Santificare Craxi: “È come Caravaggio”. E il sindaco Sala scappa
Craxi, condannato e latitante, come Caravaggio, assassino e latitante: se Milano dedica mostre al pittore, perché non una piazza allo statista? L’ardito ragionamento è di Matteo Forte, consigliere comunale del centrodestra, che ha proposto una mozione per intitolare una via, o una piazza, a Bettino Craxi. Ieri il Consiglio si è così inerpicato in un dibattito storico-politico surreale e al di sotto del livello della media dei bar milanesi. “Milano, 20 anni dopo la sua morte, deve fare i conti con un pezzo della sua storia”, dice Forte. Conti esteri, su cui – gli ha ricordato il Cinquestelle Gianluca Corrado – sono stati movimentati 150 miliardi di lire da cassieri personali dell’ex segretario Psi, fuori dalla contabilità del partito.
Ma come dimenticare lo statista? Lo elogiano l’ex craxiano Stefano Parisi (della Lista Parisi), l’ex socialista Franco D’Alfonso (della avversa Lista Sala), tal Emmanuel Conte (della sinistrissima Milano Progressista), Mariastella Gelmini (di Forza Italia). Conte cita a sproposito Gerardo D’Ambrosio (che ha letto sul Foglio). Parisi sentenzia: “Craxi era dalla parte giusta, Berlinguer dalla parte sbagliata”. “E la Milano di oggi”, gli scappa, “è la continuazione della Milano da bere dei anni Ottanta”. A Gelmini non basta una targa, non basta una via, vuole proprio una piazza. Per ricordare “lo statista, il riformista, il gigante in politica estera” (e dimenticare i 23 miliardi di lire che gli furono versati dal fondatore del suo partito, in ringraziamento della legge che lo rese monopolista della tv privata).
Una piazza? È Basilio Rizzo, oppositore in Consiglio già ai tempi della prima Milano da bere, a evocare piazza Duomo. “Una targa in quella piazza ricorderebbe ai cittadini che lì, al numero 19, c’era l’ufficio dove si raccoglievano le tangenti. Dedicare una via o una piazza significa proporre un esempio alla città: non possiamo proporre un modello sbagliato ai cittadini, che ricordano l’intreccio perverso tra politica e affari e che contro Tangentopoli hanno sostenuto Mani pulite”. Poi Rizzo svela il gioco politico di Matteo Forte, di Forza Italia e del centrodestra: tentare di spaccare – su Craxi – il Pd e la maggioranza di centrosinistra. È stato il sindaco Giuseppe Sala, infatti, ad aprire uno spiraglio, dichiarando, la mattina prima del Consiglio comunale, che “il dibattito sarà un primo passo giusto rispetto a una riflessione su un periodo storico importante per il nostro Paese. Non è che si risolve in una discussione in Consiglio la memoria e il lascito politico di Craxi… Ma è necessario farla, anche perché a lui è associata una parola che è un po’ scomparsa, come socialismo”.
Sala era comunque assente. “È lui”, ha constatato il leghista Alessandro Morelli, “il vero latitante, oggi. Per questo noi della Lega lasciamo l’aula”. Gettare il sasso e sparire, nascondendo la mano. Al posto di Sala, l’assessore Filippo Del Corno, a nome della giunta (e di Ponzio Pilato), non prende posizione e si rimette alla decisione del Consiglio. Barabba non c’è. Il Pd, per bocca di Filippo Barberis, chiede al centrodestra di ritirare le sue due mozioni e di non andare alla conta. Invece di intestare una via, “potremmo trovare altri segni di memoria, più sobri, meno divisivi”. A dire un no netto restano David Gentili (Milano Progressista), tutti i Cinquestelle e Basilio Rizzo: “Oggi vogliono perdonare Craxi, per perdonare domani Formigoni”, avverte. Matteo Forte, ciellino, si sente chiamato in causa e lo rivendica: “Sì, non rinnego la mia storia. Del resto anche Palmiro Togliatti è un padre della patria, ma ha commesso ben più gravi reati, come l’eccidio di Porzus” (nientemeno).
Enrico Marcora (Lista Sala) non lascia, ma raddoppia: “Il finanziamento illecito era praticato da tutti i partiti. Anche Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, dovrebbe dedicare una via della sua città a Severino Citaristi”. È il cassiere della Dc, che in effetti ha stracciato Craxi nella gara a chi aveva più avvisi di garanzia e più condanne. Patrizia Bedori (Cinquestelle) cita un articolo del Fatto e propone di dedicare una via, semmai, a un vero martire di Tangentopoli: l’imprenditore Ambrogio Mauri, che si uccise perché non voleva pagare le mazzette.
