Vaticano chiama Milano: quattro indagini sul finanziere Torzi
Un poker d’indagini e una rogatoria arrivata dal Vaticano: anche la Procura di Milano entra nella partita delle inchieste che stanno scuotendo la Santa Sede. Sotto la lente dei magistrati milanesi è finito uno dei finanzieri protagonisti degli affari promossi da monsignor Giovanni Angelo Becciu e dai suoi collaboratori presso gli Affari generali della Segreteria di Stato vaticana. È quel Gianluigi Torzi che nel 2018 sostituisce Raffaele Mincione, altro mago della finanza offshore, nella gestione dell’ormai famoso palazzo di Londra al numero 60 di Sloane Avenue, fonte – secondo gli investigatori vaticani – di perdite milionarie.
Ci sono ben quattro fascicoli sugli affari di Torzi aperti a Milano sulle scrivanie di quattro diversi sostituti procuratori, per reati che vanno dalla truffa alla bancarotta. Il più antico, di molto precedente alle indagini vaticane, riguarda il crac di Banca Mb, saltata nel 2012. Il più recente, aperto a luglio, nasce invece da una rogatoria inviata dal Vaticano. Riguarda proprio il ruolo di Torzi nella gestione dell’immobile londinese, ex sede dei magazzini Harrods.
Le due indagini milanesi hanno un personaggio in comune: l’avvocato Nicola Squillace, con studio a Milano, a un indirizzo un tempo molto noto, quello dello studio Libonati-Jaeger, fondato dal suocero di Squillace, Pier Giusto Jaeger. Squillace è stato in passato indagato proprio per la bancarotta Mb, come poi anche Torzi. Oggi invece i magistrati stanno cercando di ricostruire le operazioni dalla Gutt sa, società lussemburghese di Torzi che viene alla ribalta nel 2018. Il 15 agosto di quell’anno, Becciu viene rimosso dal suo incarico e mandato a pensare ai beati, come prefetto della Congregazione delle cause dei santi.
Lo sostituisce agli Affari generali della Segreteria di Stato l’arcivescovo venezuelano monsignor Edgar Peña Parra. Nel novembre del 2018, il nuovo arrivato mette alla porta Mincione, accusato di aver provocato pesanti perdite alle finanze vaticane. A prendere il suo posto arriva Torzi con la Gutt. Lo assiste, da Milano, l’avvocato Squillace. Ora l’indagine della Procura milanese, in risposta alla rogatoria vaticana, dovrà ricostruire l’operazione per i promotori di giustizia Giampiero Milano e Alessandro Diddi, i “pm del papa”, fornendo loro anche i documenti sequestrati a Squillace.
Torzi era entrato nell’operazione a fine 2018, quando la Santa Sede aveva cercato di venire in possesso del palazzo londinese, liquidando con 40 milioni le quote del fondo Athena Capital Global Opportunities di Mincione, che aveva avviato con Becciu l’affare di Sloane Avenue nel 2014. Torzi, entrato in partita, aveva ceduto al Vaticano 30 mila azioni della Gutt senza diritto di voto, tenendo per sé 1.000 azioni con diritto di voto, che gli avevano permesso di mantenere il controllo del palazzo. Per cederle al Vaticano aveva chiesto 30 milioni, ma ne aveva ottenuti solo 15. Poi, il 5 giugno, era stato arrestato dalle autorità vaticane, con l’accusa di estorsione.
Si fa ora strada l’ipotesi che i 30 milioni chiesti al Vaticano servissero a Torzi per chiudere un’operazione con la Popolare di Bari. È quella raccontata dal Fatto quotidiano nel luglio 2019: Vincenzo De Bustis, allora consigliere delegato della banca pugliese, aveva annunciato l’arrivo di titoli per 30 milioni sottoscritti da una società maltese, la Muse Ventures Ltd, fondata da Torzi con un capitale di soli 1.200 euro.
I 30 milioni non arrivano a Bari. In compenso, arrivano gli allarmi del servizio antiriciclaggio della Popolare di Bari, che sottolineano la “sproporzione tra i mezzi propri del sottoscrittore” (la Muse) “e l’importo della sottoscrizione dei titoli”; rilevano che “l’anagrafica e l’identificazione della società in discorso”, cioè la maltese Muse di Torzi, “risultano incomplete, essendo carenti le informazioni relative al titolare effettivo e al codice fiscale”; e che l’amministratore di Muse, Gianluigi Torzi, insieme al padre Enrico, è presente “nelle liste mondiali di bad press (WorldCheck) per diverse indagini a suo carico”. L’operazione con questo personaggio è classificata “ad alto rischio” e con “evidenza antiriciclaggio negativa”. Bloccato a Bari, Torzi ci prova comunque a Roma. Ora i nodi vengono al pettine a Milano.
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