La ricetta di Maran, eterno assessore di Milano, città-lunapark dell’abitare
Che bello. Si sono accorti tutti (finalmente) che “abbiamo un problema”. Non Huston, ma Milano: che non è una margherita da sfogliare (l’amo, non l’amo…), ma una città bellissima che però è diventata cinica, diseguale, ingiusta, crudele. Paradiso dell’immobiliare, inferno dell’inquilino. Dominio del cemento, disperazione dei polmoni.
Anche i giornaloni adesso non possono più fare a meno di pubblicare (finalmente) notizie e inchieste sull’aria inquinatissima e sui prezzi delle case che buttano fuori dalla città non soltanto i poveri, ma anche una fetta crescente di ceto medio, quella che non è riuscita a entrare in tempo nella categoria del rentier-massa. Il dibattito si è aperto (finalmente).
Perfino l’assessore alla Casa Pierfrancesco Maran ha mostrato di rendersi conto che “abbiamo un problema” e ha aperto bocca per chiedere (per favore) ai padroni dei fondi immobiliari di abbassare (un po’) le pretese e di aumentare (un po’) l’housing sociale. Meraviglioso. A Maran si dovrà spiegare che Milano non è conciata così per colpa del destino cinico e baro, ma per le scelte dei suoi sindaci, da Gabriele Albertini a Letizia Moratti, da Giuliano Pisapia a Giuseppe Sala, che l’hanno trasformata in lunapark delle immobiliari.
Maran era già assessore quando la giunta Pisapia approvò il Pgt (Piano di governo del territorio) della giunta Moratti. Maran era ancora assessore quando, dopo una prima bocciatura, fu imposto l’“accordo di programma” che ha sancito la privatizzazione (e cementificazione) delle aree degli scali ferroviari Fs, la più grande operazione di speculazione… pardon, di “rigenerazione urbana” d’Europa. Erano aree pubbliche dedicate ai trasporti e ai servizi ai cittadini, potevano far diventare Milano la città più verde d’Europa, sono diventate il più grande laboratorio europeo della rendita urbana.
Maran era sempre assessore quando in nome della “attrattività” è stato dato il via libera a decine di operazioni immobiliari, grandi e piccole, che hanno premiato i fondi immobiliari e punito i cittadini, regalando ai primi la possibilità di costruire troppo e con gli oneri d’urbanizzazione più bassi d’Europa. “Attrattiva”, Milano: sono corsi qui tutti, infatti, da Hines a Coima, da Lendlease a Redo, dalle banche italiane ai fondi sovrani degli sceicchi. Sono i milanesi che ora devono andarsene.
E adesso? Maran si sveglia dal suo lungo sonno (è in consiglio comunale o in giunta ininterrottamente dal 2006) e ora – meno cinico di Sala, che non lo ama (ricambiato) – si accorge che a Milano “c’è un problema”, che la classe media non ce la fa più a vivere in città, che c’è un “pezzo di società che guadagna tra 1.500 e 2.500 euro al mese”: “la maggior parte dei milanesi che oggi fa fatica nel libero mercato, dove si è cancellata l’idea che l’affitto di un bilocale possa costare 500 euro al mese”.
E allora, che fare? Ecco l’ideona dell’eterno assessore: dopo aver regalato ai privati, senza regolazione, il mercato privato dell’abitazione, cedere ora ai privati anche il mercato pubblico o semipubblico della casa. Poiché nel primo mercato c’era del veleno, invece di toglierlo, lo aggiungiamo anche nel secondo: la cura assassina.
Sta scritta alla pagina 57 del documento del suo recente “Forum dell’abitare”: creare un nuovo ente a cui assegnare la proprietà delle case pubbliche e le aree comunali “trasformabili”. Per passare così – testuale – “dalla casa popolare alla casa pubblica”. Coinvolgendo i privati, naturalmente, che (giustamente) non useranno i loro soldi per beneficenza.
Case popolari, addio: quelle comunali a Milano sono 27 mila, di cui 6 mila inutilizzate, sfitte o da ristrutturare. “Per rimettere sul mercato quelle 6 mila case nei prossimi cinque anni, ci vogliono 200 milioni, che oggi Palazzo Marino non ha”, dice Maran. Certo: sono i 200 milioni di oneri d’urbanizzazione persi dal Comune negli ultimi 16 anni.
“Attrattiva”, Milano: sono corsi qui tutti, infatti, da Hines a Coima, da Lendlease a Redo, dalle banche italiane ai fondi sovrani degli sceicchi. Sono i milanesi che ora devono andarsene
Nella foto: Manfredi Catella con famiglia e Giuseppe Sala. A destra, Pierfrancesco Maran
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