Il ricorso in Cassazione fa a pezzi l’assoluzione di Uggetti, ex sindaco di Lodi
In sei pagine di ricorso in Cassazione, la Procura generale di Milano fa a pezzi le motivazioni della sentenza con cui il sindaco di Lodi Simone Uggetti e i suoi tre coimputati sono stati assolti in appello (dopo la condanna in primo grado). E chiede che la sentenza sia annullata dalla Suprema corte. “Le condotte contestate agli imputati nel presente processo devono ritenersi pacificamente accertate”, scrive il sostituto procuratore generale Massimo Gaballo, “in quanto provate, oltre che da deposizioni testimoniali, anche da prove documentali costituite da atti pubblici, corrispondenza elettronica, registrazioni in presenza, intercettazioni telefoniche e informatiche. Gli stessi imputati”, fa notare il pg, “hanno ammesso o comunque non hanno contestato neppure negli atti d’appello di avere posto in essere le condotte ad essi ascritte, limitandosi a contestarne la rilevanza penale”.
È pacifico dunque che il sindaco Uggetti si sia accordato con l’avvocato Cristiano Marini (rappresentante della società Sporting Lodi) per fargli vincere la gara per la gestione delle piscine comunali della città: con un “bando cucito addosso”, ribadisce il ricorso. E con il sindaco ben conscio di ciò che stava facendo: tanto che, ad aggiudicazione avvenuta, Uggetti “dopo essersi confrontato con Marini su eventuali indagini in corso, ordinava la formattazione del suo computer e cercava di avvicinare il colonnello Benassi della Guardia di finanza per tentare di carpire notizie su eventuali indagini in corso sul bando”.
Infine, “la Corte d’appello, dopo avere ricostruito i fatti in modo assolutamente conforme alla sentenza di primo grado, ne ha ribaltato la decisione di condanna sulla scorta di un’interpretazione definita come ‘costituzionalmente orientata e conforme in particolare al principio di offensività’ dell’articolo 353 del codice penale”. Ma così ha contraddetto “clamorosamente l’orientamento totalitario della giurisprudenza di legittimità, senza essere in grado di menzionare neppure un precedente di merito a sostegno della sua decisione”.
Tutto sbagliato, spiega il pg: “Al contrario, la totalitaria giurisprudenza di legittimità interpreta la nozione di turbativa illecita in modo assolutamente estensivo dal momento che il bene giuridico tutelato dall’articolo 353 del codice penale va individuato in primo luogo nella salvaguardia della libertà di iniziativa economica, attraverso la quale si realizza poi anche l’interesse della Pubblica amministrazione”.
La turbativa d’asta è “un reato di pericolo dal momento che per la configurazione del reato non si richiede che alla lesione della libertà di iniziativa economica consegua necessariamente la lesione effettiva dell’interesse economico della Pubblica amministrazione. Ne consegue che il reato in esame si consuma anche con il solo ‘turbamento’ della gara a prescindere dall’effetto pregiudizievole o meno che ne sia conseguito per la Pubblica amministrazione”.
“Nel caso di specie, appare evidente l’idoneità a turbare la procedura di gara”: “infatti risulta provato che la distribuzione dei punteggi originariamente individuata” viene rivista insieme, dal sindaco e dal candidato che doveva vincere a ogni costo. Alla fine i punteggi sono cambiati, diventando quelli scritti da Marini negli “appunti annotati da quest’ultimo sulla copia del bando”. “L’invasiva interferenza del Marini” ha “compromesso la regolarità della procedura in modo sostanziale e non meramente formale come ritenuto dalla Corte d’appello”.
Il ricorso boccia la sentenza d’appello anche per mancanza di motivazione. “Neanche un rigo di motivazione sulla quantificazione dei punteggi”: i 15 punti per “il radicamento territoriale (ma Uggetti ne avrebbe voluti 20, addirittura limitati al solo comune di Lodi) e per il coinvolgimento di altre associazioni sportive dilettantistiche lodigiane (20 punti), avevano consentito di escludere” altri concorrenti (Sporting Management di Verona e Acquatica Sport di Castel Leone) e “a Sporting Lodi di prevalere sul secondo classificato che aveva presentato offerta economica più bassa (premiata con soli 10 punti contro i 20 originariamente previsti)”. Invece “venivano sminuiti i requisiti dell’offerta economica e degli investimenti per la riqualificazione degli impianti, con relativo risparmio di spesa per Sporting”.
La sentenza è anche illogica, sostiene il ricorso, perché gli accordi segreti provano “esattamente il contrario di quanto illogicamente ritenuto dalla Corte: non l’assenza di sviamento di potere, ma la piena consapevolezza di avere illecitamente turbato la gara”.
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