Eni-Congo. Montecarlo non risponde, la Procura di Milano getta la spugna
Una rogatoria a Montecarlo senza risposta e la prescrizione che arriva il mese prossimo: così sfuma l’ultima indagine ancora aperta della Procura di Milano sui manager Eni e sulla famiglia dell’amministratore delegato, Claudio Descalzi. I pm milanesi ora chiedono l’archiviazione dell’inchiesta che riguardava la riconferma delle licenze petrolifere in Congo, ottenute – secondo l’ipotesi d’accusa – con una tangente milionaria (sotto forma di cessione di partecipazioni a società controllate da pubblici ufficiali congolesi, che poi in parte le retrocedevano a manager e personaggi della galassia Eni).
Su questa vicenda, la compagnia petrolifera aveva già raggiunto un accordo con la Procura, pagando oltre 11 milioni di euro e ottenendo la riqualificazione del reato (da corruzione internazionale a induzione indebita). Ora, se il gip accetterà la richiesta d’archiviazione, usciranno di scena anche i manager Eni. La prescrizione scatterà comunque il 18 marzo 2023 e non sono mai arrivati i conti esteri (chiesti invano al Principato di Monaco già nel febbraio 2018) che avrebbero potuto fare chiarezza anche sul conflitto d’interessi della famiglia Descalzi (una società detenuta dalla moglie ufficialmente fino all’aprile 2014 aveva ottenuto da Eni lavori per circa 300 milioni di dollari). Ecco il comunicato della Procura di Milano che ricapitola la vicenda.
1.
Si comunica di avere presentato al GIP in data 2.2.2023 richiesta di archiviazione del procedimento n. 28545/17 a carico di CASULA Roberto, PADUANO Maria, HALY Alexander Anthony, PULCINI Andrea, INGOBA Marie Madeleine, COHEN Gad, DESCALZI Claudio e OLUFEMI Ernest Akinmade sottoposti a indagine
- per il reato di cui agli artt. 110, 319, 319 bis, 322 bis co. 2 n. 2, 321 c.p., art. 3,4 L. n. 146/2006 commessi in Milano e Pointe Noire (Congo Brazzaville) fino al 14 luglio 2015 e
- art. 2629 bis c.c. commesso in Milano in epoca anteriore e prossima al 19.9.2019.
Il procedimento riguarda l’ipotesi che Eni abbia ottenuto il rinnovo di alcuni permessi di sfruttamento petrolifero nella Repubblica del Congo a fronte di vantaggi di natura economica veicolati a favore di pubblici ufficiali congolesi mediante la cessione di quote minoritarie di partecipazione nei medesimi permessi di estrazione a società locali riconducibili a persone vicine ai pubblici ufficiali stessi.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, dalle risultanze investigative sono emersi elementi indicativi del fatto che Roberto Casula, Alexander Haly e Maria Paduano abbiano garantito a Denis Gokana – pubblico ufficiale della Repubblica del Congo in quanto Presidente di Société Nationale des Petroles du Congo (SNPC) e successivamente Special advisor per gli affari del petrolio del Presidente del Congo Denis Sassou Nguesso – utilità economiche consistenti nella cessione da parte di Eni s.p.a. a società private congolesi, riconducibili a Denis Gokana, di quote di permessi di sfruttamento petrolifero relative ad alcuni giacimenti, quale corrispettivo per la concessione ad Eni s.p.a. da parte del governo della Repubblica del Congo del rinnovo dei permessi medesimi e per l’attribuzione del 23% della licenza Marine XI a favore di World Natural Resources Limited (WNR) da parte di Africa Oil & Gas Corporation (AOGC), società anch’essa riconducibile a Denis Gokana.
Casula era dal 2007 Senior Vice President di Eni s.p.a. per la Regione Subsahariana nonché Presidente delle tre consociate nigeriane di Eni in Nigeria (Naoc Ltd, Nae Ltd. e Aenr Ltd.), dal 2011 Executive Vice President di Eni s.p.a. relativamente ai territori di Africa e Medio Oriente e dal 2014 Chief Development, Operations & Tecnology Officer di Eni s.p.a..
Maria Paduano era Amministratore di World Natural Resources Ltd. e della società Sceplum Ltd., nonché dipendente di Eni s.p.a., mentre Alexander Haly era Amministratore di World Natural Resources Ltd.
