Il piccolo Mose del Friuli che uccide il Tagliamento
Tullio Avoledo, scrittore che ama raccontare storie così distopiche da diventare più reali del reale, ama anche il paesaggio in cui è immerso e che diventa la scena dei suoi romanzi. È il Friuli. Lo ama a tal punto da essersi impegnato nella difesa del Tagliamento, il fiume simbolo del Friuli. Racconta: “Un amico mi ha chiesto: ‘Ma non hai niente di più bello da fare?’. La mia risposta è: ‘Un sacco di cose, ma nessuna importante e vitale come questa’. Quando qualcuno viene a trovarmi, e magari è la prima volta che arriva in Friuli, lo porto sul colle del castello di Pinzano e gli faccio vedere questo paesaggio mozzafiato. Chi non capisce la bellezza e l’importanza, chi non vede l’unicità e la fragilità di questo ambiente, non può decidere del suo destino”.
Il Tagliamento è un ecosistema unico nel continente. È l’ultimo grande fiume dell’Europa centrale che ancora scorre liberamente, l’ultimo corridoio fluviale delle Alpi morfologicamente intatto. Per studiare il corso dei suoi 170 chilometri arrivano ricercatori, professori e studenti da tutto il mondo. È un ambiente bellissimo e fragile. “Da decenni”, denuncia Avoledo, “c’è un sotterraneo fiume infernale di proposte demenziali, autostrade e sbarramenti, cemento e asfalto, che vorrebbe violare una natura incontaminata, di cui non siamo padroni ma custodi, in cambio di inesistenti benefici (chiedete agli abitanti della Carnia che bene ha portato loro l’autostrada che va in Austria)”.
Da anni la lobby delle grandi opere cerca d’imporre una superstrada o un’autostrada che porti il traffico e le merci dalla Lombardia e dal Veneto verso l’Est Europa. C’è già la A4, la Venezia-Udine-Tarvisio, che arriva in Austria, ma si continua a ipotizzare una nuova direttrice che da Pordenone punti subito a nord, verso Gemona, senza dover passare, come oggi, da Palmanova. Ora il progetto, abbandonato perché cannibalizzava l’autostrada già esistente a cui si sta aggiungendo la terza corsia, torna alla ribalta: la Regione ha commissionato uno studio di fattibilità.
Ma c’è di peggio: è nato il progetto per realizzare un piccolo Mose friulano, che avrebbe l’obiettivo (incerto) di proteggere la città di Latisana dalle eventuali inondazioni del fiume, ottenendo l’esito (certo) di distruggere l’ambiente dell’ultimo bacino fluviale ancora incontaminato in Europa. Eccole qua, le grandi opere che a fronte di una distruzione certa del patrimonio naturale promettono incerti, anzi incertissimi, benefici economici o di protezione ambientale. Il piccolo Mose del Friuli è una struttura di cemento armato di 150 metri alta 11, con paratie mobili in caso di piena, che creano un invaso di 18 milioni di metri cubi. Soluzione tecnicamente discutibile, che potrebbe essere sostituita da altre opere che costano molto meno e fanno molto meno male all’ambiente.
“Qualcuno trama, nel silenzio dei media, per attentare alla libertà e alla bellezza del nostro fiume”, conclude Avoledo. “Dobbiamo fermarlo. Ce lo chiedono i nostri antenati e ce lo chiedono, con voce sempre più alta, i nostri figli. Per riparare ai danni dell’avidità umana ci vogliono secoli. Per fermare gli errori sul nascere basta l’impegno di tutti gli uomini e le donne di buona volontà che questa terra, e la Terra in genere, riesce ancora a generare”.