Cosa succederà a Milano? Il (possibile) gran rifiuto di Sala e le scelte del Pd
Ci vuole un bambino o un incosciente o uno spirito libero per gridare: “Il re è nudo!”. In questo caso il grido è stato: “Sala è nudo!”, nel senso che non si vuole ricandidare come sindaco di Milano e sta cercando da tempo una via d’uscita. Vuole trovare un’alternativa e, dopo aver fatto per cinque anni il lavoro più faticoso e meno pagato di tutta la sua carriera, cambiar vita. L’abbiamo scritto sul Fatto quotidiano il 18 agosto. Ci aspettavamo secche smentite. Invece soltanto un senatore milanese del Pd, evidentemente poco informato, ha reagito scrivendo che l’articolo del Fatto era “vergognoso” e “offensivo” e che attribuiva a Giuseppe Sala “losche trame”.
L’articolo, in verità, si limitava a indicare il sogno di Sala: lasciare Palazzo Marino per andare a guidare la nuova società pubblica che potrebbe nascere da Tim e Cassa Depositi e Prestiti per controllare e sviluppare la rete di telefonia italiana, separandosi dalla società che gestisce il servizio telefonico. È il progetto che piace tanto anche a Beppe Grillo, che Sala è andato a incontrare il 10 agosto, nella sua casa al mare di Marina di Bibbona.
Mentre il senatore indignato smentiva, Sala, in una entusiastica intervista che Repubblica gli cuciva addosso come un vestito su misura, il 20 agosto confermava il suo interesse per le strategie delle telecomunicazioni italiane e ammetteva di averne parlato con Grillo, negando soltanto – e ci mancherebbe – di essere andato da lui a chiedergli un posto: “Ci confrontiamo a tutto campo sui temi dell’ambiente, delle reti, dello sviluppo digitale, che m’interessano molto. Oggi più che mai servono infrastrutture e servizi che portino a una vera evoluzione nell’istruzione, nella telemedicina, nella sicurezza. Il digitale non può e non deve essere solo e-commerce e social media!”.
“Sala è nudo!”: nessuno, attorno a lui (a parte il senatore disinformato), si è stupito che un giornale raccontasse la sua voglia di cambiare mestiere. Nei palazzi della politica la cosa era nota, benché indicibile. Ora tutti si predispongono ad aspettare le sue decisioni. Sceglierà in base alle alternative che si presenteranno, alle strade che troverà praticabili. Quella di manager della nuova Tim delle reti è la prospettiva più allettante, ma anche la più complicata e difficile da realizzare. Due giorni dopo l’articolo del Fatto, l’amministratore delegato di Tim Luigi Gubitosi si è precipitato a dichiarare che Tim non ha alcuna intenzione di privarsi della rete (senza la quale è una società finita).
In attesa che la politica trovi la soluzione per il sistema delle telecomunicazioni italiane, Sala resta interessato a fare, perché no, il ministro, in un eventuale rimpasto di governo. Ambisce a un ruolo di leader politico nazionale, anche se non sa se fare il Luca Zaia dem (alla guida del Pd del Nord) o il Carlo Calenda green (con già una piccola truppa, il parlamentare europeo Massimiliano Smeriglio, l’ex cinquestelle Lorenzo Fioramonti, l’ex Leu Rossella Muroni).
Intanto gongolano i giovani dem milanesi, convinti che sia ora di restituire Palazzo Marino al partito, dopo i papi stranieri Pisapia e Sala. I due Pier, Pierfrancesco Majorino e Pierfrancesco Maran, si stanno preparando da tempo alla disfida dei quarantenni per conquistare la poltrona di sindaco. Dovrebbero essere più cauti e ascoltare i molti che, attorno a loro, sono invece preoccupati e tremano per le inquietudini esistenziali e le irrequietezze politiche di Sala, perché vedono che il ciclo positivo per la sinistra iniziato con Giuliano Pisapia è ormai esaurito, come esaurita è la narrazione trionfale della Milano di Expo. E dunque fanno una previsione cupa ma realistica: il prossimo sindaco potrebbe essere non del Pd, ma del centrodestra.
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