MILANO

Una catena umana per non dimenticare Pinelli. Musica e memoria

Una catena umana per non dimenticare Pinelli. Musica e memoria

Un fragoroso temporale estivo. Una frattura dolorosa. In preparazione del 15 dicembre 2019: cinquantesimo anniversario della morte di Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico entrato vivo nella questura di Milano dopo la strage di piazza Fontana e uscito morto dopo ore di interrogatorio e un volo da una finestra del quarto piano.

La famiglia Pinelli – le due figlie Claudia e Silvia, la moglie Licia – hanno con molti amici lanciato l’idea di organizzare una catena musicale per ricordare l’anarchico e la bomba fascista del 12 dicembre 1969. La proposta: unire piazza Fontana, luogo della strage, a via Fatebenefratelli, sede della Questura, con una catena di persone che fanno musica, per coinvolgere tutta la città nella memoria di quei giorni. I primi a suggerirla sono stati Sergio Casesi (prima tromba dei Pomeriggi musicali), Marco Toro (prima tromba della Scala) e Massimo Marcer. Si sono subito uniti molti musicisti, da Moni Ovadia a Gianfranco Manfredi, da Ricky Gianco ai Gang, fino a Corrado Stajano.

Ma la proposta è per tutti: anche chi non è un professionista della musica – invitano i promotori – porti uno strumento e si unisca a “una manifestazione di pace, di gioia e di speranza per non dimenticare quello che è accaduto”. “Qualcuno ritiene però che la memoria sia di sua proprietà”, racconta Claudia Pinelli. È stato il Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa – di cui Pinelli era uno dei fondatori – a criticare duramente l’iniziativa: “Catena musicale per Pinelli? No grazie”, ha comunicato il Circolo, “non parteciperemo”: perché l’iniziativa è “povera di contenuti politici”, perché “ha un’impostazione che rasenta il populismo”, perché non ricorda adeguatamente anche l’anarchico Pietro Valpreda, ingiustamente accusato della strage, e perché hanno aderito “soggetti vicini a Forza Italia, come la Fondazione Gaber”. Secondo il Circolo, “Pinelli diventa così una icona muta, un santino. Ci sentiamo in dovere di contrastare iniziative come questa, perché irrispettosa della memoria, e ci chiediamo se per gestirla l’unico titolo valido sia essere le figlie di Giuseppe Pinelli”. Conclusione: il Ponte della Ghisolfa organizzerà il 15 dicembre la sua tradizionale manifestazione, al centro sociale Leoncavallo.

La famiglia Pinelli ha allora spostato la catena musicale al 14 dicembre. Ma non ha nascosto la sua amarezza per un attacco così netto, politico e perfino personale. Ancor più brutale negli interventi sui social. Scrive per esempio un anarchico che si firma Shevek Brady: “Il punto non è la cantata, ma voler fare di Pinelli non un anarchico ma un santino della Milano ‘civile e democratica’ saliana, vedasi in quest’ottica le figlie di Pinelli, che non sono anarchiche, ma sono appunto facce note della sinistra milanese ‘civile e democratica’”.

In tanti hanno reagito stringendosi attorno alle figlie di Pino Pinelli e a loro madre Licia. Ha risposto, tra gli altri, uno dei musicisti che aderiscono alla catena, il cantautore Gianfranco Manfredi: “Qualcuno ha sollevato una miserabile polemica contro la famiglia Pinelli. Si canteranno canzoni tipo Addio Lugano Bella, non tipo Cicale o il Tuca Tuca. Ovviamente parteciperò, come tantissimi altri. E parteciperò con emozione. Eppure qualche babbo spara la sua cazzata: cantano e ballano per un assassinio! Festeggiano a un funerale! Non portano il lutto! Non luttano e non lottano! Sia sufficiente citare l’anarchica Emma Goldman : ‘Una rivoluzione senza ballo non è la mia rivoluzione’. Anche se, nel caso, non balleremo, noi già abbiamo cantato con gioia Comandante Che Guevara infinite volte nel suo ricordo, così come abbiamo cantato We Shall Overcome, tenendoci per mano e sorridenti, in ricordo di Martin Luther King, così come abbiamo cantato Bella Ciao saltando e ridendo in omaggio ai caduti della Resistenza. I luttuosi, i tristi, i moralisti, se ne stiano pure a casa, si considerino pure duri e puri, in solitudine o riuniti in setta: sono e restano semplicemente individui tristi e noiosi, che non capiscono Gioia e rivoluzione e non la capiranno mai”.

Il Fatto quotidiano, 13 agosto 2019
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