Giustizia Amara. Ecco i verbali segreti sulla loggia Ungheria
- Perché adesso è il momento di pubblicare.
- Così Amara ha disintegrato la Procura di Milano.
- I verbali segreti.
Perché adesso
è il momento di pubblicare
di Gianni Barbacetto e Antonio Massari /
Quando il 29 ottobre 2019 sono stati consegnati alla redazione del Fatto quotidiano, con un plico anonimo, i verbali di Piero Amara sulla presunta loggia Ungheria, ci siamo rifiutati di pubblicarli. Per i seguenti motivi. Primo: erano fotocopie che potevano essere state costruite ad arte, possibili polpette avvelenate. Secondo: se fossero stati autentici, i verbali non erano firmati dai pm, quindi erano usciti illegalmente dalla Procura di Milano. Terzo: in entrambe le ipotesi, ci saremmo resi strumento di un danno; se falsi, pubblicando notizie inesistenti; se autentici, avvisando gli eventuali indagati dell’esistenza di un’indagine (molto delicata, visti i nomi citati) che sarebbe stata compromessa sul nascere. Consegnammo i verbali alla Procura di Milano per verificarne l’autenticità e preservare l’indagine. Senza consentire che altri dettassero i tempi delle nostre scelte.
L’ipotesi che ci fu prospettata: qualcuno aveva sottratto illegalmente quei verbali dai computer dei pm. Solo mesi dopo abbiamo saputo che erano stati consegnati dal pm Paolo Storari all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo — convinti di un’inerzia investigativa della Procura — ed erano infine arrivati al Fatto consegnati dalla segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto. Quando fu perquisita, nell’aprile 2020, abbiamo raccontato l’esistenza dell’inchiesta (poiché sarebbe emersa dagli atti della sua indagine) ma scegliendo di non fare i nomi dei presunti aderenti alla loggia.
Le vicissitudini processuali di Piero Amara e la sua propensione a creare inchieste farlocche (a Trani, a Siracusa, con l’obiettivo di distruggere le indagini della Procura di Milano su Eni) suggerivano cautela, in attesa che la Procura di Perugia e le altre al lavoro sulla presunta loggia Ungheria potessero effettuare almeno i primi riscontri. Ieri il Fatto ha dato conto di uno di questi riscontri: quello sull’accusa di corruzione rivolta da Amara al magistrato Marco Mancinetti, caduta secondo la Procura di Perugia che ha archiviato Mancinetti e chiesto ai colleghi di Milano di indagare Amara per calunnia.
Abbiamo così tenuto fede al nostro impegno, consentendo per undici mesi ai magistrati di svolgere le indagini senza intromissioni. Ora che almeno una parte dei verbali segreti di Amara è stata depositata dalla Procura di Roma negli atti d’inchiesta su Marcella Contrafatto (dunque non sono più segreti, pur essendo ancora oggetto d’indagine di altre Procure) e che sono ormai pressocché impossibili gli inquinamenti probatori, abbiamo deciso di raccontare ai lettori che cosa Piero Amara ha riferito ai pm su quella che definisce “loggia Ungheria”.
Alcuni verbali sono ancora secretati, ma molti dei nomi che contengono, di presunti affiliati o di personaggi coinvolti in relazioni e affari, sono ormai da mesi oggetto di chiacchiere e illazioni. Il numero delle persone a conoscenza di quei verbali è alto, in molte “stanze del potere”, e ciò rende possibili pressioni e ricatti. Meglio dunque scoprire le carte, sapendo che ciò che Amara racconta può essere vero, ma può essere anche falso e calunnioso. Il Fatto ritiene che sia giunto il momento di pubblicare tutto. I lettori potranno conoscere tutti i nomi fatti da Amara, sapendo (anche grazie agli articoli già pubblicati, sulle accuse a Mancinetti, Giuseppe Conte, Sebastiano Ardita) che ciascuno di quei nomi potrebbe essere vittima di una calunnia (ci risulta per esempio che il comandante della Gdf Giuseppe Zafarana abbia chiarito la sua posizione, come la pm Lucia Lotti).
Qualcuno, in questi mesi, ha preteso più o meno velatamente di impartirci lezioni di giornalismo, insinuando che dietro la scelta di non pubblicare vi fossero chissà quali interessi e che, se si fosse trattato di Silvio Berlusconi (giusto per fare un nome) avremmo pubblicato tutto senza remore. Bene, chiunque potrà ora scoprire che c’è anche Berlusconi tra i nomi degli affiliati indicati da Amara. È l’ora di stroncare i chiacchiericci e le possibilità di ricatto nati da queste carte fuggite dal controllo della Procura di Milano. Così, da oggi, il Fatto quotidiano vi racconta la vera storia della loggia Ungheria.
Così Amara ha disintegrato
la Procura di Milano
Nel lungo corridoio della Procura di Milano c’è chi, per cercare di capire che cosa sta succedendo, comincia dalle arti marziali. Nella lotta greco-romana, ci si confronta a mani nude e vince il più forte. Nella lotta giapponese, invece, vince chi riesce ad approfittare della forza del suo avversario e a farlo cadere, vittima della sua stessa forza. La politica ha provato per anni a piegare con la forza i magistrati. L’ufficio che è stato diretto da Francesco Saverio Borrelli, Gerardo D’Ambrosio, Manlio Minale ha sempre subìto attacchi, ispezioni governative, interventi legislativi, provvedimenti ad personam, dossieraggi.
