Strage di Brescia, il testimone chiama in causa Pino Rauti
“Io non ho niente da perdere. Non ho paura di morire e non ho bisogno di nascondermi. Mi raccomando, lo scriva”. Così parla Gianpaolo Stimamiglio, uno dei due testimoni che hanno raccontato agli investigatori quello che sanno della strage di Brescia del 1974 e che sono pronti a ripeterlo in aula, nei due nuovi processi che stanno iniziando a carico di Marco Toffaloni e Roberto Zorzi, militanti neonazisti di Verona.
A collaborare con gli inquirenti, Stimamiglio, ex ordinovista veneto, cominciò una dozzina d’anni fa. Nei giorni scorsi ha accettato di essere intervistato da Pierpaolo Prati del Giornale di Brescia e ha ripetuto ciò che ha saputo alla fine degli anni Ottanta, quando ha incontrato Toffaloni nella taverna di un motel di Verona. Cena, chiacchiere, vino. E racconti della strage: “Mi disse ‘ghero anca mi’. Mi disse che quella mattina era a Brescia”. E “non era in piazza Loggia per vedere l’effetto che avrebbe fatto lo scoppio. Se c’era era perché, in quello scoppio, aveva avuto un ruolo”.
Mandato da chi? “Gli chiesi se era stato Besutti”, racconta Stimamiglio. Roberto Besutti era il capo di Ordine nuovo in Lombardia. “Toffaloni non mi rispose, ma sorrise lasciandomi capire che ci avevo preso”. Toffaloni, che all’epoca della strage aveva 17 anni, “era uno dei giovani discepoli di Besutti”, che invece era uno dei più alti in grado dentro Ordine nuovo: “Sopra di lui c’era solo Pino Rauti. E sopra Pino Rauti il gran burattiniere della destra eversiva europea, il referente nel Vecchio Continente dei servizi segreti americani: Guérin-Sérac”.
Così Stimamiglio ricostruisce anche la catena di comando della strage, tirando in ballo direttamente Rauti, il fondatore di Ordine nuovo, da cui però era uscito nel 1969, poco prima della strage di piazza Fontana, per rientrare nel Movimento sociale italiano: per “inserirsi dalla finestra nel sistema dal quale eravamo usciti dalla porta, per poter usufruire delle difese che il sistema offre attraverso il Parlamento… Necessità contingente dunque, assoluta e drammatica”.
Yves Guérin-Sérac, ex militare francese, era il capo della Aginter Presse, una agenzia giornalistica con sede a Lisbona utilizzata dalla Cia per le azioni coperte in Europa e considerata la centrale della “guerra non ortodossa” combattuta negli anni Sessanta e Settanta contro il comunismo. Stimamiglio oggi ha superato i 70 anni e ripete: “Non ho niente da perdere. Non ho paura di morire”.
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