MILANO

Per Penati la pietas è obbligatoria, l’Ambrogino d’oro no

Per Penati la pietas è obbligatoria, l’Ambrogino d’oro no

L’Ambrogino d’oro è un premio a cui i milanesi sono affezionati. Viene assegnato ogni anno il 7 dicembre, festa di Sant’Ambrogio, ai cittadini che si sono distinti per le loro attività. Ogni volta, è vero, si scatena la lottizzazione politica attorno alle medaglie d’oro e agli attestati di benemerenza civica da assegnare. Ma quest’anno sta accadendo anche di peggio: arriva l’Ambrogino “risarcitorio”. Il sindaco Giuseppe Sala vorrebbe darlo alla memoria di Filippo Penati, l’ex sindaco di Sesto San Giovanni ed ex presidente della Provincia di Milano scomparso il 9 ottobre.

Chi muore merita sempre la pietas dei vivi. Ma non sempre merita il premio che lo addita ai vivi come esempio virtuoso. “Sono totalmente favorevole all’Ambrogino d’oro a Penati”, ha dichiarato Sala, “sarebbe un giusto risarcimento”. Per che cosa? Per la “persecuzione giudiziaria” che ha subito negli anni? Avremmo preferito non tornare sulla storia processuale di Penati e lasciare che i morti riposino in pace. Ma lo impediscono i vivi. È giusto dare un premio di benemerenza civica a chi ha avuto una storia perlomeno controversa?

Nel 2011 Penati schiva l’arresto, chiesto dal pubblico ministero Walter Mapelli, anch’egli recentemente scomparso, soltanto perché il gip non lo concede, pur riconoscendo “gravi indizi di reato”. È accusato di aver intascato una supertangente di 5 miliardi e 750 milioni di lire, come anticipo di una mazzetta complessiva di 20 miliardi di lire, per ottenere di poter costruire sull’area dove sorgevano le acciaierie Falck, a Sesto San Giovanni. Ad accusarlo è l’imprenditore Giuseppe Pasini, che non è mai stato per questo condannato per calunnia.

Segue una lunga inchiesta e un processo per un reato gravissimo, concussione, che si ferma soltanto perché scatta la prescrizione. Penati aveva giurato che ci avrebbe rinunciato, ma la sua assenza dall’aula nel momento cruciale la fa scattare comunque. Non sapremo mai, dunque, se le accuse di Pasini erano false, nessun giudice ha potuto valutare le prove dell’accusa e gli argomenti della difesa.

Per altre imputazioni minori è stato invece celebrato un processo che si è concluso con assoluzioni. Per i 2 milioni che Penati avrebbe ricevuto dal gruppo Gavio, attraverso una triangolazione con l’imprenditore Piero Di Caterina, viene assolto perché la prova è ritenuta insufficiente. Per i finanziamenti alla sua associazione Fare Metropoli è assolto perché “il fatto non costituisce reato”: i contributi elettorali non erano registrati dagli imprenditori che li versavano, dunque erano finanziamenti irregolari, ma i giudici hanno assolto perché Penati poteva pensare che i suoi sostenitori li avrebbero poi messi regolarmente a bilancio.

La sentenza, benché assolutoria, afferma comunque che il “Sistema Sesto” esisteva: come “luogo di incontro tra gli interessi di imprenditori spregiudicati e le esigenze di finanziamento della politica” e, in particolare, “degli eredi del Pci, che da sempre amministravano Sesto San Giovanni”.

Per ultimo, Penati è stato accusato di aver comprato, da presidente della Provincia, un pacchetto di azioni dell’autostrada Milano-Serravalle, facendo realizzare al gruppo Gavio una plusvalenza di 176 milioni. La Corte dei conti nel luglio 2019 lo ha condannato a risarcire, insieme ai suoi undici coimputati, un danno di 44,5 milioni di euro.

E ora? L’Ambrogino? Penati è stato l’ultimo vero leader della “ditta” a Milano, dopo i capi forgiati nel vecchio Pci e affondati da Mani pulite; e prima dei ragazzi del Pd, che sono suoi figli e che oggi hanno affidato la guida del loro schieramento all’“alieno” Giuseppe Sala. Lasciamolo riposare in pace. Ma l’Ambrogino d’oro come risarcimento, forse anche no.

Il Fatto quotidiano, 17 ottobre 2019
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