GIUSTIZIA

Migranti, la piccola guerra fredda tra Italia e Francia

Migranti, la piccola guerra fredda tra Italia e Francia

La piccola guerra fredda tra Italia e Francia continua. Il primo episodio che ha fatto scattare un’inchiesta della Procura di Torino è del 30 marzo 2018. Quel giorno, cinque agenti francesi, armati, piombano nella stazione di Bardonecchia e fermano un uomo, un migrante di nazionalità nigeriana in possesso di un regolare biglietto ferroviario per Napoli.

Secondo il racconto di alcuni testimoni, i cinque lo fanno scendere dal treno e lo sottopongono a controlli. Poi lo portano di peso nella stanza di una ong che opera a Bardonecchia, Rainbow4Africa, dove lo costringono a sottoporsi a un test delle urine per verificare l’assunzione di droghe. Risultato negativo. E arrivo dei poliziotti italiani del commissariato locale, chiamati dai medici e dai volontari della ong. A questo punto, i cinque francesi, agenti della Dogane, lasciano andare l’uomo e tornano oltre confine.

Storia finita? No, perché il procuratore della Repubblica di Torino, Armando Spataro, il 13 aprile manda al magistrato suo omologo al di là della frontiera, il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Grande Istanza di Albertville, un “ordine di investigazione europeo” su ciò che è accaduto il 30 marzo. L’ordine di investigazione europeo è un atto con cui l’autorità giudiziaria di un Paese dispone indagini, intercettazioni o altri atti d’inchiesta, che sono poi realizzati dall’autorità giudiziaria di un altro Paese. È una procedura che è usata quotidianamente tra le magistrature europee e che non ha bisogno di alcuna intermediazione politica o ministeriale.

Nell’ordine di investigazione europeo mandato ad Albertville, Spataro chiede “alla competente Autorità francese di comunicare le generalità dei cinque doganieri e di interrogarli (alla presenza dei pm di questo ufficio titolari delle indagini) quali indagati per i reati di concorso in violazione di domicilio commessa da pubblici ufficiali e di perquisizione illegale”. Il documento mandato in Francia chiede anche di trasmettere “ogni documentazione relativa alla attività degli indagati (attualmente ignoti)”, per capire quale operazione stessero compiendo e se avevano ricevuto ordini dall’alto. Risulta chiaro, secondo Spataro, “che gli accordi esistenti non autorizzavano appartenenti alla Autorità doganale francese a svolgere in Italia attività di polizia giudiziaria senza richiedere l’intervento di presidi di polizia giudiziaria italiana”.

La risposta arriva l’11 luglio: il procuratore di Albertville non ritiene eseguibile l’ordine di investigazione europeo, in forza di una vecchia convenzione del 1963 sottoscritta dei presidenti della Repubblica italiano e francese e di un accordo del 1990 con il quale “le Ferrovie dello Stato hanno messo a disposizione dell’amministrazione francese un locale nella stazione di Bardonecchia per l’esecuzione dei controlli a bordo dei treni in viaggio sulla linea Modane-Bardonecchia”. Secondo la Procura di Albertville, dunque, “il personale doganale francese sarebbe sottoposto alla giurisdizione della Francia” e non sarebbe indagabile dalle autorità italiane.

Spataro risponde con una nota del 24 settembre 2018, in cui afferma che la convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, entrata in vigore nel 1995, ha rielaborato “l’intera materia dei controlli e degli inseguimenti transfrontalieri” e ha abrogato la convenzione del 1963. Comunque l’azione dei doganieri francesi il 30 marzo non è assimilabile a un controllo transfrontaliero, ma è “una vera e propria attività d’indagine, finalizzata a verificare l’eventuale trasporto di stupefacenti da parte della persona controllata”.

