Radio Popolare alla ricerca del papa straniero
Dalle onde di Radio Popolare è passato un pezzo della storia di Milano, e dunque d’Italia. Le cronache delle azioni delle Br e del G8 di Genova, le dirette delle grandi manifestazioni di protesta, le rassegne stampa di Gad Lerner, i primi programmi di Gino e Michele e della Gialappa’s, i grandi concerti rock, le feste, il microfono aperto in cui gli ascoltatori intervengono senza filtro.
All’inizio di tutto ciò c’è Piero Scaramucci, che dopo una carriera in Rai e un libro indimenticabile (Una storia quasi soltanto mia, scritto con Licia Pinelli), nel 1976 ha fondato Radio Popolare e, negli anni in cui crescevano le “radio libere”, l’ha fatta diventare un mezzo d’informazione innovativo e di qualità. Poi è tornato a dirigerla dal 1992 al 2002, rinsaldando una vasta comunità di ascoltatori con una forte identificazione in Radio Pop.
Quando si è spento, l’11 settembre all’Humanitas, Scaramucci ha dovuto interrompere anche l’ultimo contributo che stava dando alla radio. Era rimasto presidente della cooperativa che riunisce i giornalisti e i lavoratori di Rp e stava cercando un nuovo direttore per il suo rilancio. Aveva proposto la direzione ad Alessandro Gilioli, oggi vicedirettore de l’Espresso.
L’operazione, non senza difficoltà, è rimasta a metà. In questi giorni, i quaranta lavoratori della radio (più della metà giornalisti) sono riuniti al villaggio La Francesca di Bonassola per un seminario che ha come obiettivo quello di “ricostruire la comunità” di chi lavora a Radio Popolare e riprendersi dalla ferita dell’ottobre 2018: un anno fa, scaduto il mandato triennale, il direttore Michele Migone ha chiesto la riconferma, in accordo con il presidente della cooperativa, Scaramucci, e con Catiù Gerlanzani, amministratrice delegata della società che gestisce la radio (Errepi spa, detenuta al 60 per cento da 15 mila piccoli azionisti e controllata con il 40 per cento dalla cooperativa Radio Popolare).
A sorpresa, la cooperativa l’ha bocciato. A pesare non sono stati tanto i contrasti sulla linea politica ed editoriale – che pure sono eterni, nella radio che dalla fondazione dà voce alle diverse anime della sinistra milanese e che mantiene una complicata gestione assembleare – quanto soprattutto il clima dei rapporti interni. Scaramucci era stato il direttore carismatico ed esperto di un gruppo di ventenni e trentenni fieri di lavorare nella più influente tra le radio italiane d’informazione. Negli ultimi anni, i direttori sono stati invece scelti tra i redattori ormai cinquantenni, ottimi professionisti che fanno però fatica a riconoscere una leadership ai loro compagni d’avventura.
Dalla ferita d’ottobre, la radio è gestita da un quadriumvirato (Lorenza Ghidini, Massimo Bacchetta, Chawki Senouci e Claudio Agostoni) diventato triumvirato dopo l’abbandono per motivi famigliari di Lorenza Ghidini. E l’ad Catiù Gerlanzani ha messo in campo un’agenzia specializzata, Altavia, che da oltre un anno sta lavorando per rendere più fluide le dinamiche di gruppo della redazione e consolidare i rapporti interni. Il seminario in corso a Bonassola dovrebbe essere l’atto conclusivo dei “cantieri” aperti da Altavia.
Radio Popolare ha un passato glorioso e un presente non privo di problemi. Il suo pubblico è invecchiato (prevalenti i cinquantenni); l’informazione politica “di movimento”, in cui era imbattibile, ha perso centralità; altre emittenti (da Radio 24 a Capital) le fanno concorrenza nell’informazione di qualità. Oggi Popolare ha 150 mila ascoltatori medi al giorno, più di 15 mila soci, 17 mila abbonati che versano volontariamente nelle sue casse 1,7 milioni di euro all’anno. A questi si aggiungono 600 mila euro di pubblicità: in calo. Sono cresciuti, in compenso, i contributi dello Stato per le emittenti d’informazione: circa 600 mila euro, finanziati dal “canone in bolletta” di cui beneficia anche la Rai.
Le entrate riescono a coprire i costi, di poco superiori ai 2 milioni di euro l’anno. Non è crisi economica, dunque, quella di cui Radio Pop sta soffrendo. Forse lo shock di un “papa straniero” da portare in radio come nuovo direttore potrebbe essere salutare. A questo stava lavorando Piero Scaramucci. Nelle prossime settimane vedremo i risultati.