I magistrati hanno risposto indossando la toga e sventolando la Costituzione. I conflitti interni (che sono sempre esistiti) erano gestiti e risolti. Oggi invece esplodono e trascinano la magistratura al suo record storico (negativo) nell’apprezzamento da parte dei cittadini.
Che cosa sta succedendo, dunque, a Milano? Il conflitto mortale è stato innescato dalle dichiarazioni rese tra il dicembre 2019 e il febbraio 2020 da Piero Amara, avvocato esterno dell’Eni. È lui a parlare ai magistrati Laura Pedio e Paolo Storari di una fantasmagorica “loggia Ungheria” a cui apparterrebbero magistrati, politici, avvocati, generali, banchieri, funzionari, imprenditori, alti prelati vaticani. La racconta come una vera e propria loggia massonica segreta, con i suoi segnali di riconoscimento (un certo modo di stringersi la mano, premendo tre volte il dito indice sul polso; e una domanda posta all’interlocutore al primo incontro: “Sei mai stato in Ungheria?”).
Amara dice di avere, ben nascosta all’estero, la lista degli iscritti, una quarantina, che però non consegna ai magistrati. Nei suoi interrogatori allinea oltre settanta nomi, ma non fornisce alcuna prova. Alcuni dei personaggi citati sono notoriamente in forte conflitto tra loro e ben difficilmente accetterebbero di stare dentro la stessa loggia. Dai suoi racconti, verbale dopo verbale, prende forma, più che una loggia organica e organizzata, una rete complessa e multipla di relazioni, collaborazioni, attenzioni, gratitudini, ricatti, obbedienze, dipendenze.
Il primo compito che era stato affidato ad Amara, o che Amara aveva assegnato a se stesso — e cioè intorbidare le inchieste della Procura di Milano sull’Eni — è stato realizzato. Di più: è riuscito a ridurre la Procura guida d’Italia all’afasia
Cita affari, piaceri, scambi di favori. Il collante è quello del potere e degli affari. Centrale la capacità di manovrare le nomine delle persone giuste al posto giusto. Determinanti i rapporti con la magistratura, penale, civile, amministrativa, per aggiustare le cause e addomesticare i controlli di legalità. Sono verità, farneticazioni, o calunnie, quelle di Amara? Il suo è un riscatto o un ricatto? È possibile che il vero sia mischiato al falso, ma non sappiamo in quali proporzioni. E ora per la magistratura sarà difficile discernere il grano dal loglio, perché i verbali di Amara — che andavano tenuti segreti e sui quali dovevano essere compiute indagini rapide, accurate e riservatissime — sono usciti dal controllo della Procura di Milano e diventati noti ai protagonisti.
Ma accertare le verità e segnalare le fandonie resta una necessità, perché Amara è depositario di molti segreti e non bisogna cedere alla tentazione, o al disegno, di ridurlo a semplice mitomane. Sui tempi e i modi dell’indagine si è consumata a Milano una rottura che ha avuto anche l’effetto di rendere forse impossibile stabilire se la loggia Ungheria è la P2 del terzo millennio o la più colossale delle bufale. Con un curioso paradosso finale: il primo compito che era stato affidato ad Amara, o che Amara aveva assegnato a se stesso — e cioè intorbidare le inchieste della Procura di Milano sulle operazioni di Eni in Algeria, Nigeria e Congo — è stato realizzato: obiettivo raggiunto. Di più: una mossa di lotta giapponese è riuscita a ridurre la Procura guida d’Italia all’afasia.
Ecco i verbali segreti
sulla loggia Ungheria
Pubblichiamo a partire da oggi alcuni stralci — selezionati per rilevanza dei ruoli pubblici — degli interrogatori resi davanti ai pm della Procura di Milano, Laura Pedio e Paolo Storari, da Piero Amara, ex legale esterno dell’Eni, già condannato per corruzione e ora indagato a Perugia per violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete.
Verbale del 6 dicembre 2019
Amara: (…) Devo fare una premessa: io facevo parte di una loggia massonica coperta, formata da persone che io ho incontrato attraverso persone di origine messinese dove questa loggia è particolarmente forte. Mi ha introdotto Gianni Tinebra, magistrato con cui avevo ottimi rapporti. Attraverso questa loggia denominata “Ungheria” ho conosciuto Michele Vietti e tale Enrico Caratozzolo, avvocato di Messina; il capo della cellula messinese per quanto mi dissero Tinebra, Vietti e Caratozzolo era Giancarlo Elia Valori. Della cellula “Ungheria” fa parte anche la dottoressa Lucia Lotti (magistrato a Roma, ndr).
