GIUSTIZIA

Marcello Maddalena: “La prescrizione è una patologia del processo”

Marcello Maddalena: “La prescrizione è una patologia del processo” Intervento di Marcello Maddalena, Procuratore Generale della Repubblica, durante l'inaugurazione dell'anno Giudiziario nel Palazzo di Giustizia Bruno Caccia, Torino, 24 Gennaio 2015 ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO
C’è nell’aria una voglia di restaurazione nel campo della giustizia. Ne ragiona Marcello Maddalena, già procuratore e procuratore generale a Torino.

Barricate della politica e dell’avvocatura contro la riforma della prescrizione. Proteste contro la legge anticorruzione. Invocazione del bavaglio per un giudice non gradito inviato dal Consiglio superiore della magistratura all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano…

Sulla prescrizione il discorso è delicato, perché bisogna conciliare due esigenze contrapposte: da una parte non sprecare il lavoro fatto dalla giustizia, nel quadro dell’obbligatorietà dell’azione penale, e dall’altra non tenere all’infinito un cittadino sulla graticola penale. Non è semplice. In altri Paesi la prescrizione non corre più dopo che è partita l’azione penale. Vero è che nel nostro i processi sono lunghi, anche perché ci sono tanti gradi di giudizio: l’udienza preliminare, il primo grado, l’appello, la Cassazione, poi ancora l’eventuale rinvio a un nuovo appello e a una nuova decisione della Cassazione. Allora, intanto io non capisco perché sia diventata tanto fondamentale la questione della prescrizione, visto che gli effetti della riforma si vedranno solo tra molti anni e c’è tutto il tempo per fare gli aggiustamenti necessari. Ma poi c’è un’altra cosa che ritengo fondamentale.

Quale?

Chi è contrario a riformare la prescrizione ha dalla sua la ragionevole obiezione che non si può tenere un cittadino sulla graticola per troppi anni. Ma allora perché non facciamo decorrere la prescrizione non dal momento in cui è commesso il reato, ma dal momento in cui il cittadino viene informato di essere indagato? È allora, e non prima, che comincia a essere tenuto sulla graticola. La decisione di innocenza o colpevolezza deve essere presa in tempi ragionevoli, lo prevede la Costituzione, ma poi scatta anche una sacrosanta differenza tra chi è ritenuto colpevole o innocente.

Qual è questa sacrosanta differenza?

Se la persona imputata è assolta in primo grado, è lo Stato che vuole continuare a tenerlo sulla graticola, dunque è ragionevole che continui a correre la prescrizione. Se invece in primo grado è condannato e vuole ricorrere in appello, è sua la scelta di restare sulla graticola, dunque la prescrizione può essere bloccata.

Ha senso usare la prescrizione come medicina per curare una disfunzione della giustizia, come l’eccessiva lunghezza dei processi?

In realtà la prescrizione è essa stessa una patologia, perché quando scatta dimostra che il sistema non ha funzionato. E non dovrebbe essere usata per ridurre la lunghezza dei processi, che dovrebbe essere invece risolta con altre cure. Però è inevitabile che scatti, se le altre cure non ci sono.

È normale pretendere che un giudice non gradito non partecipi alla cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario?

È inammissibile. In un Paese democratico dove c’è libertà d’espressione del pensiero è inconcepibile non voler far parlare un giudice scelto dal Consiglio superiore della magistratura. Si può non essere d’accordo con quel che dice il dottor Davigo, che spesso parla per paradossi – io sono quasi sempre d’accordo, ma capisco che qualcuno non lo sia – però in ogni caso guai se si pongono divieti e si chiede di bloccare la libertà di manifestare le proprie idee.

Il Fatto quotidiano, 2 febbraio 2020
To Top