Manfredi Palmeri (Lista Parisi) presenta un emendamento alle due mozioni del centrodestra: propone non una via, ma una targa a Bettino. E dice che sarebbe d’accordo a dedicare una via anche a Francesco Saverio Borrelli, “a cui il sindaco Gabriele Albertini chiese un aiuto per cacciare i ladroni dal Palazzo”. Ma dopo decine d’interventi, tutto si ricompone. Sala non ricompare, il centrodestra ritira le mozioni e l’emendamento, il centrosinistra non vota e non si spacca. In attesa di “un segno di memoria più sobrio”? (Il Fatto quotidiano, 4 febbraio 2020)
E Sala indispettito se la prende con il Pd
Via Craxi continua a dividere e a far alzare la tensione politica. Soprattutto dentro il Pd e al piano nobile di Palazzo Marino. Ieri il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha aperto la sua giornata con un post su Facebook molto polemico nei confronti del Partito democratico: “A proposito di Craxi”, scrive Sala, “constato che proprio non si riesce a dibattere con sufficiente serenità. Il mio invito a discuterne in Consiglio comunale è finito nel nulla (nella mia comprovata lealtà verso il Pd mi permetto di dire che questa volta la gestione è stata veramente discutibile). Per cui adesso si pretende che io decida. Cosa poi? Se intitolargli una via? Se apporre una targa sulla casa dove abitò? È tutta qui la riflessione?”. Il riferimento è al dibattito di lunedì in Consiglio comunale. Due mozioni dell’opposizione di centrodestra chiedevano di dedicare una via o una piazza a Bettino Craxi. Sala aveva detto: discutiamone in Consiglio. Ma dopo aver gettato il sasso, aveva ritirato la mano: non si è presentato lunedì in Consiglio.
A togliere le castagne dal fuoco aveva lasciato i consiglieri del Pd, che hanno proposto una mediazione: non una via, ma “un segno di memoria più sobrio” (come ha detto il capogruppo Filippo Barberis), una targa da apporre magari in via Foppa, con scritto “Qui visse Bettino Craxi, il primo milanese presidente del Consiglio”. Lunedì, dopo una discussione a tratti esilarante e a tratti surreale (“Craxi è come Caravaggio”), il Consiglio non ha deciso niente. E il giorno dopo Sala se la prende con il Pd. Sostenendo che ha gestito male la partita: “Io continuo a pensare che non ce la si possa cavare così. Di Craxi ricordo atti coraggiosi, soprattutto in politica internazionale, ma anche il sistema di tangenti da lui (e non solo, ovviamente) alimentato in quegli anni. E a fronte di un periodo come quello, la vogliamo risolvere con una via o una targa?”.
Ma con che cosa, allora? Se lo chiedono spaesati Barberis e i poveri ragazzi del Pd, prima abbandonati e poi bastonati dal loro sindaco. Un dem navigato la spiega così: “Sala non vuole passare alla storia come quello che intitola una via a Craxi, sa che l’opposizione a Tangentopoli in città è ancora forte. Ma ha all’interno del suo gruppo craxiani convinti e sa che qualcosa deve concedere. Avrebbe voluto – come per l’abbattimento dello stadio di San Siro – che a decidere fossero altri: il Consiglio comunale. Non gli è riuscito, né per San Siro né per Craxi. Ora la palla che aveva gettato nell’aula consigliare gli è tornata tra le mani. Da qui la sua irritazione”. Anche il Pd è diviso. C’è chi vorrebbe dimenticare Mani pulite, altri fanno barriera. In più, tra un anno ci sono le elezioni e tutti pensano come tenere insieme cose che insieme non stanno: revisionismo su Tangentopoli e rigore anticorruzione.
Chi ha le idee chiare è Forza Italia. Mariastella Gelmini tuona: “Nel dibattito su Craxi, il Pd ha dimostrato immaturità politica e dipendenza dal giustizialismo targato M5s. Il sindaco Sala non può sottrarsi alla responsabilità di esprimere un’opinione ponderata sull’ex leader socialista”.
Rincara la dose la figlia di Craxi, Stefania. Spara contro Sala: “Un sindaco che invoca un dibattito da ben tre anni e poi non si presenta neanche in aula”. E contro il Pd: “Sono ‘bugiardi ed extraterrestri’, come diceva Craxi, sbronzi di un giustizialismo di maniera e di un moralismo d’accatto, oggi accentuato dalla ricerca spasmodica di un’alleanza locale e nazionale con i pentastellati”. (Il Fatto quotidiano, 5 febbraio 2020)