2.
Più in dettaglio, Eni Congo SA ha ottenuto da pubblici ufficiali congolesi, tra cui Denis Gokana e sotto la direzione del Presidente della Repubblica, il rinnovo dei seguenti permessi di sfruttamento di campi petroliferi nella Repubblica del Congo:
- permessi di esplorazione Marine VI e Marine VII, assegnati il 30/01/2014, relativi ai campi denominati Djambala II, Foukanda II, Mwafi II, Kitina II, Marine VI Bis;
- permessi di esplorazione Southern Sector, assegnato il 14/07/2015, relativi ai campi denominati Tchiboula, Tchendo e Tchibeli-Litanzi;
- permesso di esplorazione Madingo, assegnato il 30/04/2014, comprendente i campi Loango e Zatchi.
Quale corrispettivo per i rinnovi dei permessi di sfruttamento a condizioni più vantaggiose rispetto alle condizioni contrattuali e tributarie originarie, Eni s.p.a. ha riconosciuto a favore di Denis Gokana utilità consistite nella cessione di quote di sfruttamento dei predetti permessi, stimate complessivamente da Eni s.p.a. in circa 77 milioni di dollari e così distribuite:
- quote di partecipazione (7-10%) nei permessi Marine VI e Marine VII assegnate ad AOGC;
- quote di partecipazione nei permessi Southern Sector assegnate a AOGC (10,5%) Petro Congo (5,25%) — a sua volta posseduta al 36,5% da AOGC e Kontinent Congo (10,5%), società riferibile a Josè Veiga e al cittadino camerunense Yaya Moussa, già rappresentante del Fondo Monetario Internazionale nella Repubblica del Congo, entrambi collegati a Gokana.
Gli accordi asseritamente illeciti contemplavano, contestualmente, l’attribuzione del 23% della licenza Marine XI – pari a circa 23 milioni di dollari – originariamente di proprietà di AOGC, a favore di World Natural Resources Limited (WNR), società inglese amministrata da Paduano e Haly, riconducibile a Roberto Casula.
3.
L’ipotesi di cui all’art. 2629 bis cod.civ, ipotizzata a carico di Claudio Descalzi, concerne gli affari intercorsi tra Alexander Haly e Marie Madeleine Ingoba, moglie dell’A.D. di ENI, Claudio Descalzi: in particolare, Haly e Ingoba sono stati soci della società lussemburghese Cardon Investment SA almeno fino all’8.4.2014, quando Haly acquistava da Ingoba la sua quota. Inoltre Ingoba è risultata beneficiaria di un conto corrente in Cipro intestato alla Cardon SA dal 6.11.2012 al 22.12.2015. Cardon possedeva tutte le azioni della società Petroserve Holding BV la quale, attraverso alcune controllate, ha fornito servizi logistici e di trasporto a varie società del gruppo EM operanti in diversi paesi africani fino quantomeno al 2018, secondo il seguente prospetto:
4.
Oltre all’omessa dichiarazione del conflitto d’interesse da parte di Descalzi, veniva altresì ipotizzato che l’acquisizione di quote del giacimento Marine XI in capo alla società amministrata da Haly, cioè WNR, fosse parte dello scambio di favori avvenuto tra ENI e Gokana, e vedesse il coinvolgimento anche degli interessi di Madeleine Ingoba.
Al fine di indagare tali ipotesi, si rendeva necessario, tra le altre attività, avanzare una rogatoria internazionale al Principato di Monaco, ove si trovava la base operativa di Haly (e la sede della Petro Service Ship Management) e giacevano conti correnti riconducibili rispettivamente ad Haly, WNR, Ingoba e Descalzi; rogatoria avente ad oggetto la perquisizione degli uffici di Haly e la trasmissione dei flussi bancari relativi ai conti correnti degli indagati.
Inviata al Principato di Monaco il 26.2.2018, nonostante numerosi solleciti anche da parte del Magistrato di Collegamento e del Ministero della Giustizia, ad oggi la documentazione richiesta all’A.G. di Montecarlo — anche a causa dell’opposizione interposta dai legali di Haly — non è pervenuta, neppure parzialmente, a questa Procura (evento con scarsissimi precedenti, quantomeno nell’esperienza dello scrivente Ufficio).
