Ubi, indagati dieci clienti molto speciali
Gli indagati di Ubi Banca a Brescia hanno ricevuto una buona notizia, che contiene però una decina di pessime notizie. Quella buona è l’archiviazione dell’indagine per ostacolo alla vigilanza a carico di sette dirigenti di Ubi, tra cui gli ex presidenti dei consigli di gestione (Franco Polotti) e di sorveglianza (Andrea Moltrasio), insieme ai responsabili dei rischi (Mauro Senati), dell’antiriciclaggio (Carlo Peroni) e dell’audit (Stefano Tortellotti).
L’inchiesta era partita nel 2017 dalle denunce di un funzionario antiriciclaggio della banca (Roberto Peroni), che per tutta risposta è stato prima demansionato e poi licenziato. Aveva avuto il torto di denunciare che una quarantina di clienti speciali, alcuni con ruoli di vertice dentro la banca, godevano di un trattamento molto particolare: per loro non valevano i controlli e non scattavano le segnalazioni di operazioni sospette. Dal 2012 al 2016, in banca si sarebbero verificati “sistematici episodi di omissione di segnalazioni per operazioni sospette, nonché degli obblighi di adeguata verifica della clientela nei confronti di persone legate a figure apicali in seno al gruppo bancario”.
Nel maggio 2019, il procuratore di Brescia Carlo Nocerino e il sostituto Teodoro Catananti chiedono però l’archiviazione, poi accolta dal gip Carlo Bianchetti: perché non segnalare un’operazione sospetta non è più un reato penale, ma solo un illecito amministrativo. Già sanzionato dalla Banca d’Italia, pur con qualche ritardo, con una multa a Ubi di 1,2 milioni di euro. Eppure c’è la decina di cattive notizie. Il procuratore Nocerino ha disposto lo stralcio di almeno dieci casi di operazioni sospette, su cui ora indagheranno le Procure competenti per territorio in giro per l’Italia.
Archiviati i mancati controllori, saranno inquisiti i clienti molto speciali che erano al di sopra di ogni controllo. Le loro operazioni con Ubi potrebbero nascondere reati fiscali, riciclaggio di capitali, corruzione. Tra i quaranta clienti eccellenti i cui nomi erano entrati nel 2017 nell’indagine bresciana, c’erano la attuale presidente del consiglio di amministrazione di Ubi, Letizia Moratti; il consigliere d’amministrazione Pietro Gussalli Beretta (quello della fabbrica di armi), che l’inchiesta sui Panama Papers metteva in connessione con società offshore di Panama e delle Seychelles “che appaiono legate a Ubi”; l’ex presidente Polotti, titolare effettivo della società Ori Martin spa e dunque della collegata Aom Rottami, che nel 2014 bonifica 5,2 milioni di euro a una società di Dubai, allora nella black list fiscale; Corrado Faissola, ex presidente di Ubi e dell’Abi, scomparso nel 2012, che aveva ricevuto un bonifico “a rischio” da un conto svizzero; Gianluigi Gola, ex consigliere di Ubi; Luca Volontè, ex deputato dell’Udc di Pierferdinando Casini, titolare effettivo della Fondazione Novae Terrae; gli imprenditori Pierluigi Berlucchi e Mariliano Mazzoleni, che riceve da Ubi Lussemburgo fondi scudati tramite la fiduciaria Serfid. La vicenda che sfiora Letizia Moratti riguarda la Saras Trading, società svizzera del gruppo Moratti, che avrebbe ricevuto da Ubi Factor finanziamenti per oltre 50 milioni di euro poi finiti all’estero, con transazioni passate nelle Isole del Canale e che hanno coinvolto anche il gruppo petrolifero russo Petraco.
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