Nardo vs Travaglio. “La prescrizione è civiltà”, “No, è sconfitta dello Stato”
“La prescrizione? Non è una garanzia processuale, le garanzie sono sacrosante. La prescrizione è una catastrofe dello Stato perché nega l’essenza del processo”. Marco Travaglio ha affrontato di petto il confronto con Vinicio Nardo, presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano, che gli era stato proposto da un’associazione di legali, “Italia Stato di diritto”. “Preparatevi, sentirete cose per voi orrende”, ha premesso Travaglio, davanti a una platea composta prevalentemente di avvocati, stipati, e in alcuni momenti vivaci fino alle urla, in una sala del Westin Palace di Milano. “Io dico sempre quello che penso, davanti a ogni platea, non cambio tono a seconda di chi ho davanti”.
“Come ha spiegato il Consiglio superiore della magistratura”, ha risposto Nardo, “la prescrizione è una questione di civiltà. Senza prescrizione ci sarebbe un processo infinito. Non è una garanzia, ma è un istituto di civiltà di un Paese”. Replica immediata di Travaglio: “Di inciviltà di un Paese! Perché si lascia senza verità un processo che è finalizzato a stabilire la verità. Anche quando si parla di ragionevole durata del processo, si presuppone che il processo ci sia, non che muoia”. Travaglio tenta di raccontare l’incredibile corsa a ostacoli del processo Imi-Sir a Cesare Previti e Silvio Berlusconi, le infinite manovre dilatorie messe in atto dagli avvocati per conquistare la prescrizione; e poi tradotte in leggi ad personam dagli stessi avvocati che erano anche parlamentari. Allora nessun legale, nessuna associazione prese la parola per criticare comportamenti scorretti. La platea rumoreggia: non vuole sentire.
Nardo riprende una battuta: “Senza il termine al processo imposto dalla prescrizione, ha ragione chi dice che si sostituirà la sentenza di estinzione del reato per prescrizione con quella per morte del reo”. Ma sono altre, non la prescrizione, le ricette che per Travaglio possono rendere meno lungo i procedimenti. Ci sono in Italia “troppi processi, troppi reati, troppi ricorsi in appello e in Cassazione”. “Non si possono cumulare tutte le garanzie del processo inquisitorio con quelle del processo accusatorio che abbiamo ora”. Il risultato “è il collasso della giustizia”. Dovrebbero crescere i riti alternativi. Dovrebbero essere disincentivati i ricorsi in appello, cancellando il divieto di reformatio in peius (cioè di avere una condanna più alta che in primo grado). E non ha senso il diritto di patteggiare in ogni grado di giudizio, perfino in Cassazione.
“Il problema del processo infinito è anche un problema della vittima, costretta ad aspettare anni per avere una sentenza”, incalza Nardo. Ma le vittime vogliono una sentenza, gli replica Travaglio, non che il processo muoia per prescrizione. “Mai visto un poveraccio prescritto”. E in carcere, in Italia, “i colletti bianchi non ci vanno. La composizione sociale delle carceri italiane oggi è la stessa del 1890”. E ancora: “Strana democrazia liberale, quella degli avvocati che non vogliono ascoltare chi non è d’accordo con loro, che vogliono togliere la parola a Piercamillo Davigo, tanto da chiedere al Csm di non mandarlo all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano”.
Un annuncio in sala allenta la tensione: “Il portafoglio dell’avvocato Vivarelli è all’ingresso”. Ma si torna subito al confronto. Nardo ricorda che per Davigo non tutti gli imputati assolti sono innocenti, alcuni l’hanno solo fatta franca. “È vero, non tutti gli imputati che sono stati assolti non hanno commesso il reato. Freda e Ventura sono stati assolti per la strage di piazza Fontana, ma la Cassazione ha poi detto che hanno compiuto quel reato”. Ma “rifiuto le definizioni di garantista e giustizialista: garantista è Sgarbi?”. “Di razionalità”, conclude Travaglio, “nel dibattito sulla prescrizione in corso in queste settimane ne vedo poca”.