A Milano, cioè nel migliore dei mondi possibili, procede inesorabile la “londrizzazione”: aumento del cemento con grandi operazioni immobiliari e 150 progetti di “rigenerazione urbana” (così la chiamano, pudichi), aumento dei prezzi delle case in vendita e in affitto, anche per l’indiscriminata e non regolata diffusione degli airbnb, crescita delle diseguaglianze, aumento della povertà, espulsione dei milanesi dalla città, incattivimento sociale delle periferie.
Pochi segnalano queste tendenze, mentre la grande banda della propaganda continua a far squillare la tromba e rullare il tamburo sulle magnifiche sorti e progressive della città e del suo sindaco che ha ormai consegnato ai privati perfino i suoi spazi pubblici (come piazza Gae Aulenti, che in realtà non è una piazza, ma il giardino condominiale di Manfredi Catella). Quando qualche cittadino si ribella, provvedono a stroncarne le velleità.
È successo con lo scalo Farini, il più grande e prezioso dei sette scali ferroviari di Milano dismessi dalle Fs, 1 milione e 250 mila metri quadrati di superficie urbana semicentrale, che potevano far diventare Milano la città più verde d’Europa e con più case popolari. E invece sono diventati il più grande affare immobiliare del continente. Lo scalo Farini sarà cementificato da Ferrovie dello Stato e da Coima di Manfredi Catella, “il nuovo Ligresti di Milano”, con gli applausi di Comune di Milano e Regione Lombardia.
Catella potrà costruire con un indice d’edificazione 0,80 (ai comuni mortali l’indice imposto a Milano dal Piano di governo del territorio è 0,35, meno della metà) che permetterà di costruire edifici per 1 milione di metri cubi. Un regalo che rende gli scali ferroviari un affare da almeno 2,5 miliardi di euro, con circa 1 miliardo di utile lordo per Fs Sistemi urbani, ma che porterà soltanto 50 milioni nelle casse del Comune; che, per di più, ha rinunciato alla regia pubblica e lascia decidere a Fs e Coima che cosa fare di quelle aree che potrebbero cambiare la faccia di Milano.
In questa situazione, un gruppo di cittadini, assistiti da un avvocato e da un urbanista già professore del Politecnico di Milano, hanno cercato di opporsi. Hanno fatto e rifatto i calcoli e rilevato che nel progetto c’è troppo cemento, non sono stati rispettati gli standard urbanistici, con una diminuzione di spazi verdi pari a due campi da calcio. Hanno dunque presentato ricorso al Tar, poi al Consiglio di Stato, trovandosi contro gli avvocati del Comune, della Regione, delle Ferrovie dello Stato e di Coima.
Le questioni da giudicare si sono dimostrate così tecnicamente complesse che lo stesso Consiglio di Stato ha commissionato una consulenza a un esperto del Politecnico di Torino. Indovinate come è andata a finire: il ricorso dei cittadini è stato respinto, con una sentenza che compensa le spese legali fra le parti. Ma occhio: addossa ai cittadini ricorrenti l’intero costo della perizia del tecnico torinese, che ha chiesto 43 mila euro. “La sentenza, secondo i nostri esperti, è controversa e contraddittoria”, commenta Piero Oldani, uno dei firmatari del ricorso, “ma il messaggio è chiaro: cittadini state buoni, fate i sudditi ubbidienti di una città in piena trasformazione”. Non pretendete il diritto di controllare la correttezza delle scelte pubbliche, perché potrà costarvi caro.
I ribelli dello scalo Farini dovranno pagare la consulenza (costo ridotto a 19 mila euro più iva dopo le osservazioni dei ricorrenti). “Questa è l’eterna storia di Davide contro Golia”, conclude Oldani, “un pugno di cittadini questa volta però ha perso contro il gigante Golia, nel ricorso sulla riqualificazione del più grande, centrale e appetibile degli scali ferroviari milanesi”. Oldani si è così fatto carico di aprire una raccolta fondi per raccogliere 20 mila euro (a questo indirizzo: https://gofund.me/8c974840).