partita sfortunata, o forse depresso come una rockstar fischiata al concerto dai suoi stessi fan.
Si sente assediato. Fino a un anno fa sentiva attorno a sé il calore di un consenso bulgaro – se misurato con i media, con gli articoli dei giornali plaudenti e osannanti. Oggi tutto sembra complottare contro di lui. Il “Modello Milano” è stato fatto a pezzi, dal punto di vista urbanistico e culturale, dal libro di Lucia Tozzi L’invenzione di Milano. L’operazione stadio di San Siro è fallita e Milan e Inter minacciano di andarsene fuori città. Le tende piantate davanti alle università come forma di protesta degli studenti fuorisede hanno riproposto il tema degli affitti carissimi. In tutta la città sta crescendo la protesta contro la movida selvaggia della foodification. Alcuni episodi di violenza hanno aperto un dibattito sulla sicurezza (di cui il sindaco non è il primo responsabile). Alcune morti sulle strade cittadine hanno fatto crescere la paura di ciclisti e pedoni.
Luigi Corbani, ex vicesindaco del Pci “migliorista”, dopo aver condotto la battaglia (vincente) contro l’abbattimento del Meazza, ha fondato un gruppo, “Sveglia Milano” – eterogeneo certo, ma pieno di personaggi autorevoli e competenti – che ha lanciato una sfida durissima all’amministrazione Sala. Anche i giornali – Corriere della sera e perfino Repubblica – hanno smesso di pubblicare solo articoli elogiativi sulle “magnifiche sorti e progressive” della Milano di Sala.
Il giocattolo perfetto di una narrazione positiva e stucchevole si è rotto. Sotto la facciata luminosa della città della moda, del design, della finanza, dei grattacieli, del food, del glam, sono emerse le rughe di una metropoli crudele, in cui i valori immobiliari crescono, ma anche le disuguaglianze aumentano, le file alle mense dei poveri si allungano, il ceto medio s’impoverisce, molti milanesi sono espulsi.
La città è amministrata per attirare capitali immobiliari e accontentare i city users, non per far vivere bene i suoi cittadini. Tutto viene privatizzato, dai marciapiedi (usati per i dehors dei locali della movida) alle piscine comunali. Privatizzata perfino l’amministrazione: i costruttori hanno annunciato di voler assumere, con soldi loro, venti impiegati per sbrigare le pratiche edilizie pubbliche. Che cosa farà ora, il sindaco solo, circondato da una giunta di ragazzini e di impiegati?