Le maschere sbagliate del mesto carnevale della giustizia
Assolto. “Perché il fatto non sussiste”. E subito si scatena la gazzarra. La pattuglia berlusconiana dentro la politica e quella parallela dentro l’informazione straparlano di “calvario” inflitto a Silvio Berlusconi, evocano undici anni di “sofferenze”, condannano il “fango” che gli è stato gettato addosso. Mattia Feltri sulla Stampa straparla ancora di “Stato etico”, come se fossero mai stati giudicati i comportamenti sessuali di Berlusconi, e non invece la concussione sui funzionari della Questura di Milano, pressati per far liberare la “nipote di Mubarak”, e la corruzione in atti giudiziari, per aver pagato almeno 10 milioni di euro per far mentire i testimoni davanti ai giudici.
Quei politici e quei presunti giornalisti fanno finta di non capire come e perché quel collegio di giudici abbia assolto. Eppure, questa volta, capirlo era facile poiché, per la prima volta, il presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia, ha stilato una nota che spiega il dispositivo e svela il cavillo. L’assoluzione è arrivata per “ragioni di carattere esclusivamente giuridico”, spiega Roia. I fatti restano accertati: Berlusconi ha pagato profumatamente i testimoni, tra cui una ventina di ragazze, assidue frequentatrici delle feste di Arcore, per farli mentire ai giudici. E i testimoni hanno incassato (spesso premendo per alzare il prezzo) e poi mentito sotto giuramento. Ma i reati (falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari) non scattano – almeno secondo il collegio presieduto da Marco Tremolada – perché chi ha preso i soldi e mentito non poteva essere considerato testimone, ma doveva essere ritenuto imputato di reato connesso. Se era imputato aveva diritto di mentire (e così sparisce il reato di falsa testimonianza). Se non era testimone non era neppure pubblico ufficiale (dunque evapora anche il reato di corruzione in atti giudiziari).
I fatti sono accertati, i soldi sono stati pagati, i generosi versamenti sono addirittura ammessi, le menzogne certificate da due sentenze definitive. Ma attenzione: erano sbagliate le maschere indossate dagli imputati in questo mesto carnevale della giustizia.
L’ideona del cavillo è venuta a un legale di Berlusconi, Federico Cecconi, che l’ha presentata in un’istanza al Tribunale già nel gennaio 2019. Tre anni dopo, nel novembre 2021, a sorpresa, il giudice Tremolada se n’è ricordato e ha partorito un’ordinanza che ha accolto il ragionamento giuridico dell’avvocato Cecconi. La pubblica accusa (e anche la parte civile presidenza del Consiglio, poi zittita dal governo Meloni alla vigilia della sentenza) ha tentato di spiegare che i testimoni sono diventati imputati soltanto quando i dubbi sui pagamenti si sono trasformati in certezze.
Pensate: davanti a un qualunque imputato “normale” accusato di aver pagato testimoni per farli mentire ai giudici, quale tribunale cercherebbe mai il cavillo per salvarlo? Ora comunque la strada è aperta per tutti: ogni testimone potrà chiedere soldi all’imputato su cui deve testimoniare, magari avendo l’accortezza di confessarlo, il giorno prima di andare nell’aula di giustizia; così perderà la qualifica di testimone e di pubblico ufficiale, i reati svaniranno come per incanto e potrà anche tenersi i soldi della corruzione.
Ora il fronte dei politici impuniti e dei presunti giornalisti loro servi chiedono la commissione d’inchiesta sui giudici politicizzati, così gli imputati potranno finalmente fare il processo ai magistrati. Chiedono anche la “riforma della giustizia” e la separazione delle carriere tra pm e giudici. Ebbene, questa sentenza carnevalesca dimostra, tra l’altro, che la separazione delle carriere è proprio del tutto inutile.