Non se lo aspettava, Giuseppe Sala. Sapeva che doveva chiudere al più presto, con un blitz imperiale, senza dibattito, l’affare San Siro. Aveva messo in conto qualche mal di pancia anche tra i suoi, ma trattenuto; e qualche netta opposizione, ma circoscritta, dei soliti no-tutto. Invece sta crescendo una resistenza ampia, tenace, intelligente, civile, composita, trasversale. È nato un comitato che si chiama Sì Meazza: per far capire bene fin dal nome che non si tratta dei soliti-contro-qualsiasi-cosa.
Sono cittadini ragionanti che vogliono salvare un bene pubblico, lo stadio dei milanesi, la Scala del calcio, che Sala vuole invece abbattere per lasciar fare su suolo pubblico – con la scusa di costruire un nuovo stadio – un’operazione immobiliare privata da 1,2 miliardi di euro. Come se si decidesse di abbattere l’ospedale Niguarda per permettere a un privato di costruirci al suo posto una bella clinica privata.
Nel comitato c’è la presidente del comitato San Siro, Gabriella Bruschi, che per prima ha sollevato il problema, quando Sala, ancora sotto elezioni, faceva finta di essere incerto e di mercanteggiare le volumetrie con i privati come in un suq di Marrakesh. C’è l’architetto Luca Beltrami Gadola, animatore del giornale online più vivace della città, Arcipelago Milano. C’è l’ex presidente di Atm Bruno Rota. Ma poi ci sono tanti nomi inaspettati, i socialisti Roberto Biscardini e Felice Besostri, il repubblicano Franco De Angelis, l’organizzatore di concerti Claudio Trotta, il nuovo patron del Teatro Arcimboldi Gianmario Longoni.
C’è anche, in posizione preminente, da promotore, Luigi Corbani, ex vicesindaco di Milano ed ex leader dei “miglioristi” del vecchio Pci milanese, che proprio sul sito Il Migliorista ha scritto a proposito dell’operazione San Siro cose di una lucidità sconvolgente (e quindi nascoste dai giornali mainstream, tutti impegnati a glorificare Sua Maestà Sala Bonaparte): “Se il Milan e l’Inter si comprano delle aree e si vogliono costruire lo stadio, passi”, scrive Corbani.
“Ne è un esempio il mitico Old Trafford costruito dal Manchester United a Trafford nella Grande Manchester. Se una squadra vuole comprarsi il Meazza, e lo paga al Comune, discutiamone. Ne è un esempio il West Ham a Londra che ha preso in affitto, per 99 anni, l’Olympic Stadium, oggi denominato London Stadium. Se una squadra vuole fare del proprio stadio uno stadio-business, bene. L’esempio è il Real Madrid. Ma qui si sta parlando di aree pubbliche… Cioè si fa un complesso di edilizia residenziale, commerciale e ricettiva con annesso uno stadio: il tutto purché sia remunerativo per il fondo americano e la proprietà cinese”.
Si capisce allora perché Sala abbia perso la calma. Tanto da ribattere a Massimo Moratti, anche lui un Sì Meazza: “Vuole salvare lo stadio? Se lo compri”. Un tantino volgare, come gli ha fatto notare Corbani: “Sala forse è nervosetto, ma non si deve dimenticare che è stato eletto da un cittadino su quattro”. Lo stadio è già pubblico, ma Sala venderebbe ai privati anche la Madonnina (che per fortuna non è sua).
Il dibattito pubblico che Sala non vuole fare, sarà fatto comunque dai cittadini. Sabato 27 novembre, grande assemblea di Sì Meazza al teatro Elfo Puccini. Martedì 30, tavola rotonda all’Archivio di Stato con Riccardo Aceti e Nicola Magistretti, autori di un progetto di riqualificazione del Meazza che ottiene gli stessi risultati dello stadio nuovo, ma con metà della spesa (e senza l’operazione immobiliare attorno); l’economista Salvatore Bragantini; il promoter Claudio Trotta; il nuovo presidente della commissione antimafia del Comune Rosario Pantaleo; e Gianfelice Facchetti, attore e scrittore, autore di un libro imperdibile, C’era una volta a San Siro (Piemme), nonché figlio di quel Giacinto Facchetti che il Meazza ha contribuito farlo diventare grande.
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