PERSONE

Una nuova legge per morire con dignità

Una nuova legge per morire con dignità

Fine vita/1. Aspettando la Corte costituzionale

Oggi la Corte costituzionale confronterà la Carta fondamentale della Repubblica con parole come vita, morte, autodeterminazione, dignità. Deve decidere se l’articolo 580 del codice penale è conforme alla Costituzione. A chiederglielo, nel febbraio 2018, è stata la Corte d’assise di Milano che doveva sentenziare sul radicale Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, accusato del reato di aver agevolato il suicidio di Fabiano Antoniani, Dj Fabo, il quale chiedeva una fine dignitosa di una vita ormai invivibile.

“Mi rifiuto di essere l’avvocato dell’accusa”, aveva detto commossa la pm Tiziana Siciliano, “io qui rappresento lo Stato, e lo Stato è anche Marco Cappato. Noi in questo processo abbiamo ricostruito la drammatica storia di Fabiano. Abbiamo potuto toccare con mano la vita di Fabo dal momento dell’incidente, in modo sempre uguale, con la stessa assenza di speranza e le stesse menomazioni fisiche. Viene da dire: se questo è un uomo”.

Cappato era stato assolto, su richiesta della pm, dall’accusa di istigazione al suicidio, mentre per l’accusa di aiuto al suicidio la Corte d’assise aveva chiamato in causa la Consulta. È dunque costituzionale un articolo di legge che prevede la reclusione da 5 a 12 anni per chi agevola il suicidio? È illecita la condotta di chi consente a una persona l’esercizio di un suo diritto, quello di interrompere la propria esistenza, quando non la ritenga più dignitosa? A queste domande dovrà rispondere oggi la Consulta.

Le conseguenze sul processo a Cappato saranno soltanto una parte di effetti ben più ampi, con i giudici costituzionali chiamati a decidere se, in generale, punire l’agevolazione al suicidio rispetta principi costituzionali come la libertà di autodeterminazione, il diritto a una vita dignitosa, il diritto a un rifiuto consapevole e informato delle cure. Sono quattro le persone accompagnate dall’associazione Luca Coscioni in Svizzera, a porre fine a una vita diventata insopportabile: Dominique Velati, Piera Franchini, Dj Fabo, Davide Trentini. Ma sono ben 600 quelle che hanno preso contatto con l’associazione e hanno chiesto informazioni sul fine vita.

L’Italia è al ventiseiesimo posto al mondo per libertà di ricerca scientifica, ci informa una ricerca realizzata dal professor Andrea Boggio, docente della Bryan University di Boston e diffusa dall’associazione Coscioni. Il nostro Paese è dietro non soltanto alle altre grandi nazioni europee, ma anche a Sud Africa, India, Vietnam e Israele. E sul tema specifico del fine vita è addirittura al trentunesimo posto su 47 Paesi considerati, alla spalle anche di Messico, Taiwan, Albania, in una classifica che vede invece ai primi posti Belgio, Olanda e Austria.

Anche ieri Cappato era in un’aula di giustizia. A Massa, dove si sta celebrando il processo in cui è imputato insieme a Mina Welby, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, per rispondere dell’accusa di istigazione o aiuto al suicidio in relazione alla morte di Davide Trentini, malato di sclerosi multipla dal 1993 e morto con suicidio assistito in Svizzera il 13 aprile 2017. “La nostra è un’azione di disobbedienza civile”, commenta Cappato, “ci sottoponiamo alle decisioni della giustizia dopo esserci autodenunciati, perché vogliamo cambiare le leggi. Ora aspettiamo la decisione della Corte costituzionale, ma qualunque essa sia, anche fosse a noi favorevole, poi dovrà comunque essere il Parlamento a intervenire. Questo governo si è presentato dicendo di voler dar voce alle leggi di iniziativa popolare. Ebbene, la legge d’iniziativa popolare sull’eutanasia è ferma da cinque anni: sia finalmente discussa in Parlamento, dove è possibile cercare una maggioranza che l’approvi”. (Il Fatto quotidiano, 23 ottobre 2018)

Fine vita/2. La Consulta: decida il Parlamento

Sul fine vita, la Corte costituzionale ha passato il testimone al Parlamento. Ma indicando già una direzione verso cui la futura legge dovrà muoversi: quella di garantire diritti “costituzionalmente meritevoli di protezione”.

La Consulta ha comunicato ieri che la sua decisione sul caso di Marco Cappato, accusato di aiuto al suicidio di Dj Fabo, è rinviata al 24 settembre 2019: ha dato così un anno al legislatore affinché intervenga. Intanto resta sospeso anche il processo in cui Cappato è imputato a Milano.

