Chi contenderà a Giuseppe Sala, nelle elezioni di maggio-giugno, la poltrona di sindaco di Milano? Alla sua destra si è mossa una vorticosa girandola di nomi, i tramontati Giulio Gallera e Alberto Zangrillo, i ritornanti Gabriele Albertini e Letizia Moratti, gli immarcescibili Silvio Berlusconi e Maurizio Lupi, i pirotecnici Franco Baresi e Morgan, gli accademici Ferruccio Resta e Paolo Veronesi e poi, via via, Flavio Cattaneo, Alessandro Galimberti, Gianmarco Senna, Luigi Santa Maria, Simone Crolla, fino allo sconosciutissimo Roberto Rasia dal Polo. Già da questo elenco (incompleto) capite che a destra non sanno ancora che pesci pigliare.
A sinistra, invece, si è già consumato un tradimento: quello dei Verdi, che (come l’area Sel e Leu) hanno rinunciato a correre da soli almeno al primo turno, per rincantucciarsi subito al calduccio di una delle tante liste-stampella di Sala, in scia dietro la lista civica “Beppe Sala Sindaco” capitanata nientemeno che da Emmanuel Conte (figlio di Carmelo Conte, uno dei “quattro vicerè di Napoli”, insieme a Paolo Cirino Pomicino, Giulio Di Donato e Francesco De Lorenzo), finora noto solamente per aver proposto di dedicare una via di Milano a Bettino Craxi.
Mancherà a sinistra Basilio Rizzo, storica e autorevole voce dell’opposizione che ha deciso di non ricandidarsi, dopo 38 anni di presenza ininterrotta sui banchi del Consiglio comunale. La sua area di riferimento ha così deciso di candidare Gabriele Antonio Mariani, architetto-ingegnere, che si propone di costituire una “larga coalizione rosso-verde” che dia voce alle 21 associazioni di cittadini riunite nella Rete dei Comitati milanesi.
Basta scorrerne l’elenco per capire quale potrà essere il programma della lista. C’è il Coordinamento San Siro che si oppone all’abbattimento del Meazza e al nuovo cemento che potrebbe crescere nel quartiere se Sala accetterà il progetto di Milan e Inter. C’è il comitato Baiamonti Verde Comune che vuole conservare a parco l’area destinata a essere occupata dalla seconda “piramide” di Herzog e De Meuron, simmetrica a quella della Fondazione Feltrinelli, che Sala (per farla digerire ai cittadini) ha proposto diventi sede del museo della Resistenza: partisanwashing.
C’è il gruppo Salviamo Città Studi che si oppone al trasferimento delle facoltà scientifiche dell’Università Statale nell’area Mind ex Expo. Ci sono i cittadini di Salviamo il Parco Bassini contro i progetti di Comune e Politecnico sull’area verde che dovrebbe scomparire per far posto a un ennesimo edificio. C’è il comitato La Goccia che vuole salvare il parco sui terreni dei gasometri alla Bovisa, e quello Cittadini per Piazza d’Armi che non vuole nuovo cemento sulle aree ex militari di Baggio.
L’elenco è incompleto, ma evidenzia già tre elementi.
Primo: c’è a Milano una cittadinanza attiva, minoritaria ma vivace, che si ribella ai progetti immobiliari che continuano a far crescere il consumo di suolo e l’inquinamento atmosferico.
Secondo: nella città di Sala lo sviluppo immobilare, spesso realizzato da investitori esteri poco trasparenti, è pressoché l’unico motore proposto per la crescita, in una metropoli in cui continuano ad aumentare le disuguaglianze.
Terzo: i proclami verdi di Sala, con corredo di “Forestami”, fiumi verdi, boschi verticali, torri botaniche, biblioteche degli alberi e ponti serra, si rivelano una forma raffinata di greenwashing, a fronte di progetti che intendono cementificare 3 milioni di metri quadrati (Mind, Scali Fs, San Siro e via costruendo).
Ci sarebbe di che riflettere, per costruire un’idea meno stantia di sviluppo e un progetto meno marketing oriented di governo della città.