(…)
Fu Vietti a mandarmi Saluzzo (Francesco, ndr) a Roma. Io già sapevo che faceva parte dell’associazione Ungheria e comunque tale circostanza mi fu confermata dal modo in cui mi salutò premendomi il dito indice tre volte sul polso mentre mi stringeva la mano. L’incontro fu organizzato a casa di un imprenditore, di cui non ricordo il nome, amico di Antonio Serrao, detto Tonino, all’epoca direttore generale del Consiglio di Stato e anch’egli partecipe di “Ungheria”. L’incontro avvenne un paio di mesi prima rispetto alla nomina di Saluzzo a Procuratore Generale di Torino, il colloquio fu estremamente chiaro: Saluzzo mi disse che aveva già parlato con Cosimo Ferri ottenendo la disponibilità di MI, mentre aveva dei problemi con la componente laica del Pd e gli serviva un intervento forte di Luca Lotti. Da parte mia io non chiesi nulla di particolare a Saluzzo, ma una sua messa a disposizione qualora ve ne fosse stato bisogno. Preciso che non ho mai chiesto nulla a Saluzzo tranne che in un’occasione: andai da lui per preannunciargli la visita della compagna di Bigotti, tale Barbara Bonino, la quale aveva un’udienza di separazione col suo ex marito. Questa signora poi effettivamente andò da Saluzzo e lui fu cordiale con lei. Naturalmente io rappresentai a Lotti il mio interesse per la nomina di Saluzzo nel corso di un colloquio intervenuto tra di noi vicino piazza di Spagna di fronte al Gregory Jazz Pub.
(…)
Premetto che in altri casi Vietti, in funzione di sue esigenze a me non note, mi chiese di far guadagnare denaro ad avvocati o professionisti a lui vicini e avvenne in quel periodo anche con l’avvocato Conte, oggi presidente del Consiglio, a cui facemmo conferire un incarico dalla società Acquamarcia S.p.A. di Roma, incarico che fu conferito a lui e al professor Alpa, grazie al mio intervento su Fabrizio Centofanti, che all’epoca era responsabile delle relazioni istituzionali di Acquamarcia. L’importo che fu corrisposto da Acquamarcia ad Alpa e Conte, era di 400 mila euro a Conte e di 1 milione di euro ad Alpa. Questo l’ho saputo da Centofanti che si arrabbiò molto perché il lavoro era sostanzialmente inutile, trattandosi della rivisitazione del contenzioso della società, attività che fu svolta da due ragazze in poche ore, e l’importo corrisposto fu particolarmente elevato.
(…)
Aggiungo che l’avvocato Paola Severino è nella lista delle persone appartenenti a “Ungheria”.
(…)
Domanda dei pm: Le vicende che sono descritte nell’appunto cosiddetto “Keepwild” sono riconducibili ai suoi rapporti con l’associazione “Ungheria”?
Amara: Non tutte. Certamente sono legati a “Ungheria” Andrea Gemma (professore, avvocato, già nel cda Eni, ndr), Antonino Serrao e il generale Toschi (Giorgio, ex comandante generale Gdf, ndr).
Domanda dei pm: Quali altre persone legate alla vicenda Eni fanno parte di “Ungheria”?
Amara: Ne fanno parte Fabrizio Siggia e ne faceva parte Vincenzo Armanna (ex dirigente Eni, ndr) fino a quando non è stato “posato”. Fu Bisignani, che fa parte anche lui di “Ungheria”, che chiese di ‘posare’ Armanna. Mi chiedete quando sia accaduto e lo colloco nel 2015. La vicenda Eni ha avuto una rilevanza, ma c’erano anche altre relazioni tra di loro che hanno avuto peso maggiore.
(…)
De Ficchy che era persona alla quale io potevo arrivare perché faceva parte dell’associazione “Ungheria”.
(…)
Domanda dei pm: Che rapporti vi sono tra la circostanza di cui ha riferito ieri attinenti alla nomina del Procuratore di Milano e l’eventuale operatività di “Ungheria”?
Amara: Sì, nel senso che la rete relazionale di “Ungheria” fu utilizzata per condizionare la nomina del Procuratore di Milano. Come vi ho detto, si sollecitarono candidature di persone amiche o alle quali si poteva in qualche modo accedere, tra cui come ho detto tale Amato (Giuseppe, ndr), che però non fa parte dell’associazione. Amato fu invitato a presentare la candidatura da Ferri e Palamara. Ferri ricopre un incarico molto importante in Ungheria.
Domanda dei pm: Chi aderisce all’associazione “Ungheria”?
Amara: Magistrati, Forze dell’Ordine, alti dirigenti dello Stato e alcuni imprenditori. Conservo una lista di circa 40 persone.
Verbale del 14 dicembre 2019
Domanda dei pm: Nel precedente interrogatorio del 06.12.2019 ha fatto riferimento a quella che Lei ha definito una loggia massonica coperta denominata “Ungheria” della quale Lei stesso fa parte insieme ad altri esponenti della magistratura, del mondo politico, dell’imprenditoria, delle forze dell’ordine, dell’avvocatura. Ci può spiegare in quale momento è entrato a far parte in questo gruppo, in che modo, tramite chi?
Amara: Per rispondere a questa domanda devo prima riferire il contesto nel quale è nata la mia partecipazione all’associazione. A partire dal 2005 ho frequentato con una certa assiduità l’O.P.C.O. (Osservatorio Permanente sulla Criminalità Organizzata) nel quale mi coinvolse Gianni Tinebra, all’epoca procuratore a Caltanissetta. Avevo conosciuto Tinebra attraverso Carola Parano (Direttrice dell’Opco) e Giuseppe Toscano (procuratore aggiunto di Siracusa).
