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Milano dica grazie a Basilio Rizzo, oppositore gentile

Milano dica grazie a Basilio Rizzo, oppositore gentile

Come faremo a capire i giochi sotterranei di Palazzo Marino, senza Basilio Rizzo dentro il Consiglio comunale di Milano? Ha annunciato che non si ricandiderà, dopo 38 anni di ininterrotta presenza sui banchi consiliari, sempre all’opposizione, sempre a controllare con passione e con puntiglio ogni delibera, ogni decisione, ogni scelta dei sindaci e degli assessori che si sono via via succeduti. Lo ha già ricordato, sulle pagine del Fatto quotidiano, Nando dalla Chiesa, che con lui ha condiviso tante battaglie.

Entrò in Consiglio nel 1983, eletto sotto il simbolo di Democrazia proletaria. Nei quasi quattro decenni seguenti, i simboli e le sigle sono cambiate tante volte (Verdi Arcobaleno, Lista Dario Fo, Sinistra per Pisapia, Milano in Comune…), ma Basilio è sempre restato Basilio, più forte delle sigle con cui veniva eletto, sempre il punto di riferimento per chi voleva capire che cosa stessero combinando nei retrobottega della politica, nei meandri dell’amministrazione.

Arrivava prima dei magistrati a scoprire scandali e ruberie. Facendo una cosa semplice e difficile che politici e amministratori ormai fanno malvolentieri: passare più tempo a controllare atti e documenti che a stare in tv e sui social. Schivo, modesto, competente, l’esatto opposto dell’uomo politico narcisista e tronfio che oggi conquista i talk show.

Negli anni Ottanta del craxismo e della Milano da bere produce denunce che anticipano Mani pulite e rivelano quella che sarà poi chiamata Tangentopoli. È tra i pochi a segnalare l’ascesa di Salvatore Ligresti, che in quegli anni, con il sostegno della giunta di centrosinistra, diventa uno dei padroni di Milano. Non molla mai l’osso. Controlla le scelte di tutti i sindaci, si chiamino Carlo Tognoli e Paolo Pillitteri, socialisti, o Gabriele Albertini e Letizia Moratti, berlusconiani.

L’unica volta che sostiene un sindaco, Giuliano Pisapia, e diventa presidente del Consiglio comunale, lo fa con grande rispetto delle istituzioni e delle opposizioni; e quando non è d’accordo con la sua maggioranza, lascia lo scranno del presidente e torna a sedersi al suo posto di sempre in Consiglio.

Critico anche con il successore di Pisapia, Giuseppe Sala, che ha sfidato nel 2016  candidandosi contro di lui al primo turno. Oggi conferma di non capire l’accordo che i Verdi hanno già stretto con Sala: “Non so su che basi sia stato trovato: per quanto il sindaco si dica attento alle tematiche ambientali, quello che ha fatto in questi cinque anni dice il contrario; per quanto riguarda il verde, Sala non ha realizzato quello che ha propagandato”.

Viene dalla periferia del Giambellino, Basilio, come il Cerutti Gino cantato da Giorgio Gaber. Cresce però nella centralissima via San Paolo e frequenta l’asilo di via della Spiga, perché nell’immediato dopoguerra erano le famiglie più povere – la sua era di immigrati arrivati a Milano dalla Calabria – ad abitare le case danneggiate dai bombardamenti nel centro di Milano. Poi torna in periferia, studia e va all’università. Nel 1968 è studente di Fisica, partecipa al Movimento studentesco di Scienze e ai Cub, poi ad Avanguardia operaia e infine a Democrazia proletaria.

Per anni insegna elettrotecnica all’Istituto tecnico Ettore Conti di Milano. Ha sempre fatto politica. “Rubando tempo alla mia famiglia”, dice, “mia moglie Marta e i miei figli Lorenzo e Cecilia”. Ora – promette – “è arrivato il momento di lasciare il passo, non sarò più in prima fila, ma il mio impegno proseguirà in altre forme”. Milano dovrebbe essergli grata: ha contribuito a renderla adamantina nei suoi momenti più luminosi, con la sua opposizione gentile le ha restituito l’onore nei suoi momenti più bui. Chi prende il suo testimone a Palazzo Marino?

 

Nella foto, Basilio Rizzo con Nando dalla Chiesa e Giovanni Colombo alla testa di una manifestazione a Milano in sostegno di Mani pulite, il 12 maggio 1992.

Il Fatto quotidiano, 28 gennaio 2021
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