C’è uno stadio in Italia in cui prima delle partite di cartello vengono presentati libri e ospitati i loro autori. È lo Stadio Friuli di Udine, che negli ultimi anni ha organizzato, nel bell’auditorium interno all’impianto sportivo, presentazioni di volumi e interviste pubbliche a personaggi della cultura e dello spettacolo. Sono passati dallo Stadio Friuli Gian Carlo Caselli e Oliviero Beha, Bebe Vio e il Comandante Alfa (uno dei fondatori del Gis carabinieri), Maurizio De Giovanni e Antonio Caprarica, oltre a chi firma questo articolo. Tutti a discutere con il pubblico, numeroso, onnivoro e curioso, del loro ultimo libro.
Confesso che fa effetto parlare del proprio libro, stimolati da presentatori pungenti come, per esempio, il direttore di Telefriuli Alberto Terasso, prima di salire in tribuna per assistere a Udinese-Roma. Agli incontri dei pre-partita hanno partecipato nei mesi scorsi – solo per citare qualche nome – Zico, gloria assoluta dell’Udinese, e Arrigo Sacchi, Gianni Rivera e Antonio Cabrini, Jury Chechi e Andrea Zorzi, Ivan Zazzaroni e Xavier Jacobelli, Joe Bastianich e Arrigo Cipriani, Simona Ventura e Lodovica Comello, Mogol e Marcella Bella, l’attore Sebastiano Somma e il telecronista Pierluigi Pardo. Alto e basso, cultura e musica, romanzi e sport, impegno civile e spettacolo, tutto mixato abilmente senza steccati di genere o di schieramento politico.
Molto civile che uno stadio ospiti, prima dei 90 minuti di tifo e passione, 90 minuti di riflessione e dibattito. Avviene nel civile Friuli, dove nel 2016 è nato il nuovo impianto, rinnovato radicalmente e concesso dal Comune di Udine per 99 anni alla società Udinese Calcio, di proprietà della famiglia Pozzo, industriali locali con interessi in mezzo mondo, che hanno venduto le loro attività industriali alla Bosch e si sono impegnati nel football, con l’Udinese e il suo stadio, in Italia, ma anche con il Watford di Londra (che controllano dal 2012) e con il Granada (squadra spagnola che hanno ceduto nel 2016).
Lo stadio di Udine si chiama Friuli perché è stato inaugurato dieci giorni dopo la seconda grande scossa del terremoto del 1976, quello che fece in regione oltre mille vittime. Oggi Giampaolo Pozzo, che investendo una cinquantina di milioni lo ha completamente rinnovato e riempito di attività interne ¬ ristoranti, club, spazi per le aziende – lo ha chiamato Dacia Arena, in omaggio al marchio automobilistico principale sponsor dell’Udinese.
Non senza un infinito contenzioso con l’ex sindaco di Udine, Furio Honsell, che ha fissato il nome Stadio Friuli nel contratto che lo affida all’Udinese per 99 anni, fino al 2112. Qualche problema alla famiglia Pozzo è arrivato anche dalle inchieste giudiziarie spagnole e italiane volte a ricostruire i movimenti finanziari tra le società estere che controllano le tre squadre della famiglia, Udinese, Granada e Watford.
Intanto i libri sono entrati nello stadio. La tendenza è quella a far diventare gli impianti dove si giocano le partite di calcio dei centri polivalenti di attività commerciali o di servizi, quando non addirittura pretesto per operazioni immobiliari in cui lo sport risulta alla fine residuale.
A Udine stanno almeno tentando di inserire un briciolo di cultura e di dibattito dentro un contenitore in cui girano tanti soldi. Non sia una foglia di fico per coprire altre vergogne, ma invece un esempio che potrebbe essere seguito dai nuovi stadi in progetto. Calcio e libri sono, in fondo, due forme diverse (e complementari?) di passione.