di Piera Amendola /
Gli iscritti alla loggia massonica P2 gestita dal burattinaio Licio Gelli non erano, non sono, 962. L’elenco sequestrato dai giudici Colombo e Turone negli uffici della fabbrica Giovane Lebole di Castiglion Fibocchi era incompleto. E si sapeva da tempo. La vera novità consiste nel fatto che oggi, attraverso l’attenta rilettura di documenti e rapporti, è possibile stabilire che esiste un secondo elenco di iscritti alla P2, di 1599 nominativi, tutti piduisti che per un certo periodo sono stati, per così dire, in servizio attivo, e hanno continuato negli anni a essere a disposizione del maestro venerabile o di chi, nella scala gerarchica, ha avuto o ha, ancora, un ruolo di comando superiore a quello che ebbe, prima di morire, Gelli.
La storia di un secondo elenco di iscritti alla P2 rimasti segreti sembrava un chiacchiericcio tra addetti ai lavori. Ma l’esistenza di questo elenco è stata ampiamente provata nel corso di una delle ultime udienze della Corte di assise di Bologna, presieduta dal dottor Francesco Caruso, impegnata nel processo a mandanti ed esecutori dell’atroce strage compiuta il 2 agosto del 1980.
Stabilire se i cosiddetti piduisti siano stati 962 – secondo l’elenco sequestrato dai magistrati milanesi – o 2.500 non serve solo a soddisfare la curiosità di qualcuno: getta un fascio di luce nuova su tutta l’organizzazione. I motivi sono molti. Non si può certo escludere che un nucleo attivo possa tuttora agire con finalità sconosciute, ma illegali. Tra i membri della vera P2 può essere nata una fabbrica di ricatti e di veleni, in grado di intorbidire la Repubblica.
Il primo a parlare di un secondo elenco era stato, a sorpresa, il maestro venerabile in persona. Ne aveva parlato, con il suo tipico linguaggio ironico e allusivo. In effetti il primo numero di tessera attribuito ai piduisti conosciuti è il 1.600 e anni prima, in un’intervista rilasciata a L’Espresso il 10 luglio del 1976, Gelli aveva dichiarato che gli affiliati alla sua loggia erano 2.400, un numero che grosso modo corrisponde alla somma tra il primo e il secondo elenco, quello mai ritrovato (962 più 1.600).
Diversi anni dopo, nel corso della sua audizione alla Commissione P2, il generale Ennio Battelli, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, fa mettere a verbale di avere appreso dal Gran Segretario Spartaco Mennini che i nomi di 1.600 piduisti si trovano in cassette di sicurezza in Svizzera. Altra dichiarazione il generale Battelli rilascia in quello stesso anno ai magistrati milanesi, sostenendo di avere appreso direttamente da Gelli che gli affiliati alla P2 erano circa 2.600, saliti poi a circa 3.000.
Anche il professore Giuliano Di Bernardo, Gran Maestro dal 1990 al 1993, ha dichiarato al magistrato (e recentemente confermato nel suo libro La mia vita in massoneria) di questi 3.000 iscritti, che Gelli, attraverso l’amico fiorentino Marco Urbini, gli chiese di far rientrare nel Grande Oriente. Gelli offriva in cambio al Gran Maestro elenchi e fascicoli di tutti gli iscritti. Completi. Di Bernardo non accettò.
Si potrebbero citare ancora molti documenti, atti, testimonianze, semplicemente sfogliando la relazione Anselmi e i volumi di documenti pubblicati. Per esempio, i casi del criminologo Aldo Semerari o del comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Enrico Mino, sicuramente affiliati alla P2, i cui nomi non furono trovati a Castiglion Fibocchi. O le dichiarazioni del dignitario massonico Vincenzo Valenza, “assistente” di Gelli presso l’Hotel Excelsior, che con stupore non ha ritrovato negli elenchi i nomi di affiliati alla loggia da lui personalmente conosciuti; o la lettera che Gelli invia al Gran Maestro Battelli il 29 marzo del 1979, nella quale indica i nomi di otto componenti del Supremo Consiglio del Rito entrati nella sua loggia, i cui nominativi non devono però risultare in nessun elenco.
