MILANO

Un referendum per salvare Sala dal pasticcio San Siro

Miracolo a Milano. La denuncia di un piccolo gruppo di cittadini, sostenuta da un unico giornale (il Fatto), ora è diventata un tema di discussione cittadina, si è imposta come argomento di dibattito politico trasversale. San Siro, l’abbattimento del glorioso stadio Meazza, il cemento in arrivo sulle aree contigue: era un argomento di pochi, appassionati milanesi; ora è un problema per la nuova giunta di Giuseppe Sala. Il comitato “Sì Meazza” ha raccolto adesioni di peso in tutte le aree culturali e politiche, da Milly e Massimo Moratti a Luigi Corbani, da Gianfelice Facchetti a Sergio Scalpelli.

Il Pd milanese resta silenzioso ed evita di sostenere il sindaco nelle sue gaffes (“Convincete voi Milan e Inter, io ci ho provato”; “Moratti vuole il Meazza? Se lo compri”). I Verdi cominciano a far sentire la loro voce. Scricchiola – non era mai successo prima – l’apparato bulgaro politico-mediatico che da anni sostiene ogni mossa di Sala e applaude voluttuoso ogni suo battito di ciglia. E perfino personaggi come Ignazio La Russa e Silvio Berlusconi si sono detti contrari all’abbattimento del Meazza.

Che cosa sta succedendo? L’affare San Siro si sta dimostrando più complicato di quanto Sala e i suoi spin doctor avessero previsto. Non diventerà forse il suo Vietnam, ma per la prima volta mette alla prova il suo consenso e rischia perfino di mostrare qualche ruga sulla fronte del Sistema Milano. Sta apparendo chiaro a tutti, in città, che la partita per lo stadio è solo un pretesto per sistemare i traballanti bilanci di due indebitatissime società, una americana e l’altra cinese, per il momento proprietarie di Milan e Inter, che un nanosecondo dopo la firma dell’accordo venderanno a chissà chi le squadre.

Sta apparendo chiaro a tutti che l’“interesse pubblico” dichiarato dalla giunta Sala è in realtà l’interesse privato, privatissimo, di un fondo Usa e di un imprenditore cinese. Sta apparendo chiaro che lo stadio Meazza potrebbe essere rinnovato con meno di metà dei soldi necessari a edificarne uno nuovo (300 milioni contro 650), costruendo una galleria invece del terzo anello (con 30 mila metri quadrati di spazi commerciali, ricreativi, ristoranti eccetera: gli stessi previsti nel progetto di nuovo stadio), con lo stesso rendimento per gli investitori, zero consumo di suolo, inquinamento da cantiere abissalmente inferiore. Lo dimostra il progetto Aceti-Magistretti.

Sta apparendo chiaro che il verde nell’area, che oggi è di 52 mila metri quadrati, dopo la realizzazione del progetto-cemento di Milan-Inter sarebbe di soli 26 mila mq (di verde profondo, sui 103 mila dichiarati, raggiunti calcolando i praticelli sui tetti e sul cemento). Sta apparendo chiaro che Milan e Inter non vogliono fare lo stadio, ma vogliono incassare dal Comune – e poi rivendere – i diritti volumetrici che scattano con la (discutibilissima) “legge sugli stadi”, che permette di costruire attorno allo stadio grattacieli, palazzi, centri commerciali, uffici e via cementificando.

Con uno scandalo inedito: mentre in giro per l’Italia le squadre che vogliono costruire lo fanno almeno su terreni di loro proprietà, a Milano lo farebbero su terreni pubblici, del Comune, e pretendendo l’abbattimento di un bene pubblico, del Comune: lo stadio Meazza. Sta apparendo chiaro, infine, che i “Sì Meazza” questa battaglia la possono vincere: pretendendo il dibattito pubblico che Sala non vuole concedere sventolando cavilli da Azzeccagarbugli; e chiedendo il referendum abrogativo – vincolante, non consultivo – che cancelli la delibera del 5 novembre sull’“interesse pubblico”. Aiutiamo Sala a uscire dal pasticcio in cui si è messo: prepariamoci a firmare.

 

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Il Fatto quotidiano, 3 dicembre 2021
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