Luca Bernardo, il pediatra con la pistola
Conoscevamo molte facce del multi-sfaccettato Luca Bernardo, candidato sindaco del centrodestra a Milano. Conoscevamo il Luca Bernardo amico di Nicole Minetti, da lui chiamata a fare “l’angelo custode” della Casa pediatrica dell’ospedale Fatebenefratelli, quando l’infaticabile organizzatrice delle feste del bunga-bunga ad Arcore era già indagata per favoreggiamento della prostituzione.
Conoscevamo il Luca Bernardo impegnatissimo a cercare visibilità sui media per raccontare al mondo le meraviglie del pediatra capace di creare al Fatebene (con soldi regionali ma anche tante donazioni private) un reparto coloratissimo per i bambini; e per piazzare in tv e sui giornali se stesso come esperto di bullismo, che è un argomento di cui i media sono ghiotti. Conoscevamo il Luca Bernardo politico, con saldi rapporti nell’area che va da Forza Italia al centro cattolico, importante e influente in Lombardia nel mondo della sanità pubblica.
Conoscevamo il Luca Bernardo grande amico di Fabio Altitonante, uno dei politici più citati (ma mai indagato) nelle indagini antimafia milanesi per i suoi rapporti con personaggi a loro volta in contatto con i boss calabresi della ’ndrangheta attivi in Lombardia.
Ma non conoscevamo il Luca Bernardo pediatra con la pistola. Questa proprio ci mancava. Ce lo ha rivelato un suo collega pediatra, Michele Usuelli, ora consigliere regionale nel gruppo +Europa/Radicali: “Bernardo gira con la pistola in corsia. Non è un pettegolezzo: è una cosa nota nel mondo della pediatria milanese”. Il candidato sindaco, dopo qualche tentennamento, ammette: “Sì, ho portato la pistola in ospedale. Ma non sono mai entrato in corsia con un’arma, nel mio reparto non ci sono neanche armi giocattolo. Ci sono i clown che fanno ridere i bambini in terapia, ma mai nessuno si è vestito da sceriffo”. Poi ha spiegato: “Ho il porto d’armi da difesa, ce l’ho da circa dieci anni, come la maggior parte dei medici”.
Ora, io non so voi, ma conosco molti medici e nessuno gira armato, né ha il porto d’armi. A che cosa dovrebbe servire, la pistola, ad affrontare i pazienti infuriati, o – per un pediatra – a difendersi dai genitori inferociti dei bambini malati? È una domanda che genera altre domande: dieci anni fa, quando il dottor Bernardo si è procurato il porto d’armi, è stato minacciato? È bene che gli elettori milanesi, prima di scegliere a chi dare la preferenza come sindaco, sappiano: da chi è stato minacciato? Per quali motivi? Riguardavano la sua vita professionale o le sue relazioni? Ha denunciato le minacce alle autorità? Aspettiamo le risposte: è impensabile che chi si candida a guidare una grande città abbia zone d’ombra in campi così delicati.
Ps. Chiuso questo articolo, ci viene un dubbio, un pensiero clandestino. Un lampo. Non è vero niente. Il dottor Luca Bernardo non gira con la pistola. Non sa neppure com’è fatta. Non ha mai chiesto il porto d’armi e non ha mai frequentato il poligono di tiro.
Ha inventato questa storia che scandalizza i milanesi pacifici e che odiano la violenza, su consiglio di un geniale spin doctor russo che vuole dargli un’immagine meno esangue, meno salottiera e più maschia, per fargli conquistare i voti del popolo di centrodestra che apprezza, per esempio, le gesta dell’assessore alla sicurezza leghista di Voghera Massimo Adriatici il quale, coerente con il suo mandato, ha sparato al cittadino marocchino Youns El Bossettaoui.
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