5.
Nel corso delle indagini veniva avanzata il 7.9.2020 istanza cautelare ai sensi del D.Lvo n. 231/01 nei confronti di ENI, volta ad ottenere l’interdizione dallo sfruttamento dei campi petroliferi oggetto dello scambio illecito.
In tale contesto, veniva raggiunto un accordo tra questa Procura ed Eni per l’applicazione della sanzione pecuniaria di euro 826.134,00 e della confisca di euro 11.000.000,00, previa riqualificazione dell’originaria ipotesi di reato transnazionale di corruzione (artt. 322 bis, 321, 319 c.p.) nella più tenue ipotesi di indebita induzione a dare/promettere utilità (arti. 322 bis. 319 quater co. 2 c.p.) con contestuale revoca della richiesta della misura interdittiva nei confronti Eni.
L’istanza congiunta veniva ratificata dal GIP di Milano che, ritenuta corretta la nuova qualificazione giuridica del fatto, emetteva in data 25.3.2021 la sentenza n. 1392/18, successivamente divenuta irrevocabile.
La suddetta riqualificazione del reato ha comportato la riduzione del termine di prescrizione nel limite massimo di sette anni e sei mesi (attesa l’interruzione del termine conseguente all’interrogatorio di uno degli indagati) che maturerà, essendo l’ultimo degli eventi delittuosi stato commesso il 14 luglio 2015 e tenuto conto della sospensione di cui al D.L. n. 18/20 in materia di misure connesse all’emergenza Covid-19, il 18 marzo 2023.
6.
Tenuto conto della predetta riqualificazione del reato di corruzione in indebita induzione, risulta evidente che, quand’anche i documenti richiesti nel febbraio 2018 al Principato di Monaco dovessero infine pervenire, ed eventualmente riscontrare le ipotesi investigative sopra illustrate, non vi sarebbe il tempo materiale per giungere ad una decisione giurisdizionale prima dell’estinzione del reato per prescrizione.
Quanto all’ipotesi dell’omessa dichiarazione del conflitto d’interessi in capo a Descalzi, occorre rilevare che il conflitto d’interessi rilevante ai fini della ricorrenza degli obblighi previsti dall’art. 2391 c.c., si debba manifestare “al momento dell’esercizio del potere deliberativo” del CdA.
Nel caso di specie, non appare agevole, e forse neppure possibile, individuare il momento di esercizio del potere deliberativo in capo a Descalzi quale A.D. di ENI s.p.a. — da cui discenderebbe anche il tempus et locus commissi delicti — con riferimento ai contratti ovvero ai pagamenti alle società controllate da Cardon SA, posto che tali rapporti commerciali risultano instaurati non con ENI s.p.a., bensì con Eni Congo ed altre società, controllate dal gruppo, correnti in Africa.
Rimane inoltre non dimostrabile, in assenza dei flussi finanziari delle società riconducibili ad Haly e agli altri indagati, richiesti al Principato di Monaco, la ricorrenza dell’evento di danno per la società o i terzi, richiesto dalla norma incriminatrice quale conseguenza dell’omessa comunicazione del conflitto d’interessi.
Infine, premesso che Descalzi acquisì la carica di consigliere di amministrazione di ENI s.p.a. in data 8.5.2014 e di A.D. il giorno successivo, si osserva che la riconducibilità della società Cardon SA alla Ingoba risulta provata, sulla base degli elementi in atti e non disponendo della più recente documentazione richiesta al Principato di Monaco, solo sino all’8.4.2014 — data di cessione delle quote ad Haly — ovvero, considerando il ruolo di beneficiaria del conto corrente cipriota di Cardon SA (risultato peraltro privo di movimentazioni successive all’aprile 2014), sino al 22.12.2015 sicché, ove pure si volesse collocare il momento di commissione del reato in tale data, esso risulterebbe già estinto per intervenuta prescrizione.
7.
Sussistono specifiche ragioni di interesse pubblico affinché sia fornita ampia informazione in ordine alla vicenda sopra riepilogata ed ai suoi esiti.
Si trasmetta copia del presente decreto al Sig. Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Milano.
Milano, 8 febbraio 2023
Il Procuratore della Repubblica
Marcello Viola
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