Cartabia, Eni, referendum. L’Italia sotto esame dell’Ocse
“Ce lo chiede l’Europa”: ce lo ripetono spesso, quasi sempre a vanvera, per tentare di farci digerire cattive scelte e pessime leggi imposte dai governi italiani. Anche della riforma Cartabia ci hanno detto che era una richiesta dell’Europa. Ma che cosa ci chiedono, davvero, l’Europa e più in generale gli organismi internazionali, in materia di giustizia? Innanzitutto di non far morire i processi, né con la vecchia prescrizione, né con la nuova “improcedibilità”.
Lo dimostrano i lavori del Wgb (Working Group on Bribery), il gruppo di lavoro sul contrasto alla corruzione dell’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. In questo momento, l’Italia è sotto verifica da parte del Wgb. Materie d’esame saranno, necessariamente, anche i referendum di Radicali e Lega, i processi Eni, i conflitti interni alla magistratura, la prescrizione in parte trasformata in improcedibilità dalla Cartabia. È uno dei controlli periodici che l’Ocse realizza con il modello delle “valutazioni reciproche” o “tra pari” che i Paesi accettano con la loro adesione all’organizzazione.
Nel 2020 il Wgb ha inviato al governo italiano un questionario, cui il ministero della Giustizia ha risposto coinvolgendo i magistrati, le organizzazioni delle imprese, alcuni ordini professionali. Ora è in corso la seconda parte dell’esame, che prevede anche la visita in Italia dei quattro valutatori del Gruppo, che incontreranno rappresentanti del governo, delle istituzioni, della magistratura, degli imprenditori, delle ong. Questa fase è stata bloccata per oltre un anno dalla pandemia che ha fatto rinviare la visita al gennaio 2022. Allora i valutatori incontreranno anche i magistrati della Procura e del Tribunale di Milano, che sono stati coinvolti nei processi (finiti con assoluzioni) per le presunte corruzioni di Eni in Algeria, Nigeria, Congo.
La pagella finale dell’Italia, se tutto andrà senza altri rallentamenti, sarà pronta nell’ottobre successivo. Il metodo della valutazione reciproca ha portato il nostro Paese, in coppia con la Svizzera, a fare l’esame nel 2012 alla Francia e nel 2018, in coppia con la Finlandia, alla Corea. La valutazione finale della Francia fu severa: soprattutto per la mancanza d’indipendenza dal potere politico dei magistrati d’accusa francesi. Questa volta tocca a noi essere valutati e gli esaminatori saranno gli Stati Uniti e la Germania. Il nostro esame precedente avvenne nel 2011 (giudici l’Australia e la Germania) e il giudizio fu critico: proprio a causa della prescrizione che azzerava migliaia di processi, anche per corruzione internazionale.
Qual è l’oggetto della valutazione? L’attuazione della Convenzione Ocse del 1997, che impegna gli Stati membri a perseguire la corruzione attiva internazionale, cioè quella commessa da propri cittadini nei confronti di funzionari stranieri, nell’ambito di transazioni d’affari internazionali. Entrando nell’Ocse, ogni Stato s’impegna a indagare e condannare i propri cittadini e le persone fisiche e giuridiche che pagano tangenti all’estero, in modo tale che nessun Paese possa avere negli scambi internazionali un indebito “vantaggio competitivo” criminale. È sulla spinta dell’Ocse che l’Italia ha introdotto la legge 231 che punisce anche le aziende i cui funzionari compiono atti di corruzione.
I risultati delle valutazioni del Wgb sono spesso sorprendenti: il gruppo Ocse ha bacchettato Paesi considerati a basso tasso di corruzione interna, come la Svezia, la Finlandia, il Canada, il Giappone, perché il giudizio è, appunto, sulla corruzione negli affari con l’estero. La nostra pagella riguarderà la quarta fase delle valutazioni previste dal Gruppo di lavoro sulle tangenti. Nella prima, si appura l’esistenza di leggi nazionali utili a contrastare la corruzione internazionale. Nella seconda, si valuta la messa in atto di quelle leggi. Nella terza, si constatano le attività concrete che i Paesi hanno sviluppato per bloccare le tangenti negli affari all’estero. La quarta fase, quella finora più matura, verifica lo stato dell’arte in ciascuno dei Paesi valutati. Ora tocca all’Italia.