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L’avvocato Amara: “Per spingere Descalzi in Eni, usai i miei rapporti renziani”

di Gianni Barbacetto e Antonio Massari /

C’è un verbale recentissimo – stilato il 13 ottobre 2021 – in cui l’ex avvocato esterno di Eni Piero Amara ricapitola, davanti al procuratore di Milano Francesco Greco e al sostituto Stefano Civardi, i suoi rapporti con gli uomini della compagnia petrolifera. Lasciando sullo sfondo la loggia Ungheria, di cui ha sostenuto l’esistenza in verbali segreti poi usciti dalla Procura di Milano (e su cui sta ora indagando la Procura di Perugia), Amara racconta alcuni retroscena di cui sostiene di essere stato protagonista. Ecco la versione di Amara, che dovrà essere verificata dalla Procura.

Nel marzo 2014, l’avvocato entra in contatto con due dirigenti di vertice della compagnia petrolifera: Antonio Vella e Claudio Granata. “Preciso che il motivo dell’incontro con Vella era la necessità che io mi adoperassi per la nomina di Claudio Descalzi, dal momento che si sapeva che avevo buone entrature negli ambienti renziani attraverso Lotti, Bacci e il padre di Renzi, Tiziano, nonché con Verdini”. Dunque Amara sostiene di essere ingaggiato per convincere l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi a nominare Descalzi amministratore delegato di Eni. Grazie alle “buone entrature” con il padre Tiziano e con due renziani doc come Luca Lotti e Andrea Bacci.

“Granata era molto preoccupato per come si stava evolvendo la situazione dei processi milanesi (…). Temevano il contenuto delle intercettazioni effettuate a Napoli da Woodcock non soltanto per i riflessi della vicenda Eni-Nigeria, quanto per una evidente condotta di insider trading relativa alla indicazione di affari riservati dell’Eni a Bisignani da parte di Descalzi. Inoltre temevano il comportamento di Armanna nel caso in cui fosse stato convocato a Milano”.

Continua Amara: “Voglio altresì precisare che io sono uno dei tanti che ha sponsorizzato Descalzi e che il vero problema all’epoca non era ottenere l’appoggio di D’Alema e Berlusconi, che erano convinti, ma piuttosto convincere Matteo Renzi che voleva cambiare tutto in Eni. Per come io ho appreso, la situazione a Londra si sbloccò dopo l’incontro a Londra tra Renzi e Descalzi”. Che l’incontro ci sia stato o meno, Descalzi viene nominato da Renzi amministratore delegato. “Personalmente per i miei interessi”, aggiunge Amara, “volevo che l’organizzazione di Eni così come la conoscevo e con la quale mi relazionavo – Mantovani, Vella Granata – rimanessi inalterato”.

Massimo Mantovani era il capo dell’ufficio legale Eni, Vella era il numero uno della divisione Upstream (entrambi sono oggi fuori dai ranghi Eni). Claudio Granata è l’attuale numero due di Descalzi. “Inoltre, l’organizzazione dell’ufficio legale era di mio pieno gradimento anche per i rapporti che avevo soprattutto con Michele Bianco che si occupava degli affari penali, con particolare riferimento ai reati ambientali”.

Amara riferisce infine di una decisione presa proprio con Bianco che fu definita “Operazione Odessa”: “Gli obiettivi di tale operazione era tre: 1) salvare l’ufficio legale dell’Eni perché temevamo che Luca Santa Maria e Luigi Zingales (l’economista in quel momento consigliere indipendente nel cda Eni, ndr) convincessero Descalzi a nominare un nuovo capo esterno all’Eni da noi non conosciuto; 2) cercare di far salire al suo interno le quotazioni di Bianco perché era mia intenzione che prendesse il posto di Mantovani o La Rocca; 3) fermare assolutamente Armanna che all’epoca era fuori controllo nelle sue accuse contro Descalzi”.

La replica di Eni

In merito agli articoli odierni “Eni pagò 92 milioni di euro alla società legata ad Amara” e “Avevo entrature in ambienti renziani tramite Lotti, Bacci, Tiziano e Verdini”, a firma di Barbacetto e Massari, Eni precisa quanto segue.

  • Claudio Granata conobbe Amara dopo la nomina di Claudio Descalzi;
  • Granata mai diede mandati occulti di registrare Armanna il 28 luglio ‘14 o altrimenti. L’altro video del 18 dicembre ‘14, ottenuto dalla procura di Roma a luglio ‘21, conferma la genuinità fattuale ed ideologica del video di luglio, l’interesse economico di Armanna e la condivisione di Amara;
  • Gli avvisi di garanzia ad Eni ed Armanna per OPL 245 sono di luglio ‘14: a marzo non esistevano indagini su Eni o gli AD (notificati nell’autunno, dopo le dichiarazioni di Armanna ai PM del 30 luglio ‘14);
  • Il secondo video (da mesi a mani di Milano) riconnette poi le attività del clan Amara a Trani e Siracusa, legate al defenestramento di Umberto Vergine (a detta di Amara, in lizza nella primavera del ‘14 al posto di Descalzi), a propri referenti “nemici giurati” dello stesso e ben diversi da Descalzi o Granata;
  • Eni (lo ripete all’infinito) ha denunciato a Milano la società Napag da oltre 27 mesi con prove certe e inequivocabili delle truffe subite, indicandone tempi, modi e responsabili;
  • La Fenog operava in Nigeria con Eni anni prima degli eventi. Vincenzo Armanna lavorò in Nigeria e divenne consulente di Fenog in modo occulto e ad insaputa di Eni (sta negli atti del processo OPL 245). Un Direttore di Fenog ebbe inoltre rapporti con ex manager infedeli di Eni. Eni da lungo tempo ha chiuso i rapporti con Fenog ed agito contro la stessa in diversi arbitrati. Secondo la stampa, infine, il direttore di Fenog avrebbe ricevuto da Armanna le risposte da fornire alla rogatoria dalla Procura di Milano.Si noti, evento di inaudita gravità, che la pubblicazione dei recenti verbali consente un coordinamento dichiarativo tra Amara, detenuto, e altri indagati suoi sodali. Chiediamo di pubblicare integralmente questa nostra precisazione.
Gianni Barbacetto e Antonio Massari, Il Fatto quotidiano, 22 ottobre 2021
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