Non solo: la Procura di Torino fa notare ai colleghi d’Oltralpe che la convenzione di Bruxelles entrata in vigore nel 2009, “che riguarda la mutua assistenza e la cooperazione tra amministrazioni doganali”, prevede che i funzionari in missione, come quelli entrati in azione a Bardonecchia, “nel territorio di un altro Stato, sono equiparati ai funzionari di quest’ultimo per quanto riguarda eventuali violazioni subìte o commesse”. Ciò determina la competenza della magistratura italiana nel caso del 30 marzo. E ora? Spataro aspetta la risposta dei francesi. Intanto ha mandato gli atti al ministero italiano della Giustizia. E ha aperto un nuovo fascicolo sui fatti di Claviere. (16 ottobre 2018)

L’Italia accusa: la Francia scarica migranti

Gli sconfinamenti in Italia di agenti francesi potrebbero non essere un caso, un errore, un unicum. Non è il solo episodio, quello dei doganieri francesi che il 30 marzo 2018 hanno fermato un uomo di nazionalità nigeriana alla stazione di Bardonecchia: su questo fatto la Procura di Torino ha aperto un’indagine già nell’aprile scorso. Ma ora fonti del ministero dell’Interno informano che a Claviere, in Valsusa, venerdì 12 ottobre la polizia italiana ha avvistato un furgone della gendarmeria francese da cui sono stati fatti scendere due uomini, presumibilmente migranti di origine africana, lasciati in una zona di bosco. Il furgone, la cui targa è stata annotata dagli agenti italiani, è poi tornato oltreconfine.

La Digos di Torino ha consegnato alla Procura della Repubblica piemontese un rapporto che documenta i fatti con una serie di fotografie e con il numero di targa del furgone francese. I magistrati guidati dal procuratore Armando Spataro hanno subito aperto un’indagine. Stanno per ora studiando il caso, ma una prima ipotesi è che in territorio italiano gli agenti francesi possano aver commesso uno o più reati, tra i quali il sequestro di persona. La zona è monitorata dalle forze dell’ordine perché occupata da alcuni antagonisti e anarchici “NoBorder” legati all’organizzazione “Briser Les Frontieres”. Mercoledì della scorsa settimana è stata sgomberata la chiesa di Clavière occupata dagli antagonisti che vi avevano organizzato un ricovero per immigrati battezzato “Chez Jesus”.

Lo sconfinamento della Gendarmerie alza di nuovo la tensione fra Italia e Francia sulla questione migranti. Oltre allo sconfinamento, alle attività di polizia fuori dai confini nazionali e all’ipotetico sequesto di persona, la Gendarmerie potrebbe aver violato gli accordi internazionali per l’espulsione degli immigrati, che prevedono un avviso, da parte dell’autorità straniera, al commissariato di polizia o alla locale stazione dei carabinieri e la consegna dei migranti al posto di frontiera.

La Farnesina chiede spiegazioni: “Il ministero degli Esteri si è immediatamente attivato con l’ambasciatore di Francia in Italia per chiedere chiarimenti. Un analogo passo formale, al fine di chiarire i termini precisi dell’accaduto, è in corso da parte del nostro ambasciatore a Parigi con le competenti autorità francesi. Appena stabilita la realtà dei fatti, la Farnesina ne darà completa informazione pubblica”.

In serata la prefettura del dipartimento francese delle Alte Alpi ha reso noto che “le autorità italiane hanno riferito di un incidente al confine. Nell’ambito di una missione di rimpatrio di irregolari, un veicolo della Gendarmeria ha attraversato il confine in direzione di Claviere, senza previa autorizzazione della polizia italiana. I primi controlli effettuati dalla prefettura confermano l’attraversamento. Sembra che la stazione di polizia di Bardonecchia fosse informata. Il veicolo non era destinato a entrare in territorio italiano: s’è trattato di un errore, gli agenti non conoscevano i luoghi”. (16 ottobre 2018)

Sono tre le “invasioni” francesi a Claviere

Chissà se Armando Spataro legge Agatha Christie: “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, tre indizi fanno una prova”. Il procuratore della Repubblica di Torino si deve attenere ai fatti, raccolti di volta in volta, e ai codici, che sono più rigorosi di Agatha Christie. Ma ormai sono almeno i tre i casi in cui i gendarmi francesi sono intervenuti in territorio italiano, in barba a leggi, trattati e codici. L’ultimo è del 2 agosto. “Si sono verificate due anomale attività di controllo di due cittadini residenti nel comune di Claviere”, scrive il procuratore. “Tali persone, una intenta a passeggiare con il suo cane, l’altra mentre percorreva la strada sterrata con un ciclomotore, venivano fermate nella zona di Gimont di Cesana Torinese da quattro uomini verosimilmente francesi, usciti dal bosco, dove erano nascosti, in tuta militare, con giubbotto antiproiettile e armati”.

