Enzo Baldoni torna a Milano. Lo sapremo risarcire dagli insulti di Feltri, Farina & C?
Martedì prossimo, 23 giugno, Enzo Baldoni tornerà nella sua città, la Milano che amava. Pubblicitario, pacifista, giornalista free lance, nell’agosto 2004 era in Iraq per raccontare sul settimanale Diario la guerra in corso dopo l’abbattimento del regime di Saddam. Fu sequestrato e ucciso dai ribelli islamici che combattevano l’occupazione americana. Il suo corpo restò disperso fino al 2010, quando i suoi resti furono riportati in Italia e sepolti in Umbria, dove vivevano il padre e i fratelli.
Ora la moglie Giusi Bonsignore e i figli Gabriella e Guido lo riportano a Milano, al cimitero Monumentale. In attesa che il sindaco Giuseppe Sala decida di collocarlo al Famedio, come chiede la famiglia, e di dedicargli una via, come si era impegnato a fare il suo predecessore Giuliano Pisapia.
Enzo fu rapito mentre stava tornando a Baghdad alla testa di un convoglio della Croce rossa che aveva contribuito a organizzare per portare aiuti alla città assediata di Najaf. Fu il primo su cui si esercitò la disumana ironia di giornalisti come Vittorio Feltri, che sotto titoli come “Vacanze intelligenti” e “Il pacifista col kalashnikov” lo descrisse come “un pirlacchione” alla ricerca di emozioni forti. Maurizio Scelli, allora commissario della Croce rossa, riuscì a dire che Enzo, che viaggiava sotto quella che fino allora era ritenuta la più sicura delle bandiere, quella della Croce rossa, “era in giro alla ricerca di scoop”.
Dopo la sua morte, il 26 agosto, la denigrazione orchestrata dai servizi segreti, inquinati dalla cricca di Pio Pompa, si trasformò in intossicazione informativa: i giornali, sotto dettatura, scrissero di un video (inesistente) in cui Baldoni si ribellava ai suoi rapitori, finendo ucciso, proprio mentre gli uomini del Sismi “si dannavano per salvarlo”. “Un’autorevole fonte dei servizi segreti” racconta all’Ansa che la liberazione di Enzo sembrava cosa fatta, ma poi “tutto è precipitato per un fatto imprevedibile avvenuto in loco”. Chissà quale.
Renato Farina, nome in codice “Betulla”, è più fantasioso, riesce a descrivere il video che non ha visto e che non c’è: “Verso le 18 di giovedì, alla scadenza dell’ultimatum, Enzo viene bendato… Baldoni si strappa la benda, getta la kefiah palestinese che gli avevano messo indosso. E si batte… Mentre Enzo si contorce e grida, gli sparano alla schiena, alla testa”. Poi l’efficienza di Scelli, che si era affidato mani e piedi a un ex ufficiale di Saddam, Abu Karrar, si dimostrò nella ricerca del corpo: i resti furono consegnati alla famiglia soltanto sei anni dopo, dai carabinieri del Ros. Ora Enzo torna finalmente a Milano.
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