(…)
Ho svolto la mia attività nell’ambito dell’Opco, dedicandomi all’organizzazione di convegni e di studi in materia di criminalità organizzata e sono stato particolarmente apprezzato da Gianni Tinebra il quale – a un certo punto – ritenne che avessi le caratteristiche per essere introdotto in un gruppo più ristretto di persone che condividevano gli ideali dello Stato liberale e che erano legati da un vincolo di solidarietà, amicizia e disponibilità, rappresentandomi che nel corso della mia vita questo mi sarebbe stato molto utile. Sottolineo la frase di “Stato liberale” perché questa mi fu più volte rimarcata in quanto il gruppo si proponeva di affermare i principi di uno Stato garantista contro quella che appariva già all’epoca una deriva giustizialista, quello che poi nel tempo mi fu rappresentato essere lo spirito della corrente della magistratura denominata “Magistratura Indipendente”, molti esponenti della quale fanno parte di Ungheria. Mi rendo conto che questa tuttavia era una foglia di fico, in quanto il gruppo si è risolto in un sostanziale scambio di favori. Per quello che io ho potuto vedere, questo gruppo ha rappresentato e rappresenta quello che definirei una sorta di contropotere, a volte anche più forte della politica. Con questa espressione intendo fare riferimento al fatto che il gruppo è in grado collocare persone di sua fiducia in posti chiave, soprattutto ai vertici delle forze dell’ordine e della magistratura, e che le nomine di queste persone vicine al gruppo vengono decise in luoghi diversi da quelli istituzionali. Ricordo, per esempio, che in occasione della nomina del procuratore di Firenze, a me fu fatto il nome di tale Leonida Primicerio da un generale della Guardia di finanza, tale Genzano. Presentai questo magistrato a Luca Lotti, indicandolo come magistrato a sua totale disposizione: vi riferisco come prove di questo che egli durante il mio colloquio con Lotti rimase appostato dietro una macchina in attesa di essere chiamato. Lotti aderì alla mia richiesta, ma tuttavia non riuscì a far nominare Primicerio in quanto Michele Vietti (aderente al gruppo Ungheria) impose la nomina di Creazzo. Tale circostanza, cioè dell’interesse e della volontà di nominare Creazzo, fu da me direttamente verificata con Vietti. (…)
Tornando al mio ingresso in Ungheria, ricordo che Gianni Tinebra organizzò una cena di presentazione presso la sede di Opco, servita da un catering a Siracusa. Alla cena parteciparono oltre a me e Tinebra, Alessandro Centonze (sostituto procuratore della Dda di Catania), Sebastiano Ardita (sostituto procuratore a Catania), Giuseppe Toscano (procuratore aggiunto a Siracusa), il figlio Attilio Toscano (professore associato di Diritto amministrativo a Catania). Doveva partecipare alla cena anche Giuseppe Zafarana, all’epoca, mi pare, con il grado di colonnello della Guardia di finanza, che poi invece non venne. Ho poi saputo a proposito di Zafarana che era entrato in Ungheria presentato da Giuseppe Toscano. La cena si è svolta tra il 2006 e il 2007 (…).
Tinebra poi mi disse che aderivano alla associazione anche i magistrati Franco Cassata (Procuratore Generale a Messina), Fazio (presidente della Corte d’Appello di Messina) e Francesco Paolo Giordano (sostituto procuratore a Caltanissetta). Ricordo tra gli episodi nei quali un associato è stato obbligato a fare qualcosa che in condizione di libertà forse non avrebbe fatto, quanto mi riferì Alessandro Centonze. All’epoca Tinebra (procuratore a Caltanissetta) voleva che fosse richiesta l’archiviazione di un procedimento a carico di Silvio Berlusconi. Il Sostituto che aveva in carico quel fascicolo era Alessandro Centonze il quale non voleva chiedere l’archiviazione, ma fu costretto a farlo in virtù del vincolo associativo come lui stesso mi disse.
(…)
La gestione complessiva delle vicende processuali di Silvio Berlusconi a Caltanissetta portò Tinebra a essere nominato responsabile del Dap, come lui stesso mi disse.
(…)
Nel 2009 Tinebra mi presentò Michele Vietti. L’incontro avvenne in occasione di un convegno organizzato a Siracusa da una organizzazione culturale – che mi riservo di indicare sia quanto a nome che a date –. Vietti mi fu presentato nel corso di un incontro privato tra me, lui e Tinebra in corso Gelone a Siracusa (presso un bar), Tinebra volle presentare me a Vietti come persona di sua fiducia. In quella occasione mi dissero che i promotori dell’associazione erano – oltre a loro due – Enrico Caratozzolo e Giancarlo Elia Valori. Mi dissero che loro quattro, oltre che essere promotori di Ungheria, erano anche massoni e mi spiegarono che non c’era coincidenza necessaria tra l’appartenenza alla massoneria e all’associazione Ungheria, tuttavia circa l’80% degli aderenti alla massoneria. Quanto a Caratozzolo, mi dissero che egli nonostante la giovane età, era particolarmente importante, anche in ragione di un consolidato rapporto tra suo padre e Michele Vietti, entrambi massoni. Sempre in quella occasione, mi riferirono che Giancarlo Elia Valori era il capo di Ungheria.
(…)
Domanda dei pm: Lei ha avuto rapporti diretti con la Severino che attestassero la partecipazione di quest’ultima a Ungheria?
Amara: No, non ho avuto rapporti diretti con lei su questo tema. Faccio però presente che Paola Severino è presente nella lista degli appartenenti a Ungheria e – come ho già detto – la sua partecipazione mi è stata riferita chiaramente da Michele Vietti. Ho avuto una sola interlocuzione con la Severino nell’ambito della mia attività di legale nominato dalla struttura commissariale dell’Ilva. In particolare abbiamo avuto una conference call di coordinamento in quanto la Severino seguiva le vicende Ilva milanesi. Questo è avvenuto nel 2016.