Un vero e proprio controllo a sorpresa. Gli agenti chiedono ai due “in lingua straniera i documenti”. All’uomo che stava andando in motorino “veniva impedito di proseguire per la strada e intimato di non riferire ad alcuno di avere visto gli uomini armati”. Pur intimorito, l’uomo va dai carabinieri della stazione di Claviere, paese nel versante orientale del colle del Monginevro, e denuncia il fatto. Come l’altro che era a passeggio con il cane. I carabinieri stilano un rapporto e lo mandano in Procura a Torino. Spataro lo riceve e apre un’indagine: la terza.

La prima riguarda l’intervento di cinque uomini delle Dogane francesi che il 30 marzo 2018 alla stazione di Bardonecchia avevano tirato giù da un treno un cittadino nigeriano in possesso di un regolare biglietto ferroviario per Napoli e lo avevano costretto a seguirli nei locali di una ong, Rainbow4Africa, dove gli avevano imposto un test delle urine (risultato negativo) per appurare l’uso di droghe. La seconda è invece sullo sconfinamento degli uomini della Gendermerie che il 12 ottobre sono stati filmati dai poliziotti italiani della Digos mentre scaricano in un bosco, in territorio italiano del Comune di Claviere, due uomini con la pelle nera.

La Procura di Torino ha aperto un fascicolo ipotizzando il “trasporto di stranieri nel territorio dello Stato, con atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato”. È il reato indicato all’articolo 12, comma 3, del decreto legislativo numero 286 del 1998: quello solitamente contestato agli scafisti che portano la loro merce umana dall’Africa all’Europa attraverso il Mediterraneo. Il trasporto questa volta sarebbe stato fatto da agenti dello Stato francese, sconfinati, informa Spataro, “per due chilometri in territorio italiano”.

Gli agenti della Digos avevano notato “un’autovettura con i colori e i simboli della Gendarmeria francese, dalla quale venivano fatti scendere due giovani”, presumibilmente immigrati di origine nordafricana. “Uno dei due gendarmi presenti all’interno dell’auto”, secondo il rapporto della Digos, “indicava ai due giovani la direzione dell’area boschiva, cioè quella per allontanarsi dalla strada asfaltata” e dal confine francese. Gli agenti italiani non riuscivano a fermare e identificare i gli uomini della Gendarmerie, perché “l’auto, dopo aver fatto inversione di marcia, ripartiva ad alta velocità verso la Francia percorrendo la galleria di Claviere”. Agli italiani non è restato altro che fotografare la targa e inseguire l’auto della Gendarmerie fino in territorio francese.

“Stanno emergendo altri episodi inquietanti”, ha reagito il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Non ci interessano le giustificazioni, peraltro ridicole, né le indagini interne avviate dai francesi. Parigi deve comunicarci immediatamente le identità degli immigrati lasciati nei boschi. Nomi, cognomi, nazionalità, date di nascita. La Gendarmeria è abituata a scaricare delle persone in mezzo al nulla? L’ha fatto anche con dei minori? Ci sorprende la timidezza dell’Europa e degli organismi internazionali, solitamente solerti a bacchettare l’Italia. Auspico che il nuovo ministro dell’Interno francese, Castaner, possa controllare i suoi uomini meglio di quanto abbiano fatto i suoi predecessori”.

Proteste anche del presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “L’episodio degli agenti della Gendarmeria che hanno sconfinato lascia letteralmente sconcertati. Domani partirò per Bruxelles  e avrò un incontro con il presidente francese Macron”. (17 ottobre 2018)

Il Fatto quotidiano, 16 e 17 ottobre 2018
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