Gratteri: “Su Giorgia Meloni mi sono sbagliato: sta smontando la lotta ai criminali”
“Quando Giorgia Meloni si è insediata, ha indicato la lotta alla criminalità organizzata come una delle priorità del suo governo. Nonostante io non sia più un ‘giovane magistrato’, ci avevo creduto: ma evidentemente ho sbagliato”. Così reagisce Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro, alle scelte del governo sulla giustizia.
Procuratore, mentre in Italia stanno smontando gli strumenti di contrasto alla criminalità (le intercettazioni in primo luogo), i magistrati del Belgio (anche grazie alle intercettazioni) hanno scoperto l’incredibile sistema di tangenti e corruzione dentro il Parlamento europeo. Lei si è meravigliato del cosiddetto Qatargate?
Mi meraviglio che altri si meraviglino. Il decadimento etico e morale della società civile, soprattutto di quella del mondo occidentale, è palese e riguarda tutte le categorie. Ma che la politica si scandalizzi oggi è quasi fastidioso; quello di cui la collettività ha bisogno è un impegno serio per adottare, anche a livello europeo, leggi idonee a contrastare questi fenomeni.
Ma non le sembra che in Italia stiano facendo esattamente il contrario?
Le intercettazioni sono un fondamentale e insostituibile mezzo di ricerca della prova. E non solo per il contrasto alla criminalità organizzata, ma anche per il contrasto alla criminalità comune, soprattutto in materia di reati contro la pubblica amministrazione. Limitare l’uso delle intercettazioni ha un solo effetto: ostacolare la lotta alla criminalità, impedendo che sistemi, come quello del Qatargate (al di là delle singole responsabilità che dovranno essere vagliate), vengano scoperchiati; significa non volere stare dalla parte dei cittadini onesti.
Ritiene che gli strumenti investigativi italiani per il contrasto alla criminalità siano idonei, in materia di intercettazioni, anche in confronto a ciò che fanno gli altri Stati?
In Italia negli ultimi anni non si è investito adeguatamente per dotare le forze di polizia di personale preparato da un punto di vista tecnologico e di risorse strumentali. La criminalità è in continua evoluzione e ricorre a strumenti tecnologici sempre più avanzati, tipo i cosiddetti “criptofonini”. Recentemente, molti quotidiani hanno pubblicato gli esiti di indagini ove gli investigatori hanno “bucato” questi apparati, che i criminali ritenevano non intercettabili. Ebbene questo lavoro, di fondamentale rilevanza investigativa, lo hanno fatto la Francia, l’Olanda, il Belgio, ma non l’Italia. Mentre gli altri Paesi vanno avanti, noi decidiamo di fare passi indietro, addirittura limitando le intercettazioni. Ma come si pensa di contrastare la criminalità? Si dice tanto che si vuole tornare alle indagini tradizionali. Ma secondo voi, per esempio, la corruzione si prova con accertamenti bancari o documentali? Oggi, contratti di consulenza regolarmente fatturati possono mascherare fenomeni di corruzione. Senza intercettazioni come provo gli accordi tra le parti? Come pensate che abbiano operato i magistrati belgi? Con le indagini tradizionali?
Sulla pubblicazione delle intercettazioni invece che cosa pensa?
Sulla limitazione delle pubblicazioni sono d’accordo, ma lo dico da sempre. È giusto che le trascrizioni non rilevanti non siano pubblicate per ragioni di privacy. Ma c’è già una legge, in vigore dal 1° settembre 2020, che lo prevede ed è molto stringente. Se poi vengono pubblicate telefonate segrete, il danno viene fatto principalmente a chi indaga. Ma c’è una cosa che deve essere ben chiara.
Quale?
La continua colpevolizzazione e demonizzazione del pubblico ministero. Sono veramente stanco di sentire questi continui attacchi ai pm come se lo scopo delle Procure fosse quello di andare alla ricerca di gossip e raccogliere notizie da pubblicare sui giornali, dimenticando che i pm chiedono e i giudici decidono se intercettare, e quindi esiste un vaglio per il lavoro dei primi. In magistratura, come in tutte le categorie, c’è la mela marcia, ma questa è la patologia. Procure e Tribunali lavorano seriamente per contrastare la criminalità e per dare giustizia, senza guardare in faccia a nessuno.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha detto che le intercettazioni costano troppo, che bisogna limitarne l’uso anche a causa dei costi elevati.
Guardi, tra tutti i mezzi di ricerca della prova, al netto, è quello meno caro, oltre a essere quello che assicura la raccolta “del dato” nella forma più oggettiva. Qualche anno fa grazie a una commissione istituita proprio presso il ministero della Giustizia, della quale ho fatto parte, si è giunti ad accordi che hanno consentito di abbattere moltissimo i costi delle intercettazioni. Se si vuole risparmiare denaro, anzi se si vuole recuperare denaro, ci sono ben altri modi. Se il ministro vuole, potrà facilmente verificare che le spese maggiori non sono quelle per le intercettazioni, ma quelle per la custodia dei beni sequestrati, quelle per i risarcimenti dovuti a causa della irragionevole durata del processo, quelle per le amministrazioni giudiziarie e molte altre sulle quali non solo bisognerebbe intervenire, ma sarebbe doveroso intervenire. Ma di questo nessuno parla.
La lotta alle mafie è nell’agenda politica di questo governo?
Quando Giorgia Meloni si è insediata, l’aveva indicata come una priorità. Ci avevo creduto, ma evidentemente ho sbagliato. Allo stato non mi pare sia stato fatto nulla in positivo, ma soprattutto – se è vero quello che sento e che leggo sui giornali – si rischia di fare enormi passi indietro. Limitare la possibilità di applicare misure cautelari, limitare le intercettazioni, separare le carriere: sono tutte riforme in aperto contrasto con la lotta alla criminalità organizzata.
Che cosa si dovrebbe fare invece?
Prima cosa: riempire gli organici dei magistrati, dei cancellieri, delle forze di polizia. Oltre a questo, moltissime altre riforme si possono adottare, la maggior parte a costo zero. Ma sono anni che le enumero e sono anni che nessuno mi ascolta. Non credo, quindi, che sia utile ripeterle ancora.
Per lei che futuro vede? Hanno bocciato la sua candidatura a dirigere il Dap, ossia l’amministrazione penitenziaria.
Non so dove andrò in futuro e comunque non credo interessi a molti sapere quale sarà la mia sorte. Le posso dire che nei giorni scorsi sono stati pubblicati alcuni posti che si sono resi disponibili; credo che farò la domanda come procuratore generale di Roma. Comunque penso che per qualunque eventuale cambiamento ci vorrà ancora un po’ di tempo: il Consiglio superiore della magistratura deve decidere molti altri posti, quello di procuratore di Firenze, per esempio, è vacante da un anno e ci sono almeno altri 20-30 posti direttivi o semidirettivi che devono essere decisi con urgenza visto che il presidente Sergio Mattarella ha più volte chiesto di seguire l’ordine cronologico delle vacanze di organico. Vedremo, io non ho fretta: come ho detto tante volte, se potessi, non lascerei mai la Calabria.