(…)
Domanda dei pm: Ci descriva cosa è accaduto dopo che Lei si è manifestato con Verdini.
Amara: Il rapporto con Verdini, a differenza di quello con Vietti, è stato caratterizzato da grande confidenza e Verdini mi ha presentato diverse persone che appartengono all’associazione. Innanzitutto, Cosimo Ferri, che io già sapevo essere legato a Ungheria, perché me lo avevano detto sia Tinebra che Ardita. Oltre a Cosimo Ferri mi furono indicati come esponenti di Ungheria i magistrati Pontecorvo e Racanelli, entrambi hanno fatto parte del Csm. Ricordo in particolare un incontro avvenuto tra me, Ferri, Pontecorvo, Racanelli e Verdini all’interno della Galleria Alberto Sordi a Roma. In quell’incontro, io sapevo già che eravamo tutti legati a Ungheria e comunque il tenore della conversazione non lasciò equivoci sulla comune appartenenza. Da Verdini ho saputo dell’appartenenza alla associazione del generale Toschi della Guardia di Finanza, del generale Del Sette dei Carabinieri e del generale Saltalamacchia dei Carabinieri. (…) Da Verdini ho appreso anche che Luigi Bisignani è un appartenente di Ungheria e lo stesso mi disse Michele Vietti. Con Bisignani ho avuto anche rapporti diretti.
(…) Sempre Verdini mi disse che Filippo Patroni Griffi, già presidente del Consiglio di Stato, era un appartenente. Patroni Griffi mi fu presentato da Luigi Caruso (vicepresidente della Corte di Conti) anch’egli appartenente a Ungheria. Così come Pasquale Squitieri (già presidente della Corte dei Conti).
Verbale del 15 dicembre 2019
(…) A settembre 2014 si è insediato il nuovo Csm sul quale, come ho detto, l’associazione Ungheria-Magistratura Indipendente aveva un potere assoluto. Il potere di Ungheria sul Csm si sviluppava secondo il seguente schema: all’apice c’erano Cosimo Ferri e Michele Vietti. Il primo, leader assoluto di Magistratura Indipendente, e il secondo all’apice dell’associazione Ungheria. Cosimo Ferri controllava Luca Palamara, membro del Csm e leader di Unicost. All’interno del Csm il vicepresidente Giovanni Legnini era stato affiliato (nel nostro gergo l’espressione “fatto” o “sverginato”’) a Ungheria da Pasquale Dell’Aversana. Facevano parte ancora di Ungheria i seguenti membri del Consiglio Superiore della Magistratura: Lorenzo Pontecorvo, Antonio Leone, Giorgio Santacroce, Paola Balducci (…), Claudio Galoppi, Pasquale Paolo Maria Ciccolo, Vincenzo Carbone e Giovanni Canzio. Altri componenti del Csm, pur non essendo aderenti all’associazione Ungheria erano purtuttavia controllabili e in particolare Giuseppe Fanfani (direttamente da Lotti e Maria Elena Boschi), Maria Rosaria San Giorgio e Riccardo Fuzio (controllati da Luca Palamara), Luca Forteleoni (direttamente controllato da Ferri).
Un ruolo molto importante nelle decisioni che assumeva il Csm lo aveva Angelantonio Racanelli, allora segretario di Magistratura Indipendente. (…).
Verbale del 16 dicembre 2019
Domanda dei pm: Lei ha riferito di un suo coinvolgimento come associato di Ungheria nella nomina del Procuratore di Milano nel 2016: ci può riferire che attività ha svolto in questa vicenda?
Amara: La nomina del Procuratore di Milano è stata una delle vicende per le quali mi sono impegnato come associato di Ungheria nell’interesse di Eni. Il mio impegno in questa operazione è stato inteso in quanto l’Eni era fortemente interessata ad avere un procuratore di Milano controllabile e soprattutto che potesse “contenere” l’attività investigativa che De Pasquale da anni svolgeva nei confronti di Eni.
La decisione di attivarmi per condizionare la nomina nacque nell’ambito di una interlocuzione continua che avevo con Claudio Granata. Come ho riferito in un precedente interrogatorio, quando il mio rapporto con Granata si è consolidato nel 2014, abbiamo cominciato a ragionare sulla possibilità di creare un certo consenso intorno all’Eni e in particolare di “sensibilizzare” uffici giudiziari, forze dell’ordine e in generale l’opinione pubblica sull’importanza delle attività svolte dall’Eni all’estero. L’obiettivo, poi, in verità, soprattutto nella vicenda milanese, è stato quello di prendere possesso della Procura.
(…)
La candidatura di Greco apparve da subito molto forte e difficile da superare. La scelta di Amato era funzionale allo scopo e cioè di avere un Procuratore gestibile. Amato accettò di presentare la domanda consapevole che – nel caso di nomina – avrebbe dovuto essere disponibile. I tempi furono piuttosto lunghi, per quello che ricordo, e il progetto non andò in portò. La ragione per cui non andò in porto è che la candidatura di Greco era oggettivamente difficile da superare e poi lo stesso Palamara non era interessato in via diretta alla Procura di Milano. Ciò, unitamente alle difficoltà che incontrava all’interno della sua corrente, determinò il fallimento del progetto.
