L’ipotesi Di Matteo: Davigo sapeva della loggia Ungheria già a febbraio 2020
di Gianni Barbacetto e Antonio Massari /
La versione di Piercamillo Davigo è sempre stata netta: il pm di Milano Paolo Storari gli consegnò copia dei verbali di Piero Amara agli inizi di aprile 2020. Non prima. Il motivo: denunciare l’inerzia nelle iscrizioni nel registro degli indagati (da questa accusa l’ex procuratore di Milano Francesco Greco è stato archiviato). Davigo ha ribadito alla Procura di Brescia, dove è indagato per rivelazione del segreto d’ufficio, di aver chiuso i rapporti con il collega del Csm Sebastiano Ardita perché si era rotto il rapporto di fiducia quando si decise di votare il futuro capo della Procura di Roma e “prima di conoscere di queste cose…”. Ovvero prima di sapere che Ardita era stato tirato in ballo da Amara nei verbali sulla loggia Ungheria.
C’è chi però nutre forti dubbi su questa ricostruzione: il pm antimafia e consigliere del Csm Nino Di Matteo. Il suo, in assenza di prove, resta ovviamente solo un dubbio, ma nei fatti – dinanzi al procuratore di Brescia, Francesco Prete, lo scorso maggio – mette sul tavolo l’ipotesi che i verbali di Amara già a febbraio 2020 possano avere condizionato la nomina del procuratore di Roma. Vediamo perché.
“Per quello che è emerso sulla stampa”, dichiara Di Matteo, “la presunta consegna al consigliere Davigo dei verbali risalirebbe al mese di aprile 2020, ma già un paio di mesi prima (…) si era verificato un episodio che turbò molto i rapporti all’interno del gruppo di Autonomia e indipendenza”. Il riferimento è all’incontro che si tiene nella stanza di Davigo al Csm per decidere chi sostenere come futuro procuratore di Roma dopo lo scandalo legato a Luca Palamara e alle intercettazioni dell’hotel Champagne in cui, alla presenza di Luca Lotti e Cosimo Ferri, si decide di puntare su Marcello Viola (a sua insaputa).
Dopo lo scandalo, entra in gioco Michele Prestipino, che sarà nominato e poi revocato dal Consiglio di Stato per carenza di titoli. Di Matteo ricostruisce la riunione di fine febbraio 2020, alla quale, oltre lui e Ardita, partecipano i consiglieri Ilaria Pepe e Alessandro Pepe. “Davigo iniziò chiedendoci che posizione intendevamo assumere in vista della votazione del 4 marzo e, quando sia io che Ardita (…) manifestammo un orientamento in favore di un candidato diverso da Prestipino, la riunione assunse toni particolarmente accesi”.
Di Matteo la definisce “una vera e propria aggressione verbale” nei confronti di Ardita. “Alzò la voce in maniera molto decisa contro Ardita, orientato semmai a votare Creazzo. Non criticò il mio orientamento, avendo io una posizione di indipendente all’interno del gruppo (…). Ebbe una reazione furibonda e con un tono di voce alterato disse chiaramente ad Ardita, ripetendolo più volte, che se avesse votato per Creazzo ‘sarebbe stato automaticamente fuori dal gruppo’ (…). Gli disse: ‘Se non voti per Prestipino vuol dire che stai con quelli dell’hotel Champagne’.
L’ipotesi di Di Matteo: Davigo conosceva i verbali segreti già nel febbraio 2020, dunque prima di qualsiasi inerzia investigativa della Procura di Milano
Ardita, incredulo, chiedeva che cosa c’entrassero quelli dell’hotel Champagne che tra l’altro si erano già dimessi e Davigo replicò gridando più volte: ‘Tu mi nascondi qualcosa’. Ardita (…) lo invitò a essere più esplicito e Davigo replicò che casomai gliel’avrebbe detto riservatamente. Ardita insistette ma Davigo non volle esplicitare a cosa faceva riferimento limitandosi a ricordare che nei giorni successivi allo scandalo dell’hotel Champagne il dottore Ardita aveva ricevuto nella sua stanza il consigliere Lepre (anch’egli intercettato nella hall dell’hotel, poi sospeso dal Csm ma non indagato, ndr)”.
Di Matteo nota che l’asse all’interno del gruppo si sposta radicalmente: “Intuii che la consigliera Ilaria Pepe si stava schierando con Davigo, pur essendo stata fino a qualche giorno prima contraria alla nomina di Prestipino”. E aggiunge: “Contestai a Davigo la sua pretesa di condizionare opinioni e voti degli altri appartenenti al gruppo”.
La rottura tra Davigo e Ardita diviene ufficiale. “I rapporti rimasero del tutto compromessi all’interno del gruppo” e “il giorno della votazione Pepe e Marra si schierarono con Davigo votando Prestipino. Io e Ardita facemmo una scelta diversa”. Per Di Matteo quel giorno inizia l’isolamento di Ardita nel gruppo. E aggiunge: “Avere Davigo alluso a situazioni opache di Ardita mi lascia tuttora molto perplesso, così come l’aver sottolineato che potesse essere condizionato dai suoi rapporti con ‘quelli dell’hotel Champagne’ mi sembra incredibile”.
E arriva al punto: “I ripetuti riferimenti che Davigo fece al fatto che Ardita ‘aveva qualcosa da nascondere’ e i toni rabbiosi del suo intervento, oggi, alla luce di tutto quanto è recentemente emerso, mi hanno suscitato il dubbio che già al tempo di quella riunione – fine febbraio 2020 – Davigo potesse essere stato messo a conoscenza di quanto dichiarato da Amara”. Ecco il motivo per cui Di Matteo ritiene importante questo episodio: pensa che forse Davigo conoscesse il contenuto dei verbali di Amara già a febbraio e quindi prima di qualsiasi inerzia nelle iscrizioni dei vertici della Procura. “La rottura dei rapporti tra Davigo e Ardita”, dice Di Matteo, “non si verifica ad aprile 2020, ma risale alla fine di febbraio di quell’anno e quindi ancor prima della nomina del procuratore di Roma”.
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