Il comunicato della Consulta dice che “l’attuale assetto normativo concernente il fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti”. Per questo i giudici costituzionali danno un anno al Parlamento affinché intervenga, e decidono di rinviare la trattazione della questione al settembre del prossimo anno.

“Le nostre ragioni sono state riconosciute”, commenta Cappato, il radicale tesoriere della associazione Luca Coscioni. “È un’altra vittoria di Dj Fabo e della nonviolenza”. È stata la Corte d’assise di Milano a chiedere, nel febbraio scorso, l’intervento della Consulta: doveva processare Cappato, accusato del reato indicato dall’articolo 580 del codice penale: istigazione e aiuto al suicidio. “Un articolo”, ricorda Cappato, “che abbiamo ereditato dal vecchio codice penale fascista, dal codice Rocco, che punisce l’istigazione ma anche l’aiuto al suicidio con una pena da 5 a 12 anni di carcere”.

Cappato si era autodenunciato per aver accompagnato in una clinica svizzera, a porre fine ai suoi giorni di sofferenza, Fabiano Antoniani, il Dj Fabo rimasto tetraplegico e cieco in seguito a un incidente stradale. La Corte aveva stabilito l’innocenza dell’imputato per quanto riguarda “l’istigazione al suicidio”, come chiesto anche dalla pm Tiziana Siciliano, la quale in aula aveva dichiarato, commossa: “Mi rifiuto di essere l’avvocato dell’accusa, io qui rappresento lo Stato, e lo Stato è anche Marco Cappato”.

La Corte aveva sospeso il giudizio per quanto poi riguarda “l’aiuto al suicidio”, su cui aveva chiesto l’intervento della Corte costituzionale, come proposto anche dalla difesa di Cappato: affinché la Consulta valutasse la legittimità costituzionale dell’aiuto al suicidio e, quindi, la compatibilità di quel reato con i principi di autodeterminazione e di dignità della persona. Per affermare per tutti il diritto a scegliere quando mettere fine a una vita considerata non dignitosa, senza che chi resta fino all’ultimo vicino a chi decide liberamente l’eutanasia possa essere esposto al rischio di essere processato e condannato a una pena fino a 12 anni.

“La Corte ha riconosciuto le nostre ragioni”, ribadisce Cappato, “il suo pronunciamento dà un anno di tempo al Parlamento per fare ciò che noi chiedevamo da cinque anni: da cinque anni è ferma la nostra proposta di legge d’iniziativa popolare sul fine vita. Questo governo si è presentato dicendo di voler dar voce alle leggi di iniziativa popolare: ebbene, la legge sull’eutanasia sia finalmente discussa in Parlamento, dove è possibile cercare una maggioranza che l’approvi”.

Una prima risposta arriva da Roberto Fico: “La decisione della Consulta”, scrive il presidente della Camera su Twitter, “è un’occasione importante per il Parlamento. Serve più che mai adesso aprire il dibattito su un argomento delicato rispetto al quale ci deve essere attenzione e sensibilità. La politica affronti il tema”. Cappato ha poi ringraziato chi ha condiviso con lui la sua battaglia: “La decisione della Corte è un risultato straordinario arrivato grazie al coraggio di Fabiano Antoniani e alla fiducia che Valeria e Carmen – fidanzata e mamma di Dj Fabo – hanno avuto per la mia azione di disobbedienza civile. È dunque un successo – un altro, dopo la vittoria sul biotestamento – di Fabo e della nonviolenza, oltre che delle tante persone malate che, iniziando da Luca Coscioni e Piergiorgio Welby e finendo con Dominique Velati e Davide Trentini, in questi quindici anni hanno dato corpo alle proprie speranze di libertà”.

Ora la parola passa al Parlamento, che dovrà riscrivere l’articolo 580. “Ha la strada spianata per affrontare finalmente il tema”, continua Cappato, “come sta accadendo nel Parlamento spagnolo. E con un termine temporale preciso”. Anche l’avvocato Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni, commenta quella che ritiene “una decisione storica: la Costituzione ha trionfato sulle istanze paternalistiche del codice penale fascista e sulla grave inerzia del legislatore, che nonostante tante sollecitazioni non si è mai determinato a regolare la materia del suicidio medicalmente assistito”.

Arriverà ora nelle aule parlamentari l’eco delle parole che l’avvocato Vittorio Manes, uno dei difensori di Cappato, aveva pronunciato davanti alla Consulta: “Qui non discutiamo di riconoscere un lugubre diritto di morire, ma di dare spazio al diritto a un aiuto nel morire”. (Il Fatto quotidiano, 25 ottobre 2018)

Il Fatto quotidiano, 23 e 25 ottobre 2018
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