Verbale dell’11 gennaio 2020
Domanda dei pm: Vi sono prelati appartenenti all’associazione Ungheria?
Amara: Ho letto nella lista di Caruso tre nomi: Vescovo (o monsignor) Adreatta, Monsignor Rocco Palmieri, Cardinale Parolin (Segretario di Stato di Sua Santità). Non conosco personalmente queste tre persone.
Domanda dei pm: Ci sono degli imprenditori appartenenti a Ungheria?
Amara: Bazoli, la mia fonte è la lista; Antonello Montante che io ho conosciuto circa nel 2007/2008 attraverso il Generale della Gdf Carmine Canonico. L’appartenenza di Montante a Ungheria mi è stata riferita direttamente da Gianni Tinebra e dallo stesso Montante. L’occasione fu quella in cui sia Tinebra che Montante cercarono di far desistere il pubblico ministero Musco dal coltivare iniziative processuali nei confronti di aziende facenti capo a Emma Mercegaglia. Fusillo è un imprenditore pugliese che ho conosciuto e che ho incontrato a Roma. Mi sono presentato a Fusillo con le modalità “Ungheria”, non ricordo chi me lo ha mandato; probabilmente un comune amico.
Iacobini padre e figlio (entrambi coinvolti nell’attuale vicenda della Banca Popolare di Bari). Ho incontrato il figlio di Iacobini nel 2015 a Roma in un bar di via Barberini. Iacobini mi fu mandato da Filippo Paradiso, era Iacobini che sapeva che io partecipavo a Ungheria. Iacobini venne da me in quanto aveva necessità di un contatto con Luca Lotti per ottenere l’approvazione di un decreto legge che riguardava le banche popolari. Non conosco e né ricordo il contenuto di tale decreto. Ne parlai con Bacci e Lotti e organizzai poi un incontro con Bacci e Iacobini nello stesso bar di via Barberini. In quella occasione Bacci disse che il decreto poteva essere approvato, ma che doveva essere firmato un contratto di consulenza tra Iacobini e Bacci o società da lui indicate prima dell’approvazione del decreto e con pagamento dopo l’approvazione. So che il contratto è stato formalizzato, ma poi non ho più seguito la vicenda, Iacobini mi rappresentò che c’era un forte ritardo nell’approvazione del decreto.
De Benedetti è un nome che ho letto nella lista di Caruso. “B.B.” è una sigla che era riportata nella lista e che secondo Caruso era riferibile a Silvio Berlusconi. (Fatto quotidiano, 17 settembre 2021)
Continuiamo la pubblicazione di alcuni stralci — selezionati in ordine cronologico e per rilevanza dei ruoli pubblici — degli interrogatori resi dinanzi ai pm della Procura di Milano Laura Pedio e Paolo Storari da Piero Amara, ex legale esterno dell’Eni, già condannato per corruzione e ora indagato a Perugia per la violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete. Amara è l’unico indagato tra i nomi che leggerete e la sua versione (che ha già provocato da ieri l’annuncio di numerose denunce per calunnia) è tuttora al vaglio dei magistrati inquirenti.
Verbale del 14 dicembre 2019
Amara: “Fanno ulteriormente parte di Ungheria e sono magistrati amministrativi De Nictolis (attuale presidente del C.G.A.), Di Francisco (credo che al momento sia alla segreteria del presidente Conte); un certo Simonetti (giudice al C.G.A.), Stanisci (la compagna attuale di Nitto Palma — anche quest’ultimo facente parte di Ungheria). (…) Verdini mi indicò Nitto Palma e la sua attuale compagna ed anche De Ficchy (procuratore di Perugia). Con riguardo a quest’ultimo ricordo che segnalai nello studio romano di Dla Piper il figlio che in effetti fu inserito nello studio legale. Questa richiesta mi fu personalmente indicata da De Ficchy che ho incontrato in un bar di fronte al Csm di Roma. Credo che ciò sia avvenuto nel 2016. L’assunzione del figlio di De Ficchy presso Dla Piper è stata mediata da Centofanti, a cui ho formulato io la relativa richiesta”.
Verbale del 15 dicembre 2019
“Successivamente si creò un problema con Fanfani il quale voleva quantomeno applicare la censura a Musco, ritenendo che fosse più coerente con la misura cautelare che il Csm aveva imposto nei suoi confronti. La notizia ci fu data da Palamara il quale la comunicò a Ferri che la veicolò a me attraverso Verdini. Mandai Bacci da Luca Lotti; all’epoca ero il ‘padrone’ di Luca Lotti perché gli avevo dato, tramite Bacci attraverso Racing Horse, circa 200 mila euro. Si andò quindi a votare e Musco fu assolto all’unanimità per insussistenza dei fatti nel marzo 2015. Naturalmente fu necessario garantirsi il benestare della Severino per raggiungere il risultato per le ragioni che ho già esposto. Fu Michele Vietti ad avere con lei una interlocuzione su mia richiesta. Avevo avuto notizia da Vella e Granata che la Severino aveva ottimi rapporti con il presidente Napolitano in quanto veicolava importanti incarichi professionali a suo figlio tanto è vero che Scaroni quando cercava di essere riconfermato in Eni aveva messo sul piatto della bilancia un importante incarico per il figlio di Napolitano attraverso la Severino. (…) La vicenda Musco è la dimostrazione plastica del potere di Ungheria su Csm. Le decisioni furono assunte fuori dai luoghi istituzionali e nell’ambito di riunioni tra fratelli. In quel periodo nel Csm non contava il merito ma solo i numeri”. (…)
“Ricordo ancora che il gruppo Ungheria s’è mosso per promuovere una azione disciplinare nei confronti di Henry Woodcock, ‘colpevole’ di aver indagato sulla vicenda Consip ed in particolare sul padre di Matteo Renzi. Mi dissero sempre Ferri, Verdini e Lotti che di questo fatto fu informato anche Renzi e che era necessario che il provvedimento disciplinare andasse velocemente per essere gestito dalla sezione del Csm che in quel momento era in carica. Dal lato Procura generale il procedimento fu seguito da Ciccolo e da un sostituto a lui vicino. Ciccolo è partecipe di Ungheria, lo so perché me lo hanno detto, l’ho visto nell’elenco”.
