Il petrolio sporco dei Moratti (e il conflitto d’interessi di Letizia)
Chiusa l’inchiesta sulle transazioni petrolifere della Saras, la società della famiglia Moratti. La Procura di Cagliari ha inviato nei giorni scorsi l’avviso di conclusione indagini, atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Le accuse, per il reato di riciclaggio, riguardano la società e i manager della compagnia petrolifera, che secondo la Procura sarda (che ha proseguito un’inchiesta avviata dalla Procura di Brescia) ha comprato e venduto petrolio all’estero con modalità ritenute dagli investigatori illegali.
Nel settembre 2020 i pm cagliaritani Danilo Tronci e Guido Pani avevano mandato la Guardia di finanza a perquisire gli uffici della Saras a Sarroch, in Sardegna, e a Milano. Tra il 2015 e il 2016, la società della famiglia Moratti aveva realizzato operazioni di trading petrolifero ritenute anomale. Tra queste, anche le importazioni, attraverso la società estera Petraco, di greggio proveniente dal Kurdistan iracheno, allora controllato dall’Isis. Senza bolle regolari e a prezzi stracciati, con ribassi che avrebbero permesso alla Saras un risparmio di circa 130 milioni di euro. Questa parte dell’indagine resta ancora aperta, in attesa di rogatorie all’estero che finora non hanno avuto alcuna risposta.
La società Saras, in un comunicato, ribadisce la sua “piena estraneità a qualunque condotta illecita”. L’inchiesta non coinvolge Letizia Moratti (oggi vicepresidente della Regione Lombardia e tra gli ipotetici candidati al Quirinale) che non aveva alcuna carica ufficiale nella Saras guidata allora da suo marito Gian Marco Moratti, scomparso nel 2018. In quegli anni però, da presidente di Ubi Banca, era stata coinvolta in un’inchiesta della Procura di Brescia per finanziamenti milionari concessi da Ubi Factor a Saras Trading, società svizzera del gruppo Moratti. È stata prosciolta penalmente, ma quelle operazioni sono state sanzionate dalla Banca d’Italia con una multa a Ubi di 1,2 milioni di euro.
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