O le dichiarazioni rese ai giudici palermitani Gioacchino Natoli e Roberto Scarpinato da Lia Bronzi Donati, aderente alla Loggia di Montecarlo: “Ricordo che Giunchiglia, una sera, mi telefonò spaventato e mi disse che aveva letto i nomi degli iscritti negli elenchi della P2 non ritrovati dalla magistratura, e che era impressionato dal numero e dall’importanza degli iscritti, che neppure immaginava […] se avesse fatto i nomi di tutti gli iscritti alla P2, poteva venirsi a creare in Italia un grave vuoto di potere”.
E cosi ancora, attingendo alle dichiarazioni dello stesso maestro venerabile, che nel corso di una intervista rilasciata nel 2011 (andata parzialmente in onda su La7 nel dicembre del 2015) lascia intendere che anche l’ammiraglio Fulvio Martini, direttore del Sismi dal 1984 al 1991, a suo dire nominato ai vertici del Servizio dalla P2, ne faceva parte. La Commissione parlamentare di inchiesta ha esaminato a lungo tutto il materiale legato agli iscritti veri o presunti alla P2, concludendo che gli elenchi trovati sono al tempo stesso attendibili e incompleti.
La Commissione si è trovata di fronte a un gravissimo attentato alla sua attività, compiuto con il mancato arrivo in Italia dell’archivio che Licio Gelli custodiva in Uruguay, archivio del quale si impossessò la Cia. La presidente Anselmi, mi risulta personalmente, aveva ottenuto l’intervento del presidente della Repubblica Sandro Pertini, il quale, attraverso le vie diplomatiche, cercò di recuperare l’archivio. E curioso che la piccola parte di archivio che arrivò dall’Uruguay non contenesse elementi utili per chiarire definitivamente la natura della P2 e la sua consistenza numerica.
Negli ultimi tempi qualche spiraglio sembra essersi aperto negli Stati Uniti, dove il presidente Biden ha disposto di rendere pubblici tutti gli atti compiuti in Italia all’epoca della cosiddetta strategia della tensione. Potrebbe esserci qualche sorpresa.
In ogni caso, la lettura incrociata dei documenti in possesso della Commissione Anselmi e delle acquisizioni successive conferma la nostra affermazione iniziale: i cosiddetti piduisti erano molti di più di quelli scoperti da Colombo e Turone il 17 marzo del 1981. Alcuni, se vivi, sono persone ormai anziane, ma altri potrebbero essere nel pieno delle forze.
Molti indizi convergono sul ruolo del principe Alliata che appare un personaggio troppo “pesante” per essere ridotto alla funzione di “gentiluomo” di Gelli. Alliata è davvero un gentiluomo di casa reale, naturalmente dei Savoia. Soprattutto, dimostra un’astuzia non comune e una rete di relazioni personali di primissimo ordine. Ha ideato l’Accademia del Mediterraneo e ne ha nominato presidente Vittorio Emanuele Orlando, il leader liberale che ha guidato l’Italia nel corso della “grande guerra”.
Ma è soprattutto la capacità di essere informato che fa immaginare per Alliata un ruolo ben più importante di quello che gli americani hanno riservato a Gelli. Mi hanno colpito le parole pronunciate dal dottor Scarpinato, quando era procuratore generale di Palermo, davanti alla Commissione antimafia, l’8 marzo del 2017. La Commissione, presieduta da Rosy Bindi, stava indagando, come ho già ricordato, sui rapporti tra mafie e massonerie. “Credo che per capire quello che sta accadendo oggi, bisogna conoscere quello che è accaduto in passato, le chiavi di lettura stanno nel passato”.
Piera Amendola fu responsabile dell’Archivio della Commissione parlamentare sulla loggia P2 presieduta da Tina Anselmi. Nipote di Giovanni Amendola, illustre figura dell’Italia liberale prefascista, suo zio fu Giorgio Amendola, uno dei leader del Pci. Il brano qui presentato è tratto dal suo libro “Padri e padrini delle logge invisibili. Alliata, gran maestro di rispetto”, Castelvecchi 2022.