Verbale dell’11 gennaio 2019
“Ritornando sul Consiglio di Stato vorrei precisare quanto prima detto con riguardo al giudice Santoro: da parte di Luca Lotti soprattutto vi era un forte interesse alla gestione di ricorsi Consip e tali ricorsi tabellarmente dal 2016 furono affidati alla VI sezione del Consiglio di Stato. Questa è la ragione per cui si voleva che Santoro divenisse presidente della sezione che si occupava dei ricorsi Consip e così avvenne”.
Domanda del pm: “Può meglio precisare con chi intervennero i discorsi per la nomina di Santoro, quando avvennero e dove avvennero?”.
Amara: “L’esigenza di avere il controllo del giudice che si occupava dei ricorsi Consip mi fu manifestata direttamente da Luca Lotti nel corso di una cena in trattoria che colloco all’inizio del 2016. Lotti mi disse espressamente che voleva che i ricorsi Consip fossero affidati a Santoro. Nello stesso periodo di tempo — nel corso di colloqui con Verdini — ho avuto anche da quest’ultimo il medesimo input, ossia che Santoro dovesse occuparsi di tali ricorsi. (…) La conoscenza di queste dinamiche mi è venuta comunque utile in quanto feci cambiare a Ezio Bigotti il suo avvocato amministrativista facendo nominare il prof. Tedeschini che sapevo avere ottimi rapporti professionali con il giudice Santoro”. (Fatto quotidiano, 18 settembre 2021)
Continuiamo la pubblicazione di alcuni stralci – selezionati in ordine cronologico e per rilevanza dei ruoli pubblici – degli interrogatori resi dinanzi ai pm della Procura di Milano, Laura Pedio e Paolo Storari, da Piero Amara, ex legale esterno dell’Eni, già condannato per corruzione e ora indagato per violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete. Amara è l’unico indagato tra i nomi che leggerete e la sua versione (che ha già provocato da due giorni l’annuncio di decine di denunce per calunnia) è tuttora al vaglio dei magistrati inquirenti.
Verbale del 14 dicembre 2019
Amara: “Tornando ad una narrazione cronologica del mio rapporto con l’associazione Ungheria indico il 2014 come un anno cruciale. Intanto io mi ero da poco trasferito a Roma dove ho avuto modo di scoprire che le relazioni dell’associazione Ungheria avevano dimensioni ben più ampie di quelle che fino a quel momento avevo conosciuto. In quell’anno ci furono tre fatti per me rilevanti. Era in corso (tra gennaio e giugno) la vicenda relativa al procedimento disciplinare nei confronti di Maurizio Musco . Ho già riferito che ci tenevo moltissimo che il provvedimento cautelare adottato in sede disciplinare nei confronti di Musco fosse revocato. A tal fine mi spesi moltissimo con Vietti (Michele, ex vicepresidente del Csm, ndr) il quale mi garantì il buon esito del procedimento, dicendomi che in Commissione disciplinare se ne sarebbe occupato Annibale Marini, associato in Ungheria e da me personalmente conosciuto in questa occasione. In quello stesso periodo mi adoperavo per la nomina ad amministratore delegato di Eni di Descalzi (Claudio, ndr) che venne effettivamente nominato insieme a Emma Marcegaglia come presidente. Come ho già riferito, la Marcegaglia era molto vicina a Paola Severino e la Severino voleva che Musco (che aveva indagato su una società della Marcegaglia) fosse trasferito. Mi trovai nella condizione di dover abbandonare Musco su richiesta di Vietti il quale mi disse che la Severino aderiva anche lei all’associazione Ungheria. Fu questo uno dei casi in cui l’interesse dell’associazione prevalse sul mio rapporto personale con Musco. A seguito delle tensioni con la Severino e della nomina della Marcegaglia come presidente dell’Eni ebbi il timore di poter essere estromesso dagli incarichi che avevo ricevuto da Eni. Fu in quel periodo che chiesi a Granata (Claudio, dirigente Eni, ndr) garanzie e lui mi disse di non preoccuparmi, che avremmo trovato una soluzione. La soluzione fu quella che vi ho descritto e cioè la spartizione degli incarichi più importanti in Eni tra me e la Severino. Nello stesso anno a ottobre ho saputo da Vietti che Denis Verdini era un associato di Ungheria e mi sono manifestato a lui. Fino a quel momento i nostri rapporti erano stati mediati da Saverio Romano, politico siciliano”.
