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Eni. La Procura di Brescia riapre le indagini sui pm di Milano

Eni. La Procura di Brescia riapre le indagini sui pm di Milano

di Gianni Barbacetto e Antonio Massari /

La Procura di Brescia ha deciso di riaprire le indagini sui magistrati milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro. Ha chiesto altri sei mesi per approfondire alcuni aspetti dell’inchiesta in cui il procuratore aggiunto e il sostituto sono accusati di rifiuto d’atti d’ufficio, nell’ipotesi che abbiano nascosto prove utili alla difesa nel procedimento per corruzione internazionale Eni-Nigeria (poi finito in primo grado con un’assoluzione).

La riapertura dell’inchiesta dopo che agli indagati è già stato notificato l’atto di chiusura delle indagini è un fatto raro e inusuale. Ma questa volta il procuratore di Brescia Francesco Prete e il suo sostituto Donato Greco hanno chiesto altro tempo dopo aver sentito i due pm milanesi che, ricevuto l’avviso di fine indagini il 9 ottobre, si erano fatti interrogare a inizio dicembre.

Ora i magistrati della Procura bresciana scrivono che “in sede di interrogatorio reso dagli indagati è emersa la necessità di compiere ulteriori indagini”. De Pasquale e Spadaro, assistiti dall’avvocato Caterina Malavenda, si erano difesi dall’accusa di non aver depositato “in favore delle difese” le chat rinvenute sul cellulare di Vincenzo Armanna (uno degli imputati del processo Eni-Nigeria), anche sostenendo “l’impossibilità tecnica di ‘frammentare’ la copia forense del telefono” e quindi di depositare “le sole predette conversazioni, senza dover necessariamente disvelare l’intero contenuto del dispositivo”. Ora “appare pertanto necessario effettuare una consulenza”, proseguono i pm di Brescia, “per verificare tale circostanza, ossia la possibilità tecnica di estrapolare dalla copia forense di un dispositivo solo alcuni dati di interesse”.

Nel loro interrogatorio del 1 dicembre, De Pasquale e Spadaro hanno anche sostenuto “una conduzione ‘singolare’ delle indagini” da parte di Paolo Storari, il pm milanese titolare insieme al procuratore aggiunto Laura Pedio dell’inchiesta sul cosiddetto complotto Eni (e anch’egli indagato a Brescia con l’accusa di rivelazione di segreto, per aver fatto uscire i verbali dell’avvocato esterno di Eni Piero Amara): una conduzione “non centrata sulle ipotesi di reato in contestazione” in quel fascicolo, “ma finalizzata a screditare l’attendibilità delle dichiarazioni rese da Armanna nell’ambito del processo Eni-Nigeria”.

Storari – secondo De Pasquale e Spadaro – invece di restare nel campo delle contestazioni di reato contenute nel fascicolo sul complotto, si è allargato a verificare l’attendibilità o meno delle accuse che Armanna, ex manager di Eni in Nigeria, rivolgeva alla compagnia petrolifera e ai suoi manager di vertice. “Appare pertanto necessario”, scrivono ora i pm bresciani, “acquisire ed analizzare gli atti” del procedimento sul cosiddetto complotto: “in modo da verificare la predetta circostanza, utile per un giudizio di attendibilità del dichiarante Storari”, che a Brescia ha accusato i colleghi De Pasquale e Spadaro di non aver depositato atti nel processo Eni-Nigeria che a suo dire provavano l’inattendibilità del teste Armanna ed erano dunque utili alla difesa di Eni e dei suoi manager.

Il fascicolo sul complotto sarà quindi ora acquisito dai magistrati bresciani che lo analizzeranno per verificare “l’attendibilità del dichiarante Storari”. Questa acquisizione non poteva essere fatta prima, spiegano i pm di Brescia, “nel rispetto del segreto investigativo”: ora caduto perché il 10 dicembre è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini. Legittima, anche se inusuale, la richiesta di proroga, spiegano Prete e Greco, “specie trattandosi di indagini ‘sollecitate’ dalle dichiarazioni rese dagli indagati proprio in sede di interrogatorio da loro richiesto a seguito dell’avviso di conclusione delle indagini”.

 

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Il Fatto quotidiano, 30 dicembre 2021
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