Si riapre in Cassazione il processo Eni-Nigeria. Per il risarcimento miliardario
Si riapre, a sorpresa, la vicenda giudiziaria Eni-Nigeria, quella in cui la compagnia italiana era accusata dalla Procura di Milano di aver pagato, insieme a Shell, 1,3 miliardi di dollari per l’immenso campo d’esplorazione petrolifero Opl 245, in Nigeria: ma i soldi erano poi finiti a pubblici ufficiali e politici nigeriani e a mediatori internazionali. L’imputazione di corruzione internazionale era stata respinta nel 2021 con l’assoluzione per tutti in primo grado.
Poi la Procura generale di Milano aveva deciso – fatto più unico che raro – di non ricorrere in appello. Così l’assoluzione è diventata definitiva. Ma ora la Repubblica federale della Nigeria riapre la partita. Ha dato mandato all’avvocato Lucio Lucia di ricorrere in Cassazione, almeno per quanto riguarda gli effetti civili della sentenza penale: non si potranno rimettere in discussione le assoluzioni per il reato di corruzione internazionale, ma il rifiuto al risarcimento chiesto dalla Nigeria a Eni e Shell, pari a 1 miliardo e 92 milioni di dollari che lo Stato africano aveva chiesto per Opl 245.
Il giudice d’appello, che per decisione della Procura generale non ha potuto pronunciarsi sulle accuse penali, ha però dovuto proseguire il giudizio sulle richieste civili di risarcimento: e le ha negate. Ora però il ricorso chiede alla Suprema corte di cancellare quella sentenza, per due motivi.
Il primo è che il giudice penale della Corte d’appello ha pronunciato la sua sentenza valutando le prove con il criterio (penale) che condanna soltanto quando ritiene la colpevolezza provata “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Ma il risarcimento alla Repubblica della Nigeria doveva essere invece valutato con il criterio (civile) della “probabilità prevalente”, come stabilito dalla Corte costituzionale e dalla Cassazione.
Il secondo motivo del ricorso è che la sentenza d’appello ha ripreso in 35 paginette solo le argomentazioni della sentenza di primo grado, senza neppure affrontare i motivi presentati nel ricorso d’appello della parte civile, che in 150 pagine aveva esposto tutti gli elementi di prova che, secondo il legale che rappresenta la Nigeria, erano stati sottovalutati o ignorati nella sentenza di primo grado. Ora sarà la Cassazione a decidere se riaprire il processo, rimandandolo a un giudice d’appello civile, come prevede la riforma Cartabia.