Verbale del 15 dicembre 2019
“Come ho riferito ho saputo dell’appartenenza di Armanna (Vincenzo, ex dirigente Eni, ndr) ad Ungheria da Luigi Bisignani. Bisignani me ne parlò nel 2016 quando Armanna era già ‘gestito’ dall’Eni. All’epoca Bisignani stava valutando la possibilità di chiedere il rito abbreviato nel procedimento cosiddetto Nigeria. Parlammo di Armanna, io gli dissi che ormai era gestito dall’Eni e che sarebbe saltata l’ipotesi della corruzione internazionale perché Armanna avrebbe negato l’esistenza di pubblici ufficiali stranieri. Bisignani mi disse allora che Armanna aveva fatto parte dell’associazione Ungheria ma che era stato posato già nel 2015, in quanto ritenuto non controllabile e in questo senso inaffidabile. Mi disse che la ragione per la quale Armanna era stato posato era riconducibile al comportamento che aveva tenuto sia nella vicenda Eni che in altre vicende che riguardavano i suoi rapporti con Bisignani. Mi invitò pertanto a fare attenzione. Non ho condiviso con Armanna alcuna operazione di Ungheria. Non ho rivelato ad Armanna la mia appartenenza ad Ungheria, almeno così ricordo. Ho raccontato certamente ad Armanna le attività che stavo compiendo al Csm per ostacolare l’attività della Procura di Milano (candidatura di Amato a Procuratore di Milano ed esposto nei confronti di De Pasquale). Armanna mi ha riferito di far parte di una associazione che ritengo fosse Ungheria o per lo meno era in parte sovrapponibile a questa. Mi riferisco in particolare a rapporti con servizi segreti italiani di cui lui mi ha parlato e che – per quanto a mia conoscenza – sono riconducibili al contesto di Ungheria. In ogni caso non mi ha mai detto esplicitamente di far parte di questa associazione”.
(…)
Domanda del pm: Alberta Casellati, membro laico del Csm, non faceva parte di Ungheria?
Amara: “No, né era sotto il controllo di persone a me note. È sempre stata disponibile al dialogo ma indipendente nelle decisioni. È bene che precisi che fino all’estate del 2016 mi sono mosso con una certa libertà e ho frequentato senza particolari cautele i membri dell’associazione Ungheria. Ad agosto 2016 l’avv. Calafiore (Giuseppe, avvocato, ndr) è stato informato dal senatore Riccardo Conti di Ala che la Gdf ci teneva sotto controllo con intercettazioni, cimici e ocp. Da quel momento ho adottato una serie di cautele ed ho evitato di incontrare direttamente gli associati. Per esempio pur essendo stato invitato all’evento che annualmente Michele Vietti organizza tra molte persone e al quale partecipavano molti degli associati, dopo l’agosto 2016 non vi ho più partecipato. Mi riservo di produrvi copie delle mail di invito agli eventi”. (Il Fatto quotidiano, 19 settembre 2021)
La replica di Eni
In merito ai verbali delle dichiarazioni rese da Piero Amara pubblicate dal Fatto quotidiano, precisiamo quanto segue:
– È oramai provato in numerosi atti e documenti a disposizione della magistratura e disponibili in molteplici sedi che Piero Amara, nelle iniziative intraprese a Trani e Siracusa, perseguisse interessi propri e di propri sodali ed ex-dirigenti di Eni a fini squisitamente economici e di potere interno. Mai e poi mai Piero Amara ha ricevuto da Eni “mandati occulti” di interferire con il corso della giustizia.
– È assolutamente falso (oltre che risibile) che Eni potesse essere interessata alla nomina di un Procuratore di Milano “controllabile” orientato a “contenere” l’attività investigativa del Dr De Pasquale: Eni rispetta e nutre fiducia nell’operato della magistratura con cui notoriamente collabora proattivamente in sede di indagine e, quando a giudizio, si difende nelle sedi opportune con la forze delle proprie ragioni e della correttezza del proprio agire (più volte riconosciute anche in via definitiva dai tribunali). Qualunque azione possa aver compiuto Piero Amara in questo senso è imputabile a lui ed ai suoi sodali. Ricordiamo che le indagini e il processo sulle vicende Eni-Nigeria sono durate anni, senza alcun contenimento, e che hanno portato a un’assoluzione di Eni e dei suoi manager perché il fatto non sussiste.
– Sono false e prive di fondamento le dichiarazioni rese da Piero Amara sull’”interlocuzione continua” con Claudio Granata, che non si è mai verificata, così come l’accordo tra le due parti descritto da Amara, inesistente, che sarebbe stato volto a creare consenso sulle attività di Eni e a “prendere possesso della Procura”.
– Piero Amara è stato denunciato da anni (e ben prima che Amara rendesse le sue dichiarazioni di fine 2019/inizio 2020) da Eni e da suoi manager, compreso Claudio Granata, per le dichiarazioni calunniose rese in più ambiti di indagine. Eni ed i suoi manager attendono da tempo gli esiti delle indagini a carico di Amara e faranno valere nelle sedi di giurisdizione le proprie ragioni come parti offese. Nel frattempo, come noto, Eni ha promosso sin da luglio 2019 causa civile conto Piero Amara per i danni alla propria reputazione, causa che è tuttora in corso.
Ufficio stampa Eni