MILANO

Il pericoloso capo dei No-Nav che non vuole la riapertura dei Navigli

Il pericoloso capo dei No-Nav che non vuole la riapertura dei Navigli

Lo confesso: a me non dispiacerebbe vedere Milano come la vedevano i nostri avi, attraversata da una rete di canali navigabili. Amsterdam con le modelle e la Madonnina. Per questo, mi ha sempre fatto simpatia la proposta di riaprire i Navigli che sono stati interrati, che era contenuta anche nel programma elettorale di Giuseppe Sala e ora è discussa in città come un progetto da realizzare sul serio. Mi è sempre parsa una di quelle idee un po’ pittoresche che si coltivano senza però crederci troppo, belle ma di fatto irrealizzabili. Un Ponte di Messina che intanto fa girare soldi con studi e progettazioni.

Il dibattito, comunque, è aperto: c’è chi è pro e c’è chi è contro. Ognuno è libero di avere la sua opinione. Per questo mi ha tremendamente stupito l’attacco durissimo sferrato due giorni fa dalle pagine milanesi di Repubblica a Luca Beltrami Gadola, indicato come il capo della fronda che si oppone alla riapertura dei Navigli. Il pericoloso boss dei No-Nav. Beltrami Gadola è un personaggio, a Milano. Architetto, è stato presidente dell’antica impresa di costruzioni Gadola, poi passata di mano. Da sempre impegnato nel dibattito civile, culturale e urbanistico in città, nel 2011 è stato chiamato dal sindaco Giuliano Pisapia a far parte del Comitato antimafia milanese. Oggi è il direttore del giornale online “Arcipelago Milano”, dopo essere stato a lungo collaboratore proprio delle pagine milanesi di Repubblica.

Ebbene, il 25 settembre, il capo della redazione milanese del quotidiano, Piero Colaprico, nel suo editoriale lo ha accusato di “capitanare una protesta vagamente assurda”, di lamentarsi ingiustamente di non aver avuto la parola, mentre in città il dibattito sui Navigli è stato ampio e aperto. “Se uno non riesce a far arrivare la sua voce”, conclude Colaprico, “la responsabilità non è dell’uditorio: è sua. A meno che non creda all’esistenza del complotto persino nelle assemblee aperte”.

Beltrami Gadola ha replicato di non essere affatto complottista. Non ha mai detto di non aver avuto parola: ha espresso più volte la sua opinione e ha avuto anche repliche e risposte dal Palazzo. Resta però fermo sulla sua posizione: nettamente contraria. Ritiene la riapertura dei Navigli un pasticcio dal punto di vista tecnico e ingegneristico, di difficile – se non impossibile – realizzazione. I lavori bloccherebbero per anni la città e alla fine la viabilità sarebbe stravolta e compromessa.

Ma la ritiene soprattutto un’operazione inopportuna dal punto di vista politico: butta un mucchio di soldi in un progetto che interessa il centro e i ricchi che lo abitano, con una scelta classista ed elitaria che non si cura delle periferie e dei cittadini che nelle periferie vivono. Facendo un’analisi dei bisogni, la riapertura dei Navigli viene molto dopo tante altre cose, come l’impegno a riqualificare i quartieri e le zone più disagiate e marginali della città. Ci sono tanti progetti più urgenti: dalla ristrutturazione delle case popolari alla risistemazione delle strade e delle piazze non centrali (sì, le buche non sono un’esclusiva romana).

Quanto al dibattito in corso sul progetto, Beltrami Gadola sostiene non che sia un “complotto”, ma “un’operazione di manipolazione del consenso”. Anzi, tecnicamente un “falso ideologico”: nella giunta Sala c’è infatti chi sostiene che i Navigli vadano riaperti perché così hanno deciso i cittadini nel referendum consultivo del 2011; ma il quesito non chiedeva la riapertura dei Navigli, bensì un ben più generico avvio di uno studio per valutarne la fattibilità. Curioso: in quello stesso referendum, un’altro quesito votato dalla maggioranza dei milanesi chiedeva invece chiaramente di mantenere a parco l’intera area Expo, su cui arriveranno robuste cubature di cemento. Evidentemente, anche per i radicali, c’è referendum e referendum.

Il Fatto quotidiano, 26 settembre 2018
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