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Ancora minacce a Gratteri: “La nuova ’ndrangheta, le carceri, il virus”

Ancora minacce a Gratteri: “La nuova ’ndrangheta, le carceri, il virus”

Nuove minacce a Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica a Catanzaro, e misure di protezione più stringenti per evitare il rischio attentati. “Non solo della ’ndrangheta”, ripete.

Chi altri potrebbe avere interesse a eliminarla, per la sua azione antimafia?

Non solo la ’ndrangheta arcaica, che immaginiamo ancora con coppola e lupara, ma la nuova ’ndrangheta che concede a chi è al più alto livello nell’organizzazione, con la “prima dote” del “santista”, la doppia affiliazione, alla ’ndrangheta e alla loggia massonica deviata con dentro i professionisti, che una volta chiamavamo colletti bianchi e che ora sono organici al sistema.

Nelle carceri ci sono state rivolte per la paura dell’epidemia da coronavirus.

Una premessa: da anni sento parlare di sovraffollamento e di condizioni disumane di detenzione. Ebbene: perché mai nessun governo ha fin qui realizzato un piano per costruire quattro carceri in Italia che possano ospitare 5 mila persone? Basta fare un unico progetto, replicarlo in quattro luoghi del Paese e in sei mesi sarebbe possibile porre fine all’affollamento carcerario. È giusto che le persone detenute abbiano spazi adeguati e la possibilità di lavorare e studiare in carcere.

Oggi ai problemi di sempre si è aggiunta la paura del contagio. E c’è il primo morto per Covid-19.

Nelle carceri italiane ci sono 19 persone infettate su 62 mila detenuti. È giusto che si preparino infermerie apposite per i contagiati da Covid-19, ma se questi sono i numeri, mi pare si possa dire che oggi San Vittore o il carcere di Opera a Milano sono più sicuri di piazza Duomo.

La paura dentro gli istituti ha però fatto scoppiare rivolte in diverse parti del Paese.

Uno Stato moderno ed europeo non può permettersi di dare un messaggio di cedimento a chi ha organizzato rivolte, ha fatto danni per milioni, ha usato violenza nei confronti degli agenti della polizia penitenziaria. Non può mostrare di cedere al ricatto e premiare la violenza. Sarebbe, in piccolo, ripetere quello che lo Stato ha fatto dopo le stragi di mafia, quando a molti mafiosi è stato tolto il carcere duro, il 41 bis.

Le rivolte sono scoppiate contemporaneamente in diversi istituti penitenziari.

Indagini sulle organizzazioni criminali ci dicono che in cella entrano cellulari. Questi possono aver permesso di sincronizzare le rivolte. Com’è possibile altrimenti che alle 10 del mattino scoppi una rivolta a Foggia e nello stesso tempo a Modena? Per questo propongo che le carceri vengano schermate, per impedire l’uso di cellulari ai detenuti.

Qualcuno chiede l’amnistia.

Le parole amnistia, indulto, sanatoria, condono dovrebbero essere bandite dal lessico di un Paese civile. Non devono essere impiegati questi strumenti per ovviare alle incapacità di dare risposte vere ed efficaci ai problemi della Pubblica amministrazione e della giustizia.

Dopo l’emergenza virus sarà necessaria una ricostruzione. È prevedibile che vogliano parteciparvi anche le organizzazioni criminali?

Certamente ci proveranno. Per questo ho proposto che i Comuni che riceveranno dal governo fondi da distribuire ai cittadini diano gli elenchi dei beneficiari a carabinieri, polizia e Guardia di finanza, per impedire che i sindaci faccendieri o mafiosi li distribuiscano ai loro amici. Poi l’emergenza coronavirus dovrebbe essere colta come occasione per azzerare il lavoro nero e il caporalato, per strappare alle mafie chi lavora in nero a 30 euro al giorno nelle campagne o nelle pizzerie. Poi, a lungo termine, ci sarà il rischio che gli imprenditori in difficoltà, per ripartire, si affidino agli usurai delle mafie che daranno prestiti facili con l’obiettivo di impossessarsi delle loro attività economiche. Potrebbero essere tentati di ricorrere al falso aiuto mafioso anche quelli della “nuova primavera” che avevano denunciato gli uomini delle cosche. Il rischio è di tornare indietro di 20 anni.

Il Fatto quotidiano, 3 aprile 2020
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