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I fascisti vogliono rubare la festa della Liberazione

I fascisti vogliono rubare la festa della Liberazione
di Furio Colombo /

Mettetevi nei panni di un fascista. Quando arriva, dovunque arrivi, anche in un Parlamento democratico, porta con sé la Shoah e i suoi morti (milioni). Porta una identificazione totale con il progetto di sterminio più grande nella storia, fino a quel momento, che alcuni di noi hanno visto mentre avveniva, mentre erano proclamate all’unanimità (al grido di duce, duce) leggi folli firmate da un re traditore dei suoi cittadini, in un Paese popolato di spie infiltrate nelle scuole e nelle fabbriche, segnato da arresti ed espulsioni, persone che scomparivano, deportazioni di adulti, vecchi, bambini, malati.

Se occorreva, falsi scienziati onorati da tutti pubblicavano “manifesti per la difesa della razza”. Mussolini, il capo e complice della strage, aveva esplicitamente detto “al popolo” che gli italiani ebrei non erano italiani, spiegandolo e argomentandolo come se fosse vero. Pensateci bene: ogni fascista che vi compare davanti rappresenta, come se ne fosse il console, l’orrore di Auschwitz.

È un fatto repellente. Ma non è tutto. Fascista è chi ha ucciso uno per uno i suoi avversari, dal massacro a botte di Gobetti al corpo esanime di Matteotti, al delitto, tramite sicari, dei fratelli Rosselli, alla strage delle Fosse Ardeatine, organizzata in fretta ma con molta attenzione, ai militari antifascisti, agli avversari politici, ai cittadini ebrei.

Mentre i nuovi candidati al fascismo fanno il saluto romano, stanno dicendo: le Fosse Ardeatine siamo noi. E siamo noi quelli che hanno riempito di morti, fucilati e impiccati le città e le campagne italiane, come la migliore letteratura italiana, con i suoi nomi più grandi, non ha smesso di ricordare. E allora è naturale essere imbarazzati quando, per coloro che hanno tentato di assassinare l’Italia, arriva la data del 25 aprile. Bisogna inventarsi una storia e far finta che sia la Storia. Hanno provato col negazionismo.

Ma il negazionismo è stato respinto dal mondo libero persino con leggi che prevedono espulsioni e condanne e divieto di insegnamento. Lo squallido gioco si arrotola su se stesso quando i fascisti tentano contemporaneamente due mosse.

La prima, come tutti gli assassini, è “non siamo stati noi”, negando decisioni, discorsi, azioni e celebrazioni di Mussolini, che sono invece pezzi tetri e definitivi della storia italiana. La seconda è il tornare a mostrare svastica, pugnale e saluto nazi-romano sia come beffa dei morti e dei sopravvissuti, sia come preannuncio di un imminente ritorno.

Alla formula si aggiunge l’espediente penoso del tricolore, sventolato come simbolo di una celebrazione congiunta e comune. Sventolare la bandiera come se i caduti dalla fucilazione di massa di Cefalonia e i cittadini selezionati dai collaboratori italiani del capitano Priebke alle Fosse Ardeatine potessero fare causa comune e celebrazione congiunta. Basta divisioni.

Questa proposta di “liberazione insieme” di torturati e torturatori, è una squallida trappola come se fosse naturale usare il tricolore come la bandiera del razzismo. I fascisti stanno cercando una nuova strategia: rubare la festa della Liberazione, che è ancora ricordata da alcuni come una vittoria, e sostituirla con una immensa cerimonia funebre. Si tratta di inventare, col pretesto del tricolore che dovrebbe legare tutti i vivi, una festa di tutti i morti, dalla massa di soldati sacrificati alla inettitudine di un re incapace nel 1915, alle guerre coloniali, alla guerra alla Francia, Inghilterra, all’America, alla Russia, alla guerra di Liberazione, come se tutto l’immenso massacro fosse l’impegno congiunto e patriottico di Sandro Pertini e del capitano Priebke, del quotidiano l’Unità di Gramsci e del periodico La difesa della razza, di Telesio Interlenghi.

Ti dicono, ultimo inganno dalle finestre del vicepresidente del Senato: metti la bandiera italiana alla finestra e dichiara che stai celebrando tutti i morti italiani, dalle guerre ai contagi. Se rifiuti, suggeriscono, sei con i comunisti e contro la patria. È falso.

Il fascismo, come mostra ogni libro di storia, non è un’opinione, è un reato grave e continuato commesso in Italia in stretto legame con gli invasori tedeschi, e ripetuto in Europa da volonterosi complici fascisti. È giusto fare la pace, 75 anni dopo tanta guerra. Ma con chi? Non tanti se la sentono di mandare al macero Lettere di condannati a morte della Resistenza che alcuni di noi ricordano di avere letto pochi anni dopo il Giorno della Liberazione. È ancora il nostro libro e il libro di molti italiani…

L’illustrazione è tratta da “Maus”, di Art Spiegelman

Il Fatto quotidiano, 26 aprile 2020
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