I cinque processi che ancora inseguono Berlusconi
Chi l’avrebbe mai detto, che l’Archivio Mario Botta di Mendrisio, in Svizzera, dove sono conservati i disegni del Maestro, potesse diventare d’interesse non soltanto per studiosi d’architettura, ma anche per investigatori a caccia di corpi di reato? La villetta disegnata da Botta a Bernareggio, nei pressi di Monza (valore 1,1 milioni di euro), è – secondo il procuratore aggiunto di Milano Tiziana Siciliano e il sostituto Luca Gaglio – una parte del prezzo della corruzione con cui Silvio Berlusconi ha convinto Barbara Guerra (e Alessandra Sorcinelli, sua vicina di casa in una villa gemella) a tacere e a mentire davanti ai giudici a proposito delle “cene eleganti” di Arcore.
Per questo il leader di Forza Italia è imputato di corruzione giudiziaria nel processo chiamato Ruby ter, insieme a 28 tra ragazze e testimoni. È uno dei cinque procedimenti giudiziari in cui Berlusconi, tornato oggi protagonista della politica, è ancora coinvolto. A Milano, Roma, Siena, Bari e Firenze.
Chi scrive l’ha sentito con le sue orecchie: in una pausa del processo Ruby 1, Berlusconi proclama sornione: “Quando uno ha una barca, non si deve preoccupare di quanto gli costa l’equipaggio”. Ciurma costosa e vita complicata, per il processo Ruby 3. È nato dal Ruby 1, si è moltiplicato per sette ed è poi diventato uno e trino: si svolge oggi a Milano, ma anche a Roma e a Siena.
Lo avvia la Procura milanese nel 2014, dopo che l’ex presidente del Consiglio è stato assolto nel processo Rubi 1 per concussione e prostituzione minorile. I giudici assolvono, ma mandano alla Procura una montagna di testimonianze che ritengono false. Infatti, secondo le prove raccolte dai pm, sono state rese in aula in cambio di soldi o generosi regali elargiti da Berlusconi.
È così che nascono i racconti delle “cene eleganti” del 2010, conviviali, allegre, forse un po’ burlesque, ma senza sesso vero, senza balli erotici, toccamenti e travestimenti troppo stravaganti. Ben altra storia raccontano le poche ragazze che non si sono fatte comprare, e anche tutte le altre, nelle intercettazioni captate dagli investigatori. Nel 2016, Silvio Berlusconi viene rinviato a giudizio per corruzione in atti giudiziari. In compagnia di una trentina di testimoni accusati di concorso nel suo stesso reato o di falsa testimonianza.
Ma il giudice dell’udienza preliminare, Laura Marchiondelli, accogliendo almeno in parte le richieste delle difese, decide di “spacchettare” il processo, di dividerlo in sette procedimenti, mandando le carte, per competenza territoriale, a sette diversi tribunali, nelle sette città dove si sarebbero consumati i reati contestati (cioè i pagamenti di Silvio ai testimoni): Torino, Pescara, Treviso, Roma, Monza, Siena. Oltre Milano, naturalmente, dove restano imputate 16 persone di concorso in corruzione (tra cui la ragazza da cui tutto iniziò, Ruby Rubacuori, ovvero Karima El Mahroug), con altre sette a cui è contestata solo la falsa testimonianza.
Traslocano così a Torino il processo a Roberta Bonasia, una delle ragazze partecipanti alle feste. A Roma quello a Mariano Apicella, il cantante che allietava le cene eleganti: ha ricevuto 157 mila euro da Berlusconi. E a Siena quello a Danilo Mariani, il fedele e silenzioso pianista delle serate del bunga-bunga: a lui il generoso ex presidente del Consiglio ha effettuato bonifici per circa 170 mila euro in tre anni, dal 2011 al 2013. Trasferiti anche i dibattimenti di Elisa Toti e Aris Espinosa, a Monza; Miriam Loddo, a Pescara; Giovanna Rigato, a Treviso. C’è stato un momento in cui per seguire i processi del bunga-bunga ci voleva Google Maps.
Poi è successo che la Procura di Milano – con quei due pm, Siciliano e Gaglio, che non mollano l’osso – ha scoperto che ad alcune ragazze (Elisa Toti, Aris Espinosa, Miriam Loddo, Giovanna Rigato) i pagamenti (oltre 400 mila euro) sono continuati fino al novembre 2016. A pagare era l’inappuntabile ragionier Giuseppe Spinelli, il portafogli vivente di Berlusconi, il bancomat umano delle sue ragazze. E le pagava nel suo ufficietto di Milano.
Così a Milano sono tornati i processi di Pescara, Treviso e Monza. E anche quello di Torino, perché l’appartamento dove Bonasia ha abitato gratis dal 2008 al 2016 era al ventiduesimo piano della Torre Velasca, altra icona architettonica di Milano. Sono dunque rimasti a Roma e Siena soltanto i dibattimenti musicali per Apicella e Mariani.
Oggi, a distanza di anni, il processo romano è ancora alle prime battute. La pandemia ha rallentato tutti i processi, anche quelli a Berlusconi, che a settembre si è ammalato di Covid-19. Dopo qualche udienza di smistamento, il dibattimento entrerà nel vivo il prossimo 15 dicembre. Il processo di Siena dovrebbe invece arrivare a sentenza a gennaio, dopo che la pm Valentina Magnini ha chiesto per il pianista Danilo Mariani una condanna a 4 anni e 6 mesi per falsa testimonianza; e a 4 anni e 2 mesi per Berlusconi, che ha promesso di venire a rilasciare dichiarazioni spontanee nell’udienza del 14 gennaio.
Al processo di Milano, Barbara Guerra minaccia di venire a testimoniare contro Silvio nell’udienza prenatalizia del 21 dicembre, mentre in quella del 27 gennaio sarà di scena l’ineffabile ragionier Spinelli, quello che poverino doveva affrontare le ragazze e le loro inesauribili richieste.
Berlusconi è imputato ancora anche a Bari, prossima udienza 22 gennaio. È accusato di aver indotto un possibile testimone a mentire ai magistrati baresi, a suon di soldi: è Gianpaolo Tarantini detto Gianpi, l’intraprendente imprenditore pugliese che forniva ragazze a pagamento per le feste romane e sarde di Berlusconi.
A Firenze l’indagine più delicata: sulle stragi di mafia del 1993. La Procura fiorentina, che deve far luce sulla stagione stragista dei primi anni Novanta, ha di nuovo iscritto sul registro degli indagati Berlusconi e Dell’Utri, per verificare le parole pronunciate in carcere (e intercettate) dal boss di Cosa nostra Giuseppe Graviano, gran regista delle bombe scoppiate “in continente”, a Firenze, Roma e Milano, nel 1993.
“Berlusconi mi ha chiesto questa cortesia, per questo c’è stata l’urgenza”, diceva Graviano nel 2016, intercettato, al suo compagno dell’ora d’aria, il camorrista Umberto Adinolfi. “Lui voleva scendere, però in quel periodo c’erano i vecchi”, spiegava Graviano. “E lui mi ha detto: ci vorrebbe una bella cosa”. Poi sbottava: “Trent’anni fa, venticinque anni fa, mi sono seduto con te, giusto? Ti ho portato benessere. Poi mi è successa una disgrazia, mi arrestano, e tu cominci a pugnalarmi. Per cosa? Per i soldi, perché ti rimangono i soldi”. A Silvio rimangono anche il potere politico, le alleanze. E cinque processi.