Il professor Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Clinico Humanitas, è forse il più noto tra gli scienziati indagati dalla Procura di Milano con l’accusa di aver manipolato le immagini delle loro ricerche, pubblicate su prestigiose riviste scientifiche internazionali. Gli altri indagati sono Pier Paolo Di Fiore (Ifom), Pier Giuseppe Pelicci (Ieo), Marco Pierotti, Maria Angela Greco, Elena Tamburini e Silvana Pilotti (Istituto dei tumori). Come raccontato dal Fatto quotidiano il 30 giugno, i pm milanesi hanno accertato le manipolazioni, anche se hanno poi chiesto l’archiviazione del caso, denunciando la mancanza in Italia di una legge che permetta di colpire le frodi scientifiche. Ora toccherà al giudice delle indagini preliminari Sofia Fioretta decidere se archiviare o no.
Intanto Mantovani spiega al Fatto la sua posizione: “Sì, ritengo doveroso precisare alcuni punti a beneficio dei lettori del giornale, fra cui alcuni miei cari amici”, dice il direttore scientifico dell’Humanitas. “L’indagine, per quanto mi riguarda, si riferisce a due lavori scientifici pubblicati su Journal of Leukocyte Biology e su Proceedings of the National Academy of Sciences Usa (Pnas), che ho coordinato. I risultati di questi miei studi sono stati poi ampiamente confermati. Tuttavia, quando nel 2016 sono venuto a conoscenza delle indagini in corso, ho ritenuto mio dovere segnalare alle riviste i problemi sollevati dall’autorità giudiziaria”: il professore ha mandato una lettera alle due riviste, le ha informate dell’inchiesta, ha spiegato i motivi tecnici che avrebbero provocato le anomalie delle immagini contestate dalla Procura e si è dichiarato pronto a pubblicare una correzione.
“Entrambe le riviste hanno giudicato irrilevanti le questioni nel merito, a dimostrazione del corretto operato e dell’assenza di plagio, auto-plagio o falso”, garantisce il professore. “Sono pronto a dimostrarlo a chiunque. Il comportamento mio e del mio gruppo è sempre stato improntato a trasparenza e rendicontabilità. Condivido quanto detto al Fatto dalla senatrice Elena Cattaneo: chi fa ricerca ha il dovere di garantire trasparenza e rendicontabilità. Valori a cui mi sono sempre attenuto”.
Mantovani spiega anche che le ricerche in questione “non hanno nulla a che vedere con la ricerca sul cancro: non sono quindi riconducibili a finanziamenti legati a questo settore. Si tratta di scoperte rilevanti, ma in campi diversi: nel caso di D6, l’identificazione della funzione di questo gene per la protezione del feto”. Il professore rifiuta anche l’accusa che i pm Francesco Cajani e Paolo Filippini nella loro richiesta d’archiviazione rivolgono all’Airc, l’associazione italiana per la ricerca sul cancro, che distribuisce fondi per gli studi sui tumori: sono “evidenti”, scrivono i pm, i “conflitti d’interesse all’interno di Airc, la cui commissione consultiva scientifica decide sulla destinazione dei finanziamenti (raccolti in prevalenza con il meccanismo del 5 per mille) a favore di studi scientifici condotti dagli stessi componenti”. Tutto in famiglia.
“Ma la commissione consultiva strategica di cui facevo parte”, ribatte Mantovani, “aveva carattere puramente consultivo e non ha mai né gestito né attribuito fondi, che in Airc vengono distribuiti sulla base di una valutazione internazionale e di un comitato tecnico-scientifico di cui all’epoca dei fatti non facevo parte. Comunque”, conclude Mantovani, “rimango fiducioso nell’operato della magistratura”. A favore di Mantovani (ma non degli altri ricercatori sotto indagine) si sono espressi, sulle loro pagine Facebook, due importati scienziati italiani, Guido Silvestri e Roberto Burioni.
La lettera aperta degli scienziati:
“Ci vogliono regole per la ricerca sul cancro”
Alla scienza italiana servono regole di comportamento. È quanto chiede ai vertici dell’Airc (l’associazione italiana per la ricerca sul cancro) il “Patto trasversale per la scienza”, l’associazione di cittadini e di scienziati di cui primo socio onorario è il professor Silvio Garattini (in foto). Dopo che il Fatto quotidiano ha dato notizia dell’inchiesta della Procura di Milano sulle frodi scientifiche che sarebbero state commesse da alcuni illustri ricercatori, il “Patto per la scienza” ha diffuso una lettera aperta.
Eccone qualche brano: “Alcuni fra i massimi esponenti della ricerca oncologica nazionale sono stati coinvolti in un’indagine che, secondo l’accusa, ha dimostrato la presenza di immagini manipolate o comunque alterate nei loro lavori. Quello che è venuto alla ribalta deve far riflettere. La scienza progredisce grazie alla continua verifica dei risultati e alla correzione di eventuali errori. Il ricercatore che non ammette i propri errori e non li corregge diviene il peggiore nemico della scienza e mina alle basi il rapporto di fiducia fra il cittadino e gli enti di ricerca.
“Ci rivolgiamo ai vertici di Airc perché prendano immediatamente una posizione pubblica rispetto all’indagine della Procura di Milano e in tempi rapidi si dotino, sull’esempio di altre agenzie di finanziamento italiane ed estere, di procedure che garantiscano sulla bontà della selezione per l’assegnazione dei fondi, che vigilino sulla qualità della ricerca prodotta e che limitino il rischio di condotte scientifiche scorrette. Ne va della reputazione delle tante associazioni e fondazioni che, come Airc, meritoriamente raccolgono fondi per sostenere la ricerca. Lo dobbiamo ai tanti concittadini che con le loro donazioni permettono il finanziamento della ricerca, ma ne va, più in generale, della reputazione della scienza”. In due paginette la risposta di Airc: le nostre procedure sono corrette; abbiamo chiesto spiegazioni ai ricercatori sotto indagine.