POLITICA

Così i miei amici di sinistra sono diventati sanfedisti

Così i miei amici di sinistra sono diventati sanfedisti

Il popolo di sinistra che voleva cambiare il mondo, ora difende i poteri e lo status quo. Un cambiamento non soltanto politico, ma antropologico e sentimentale.

Prendo atto con stupore che in Italia è nato il sanfedismo di sinistra. Basta dare un occhio ai social, leggere tanti post su Facebook, sbirciare qualche tweet: sono in molti, dopo la tragedia di Genova, a difendere Autostrade per l’Italia, i Benetton, il mercato (senza concorrenza!), perfino la tenuta del titolo in Borsa… Tutti lì, come giudiziosi commercialisti, a calcolare quanto costerebbero le penali, peraltro senza aver letto il contratto (segreto) della concessione delle autostrade ai privati.

Che lo faccia una parte della politica, quella oggi all’opposizione, responsabile della situazione attuale, non mi stupisce. Sono gli eredi e i continuatori di chi ha deciso privatizzazioni fatte su misura degli oligarchi che, dopo la grande crisi del 1992-93 e dopo Mani pulite, hanno preso il posto dello Stato nelle autostrade e nelle telecomunicazioni, come i padrini che hanno occupato l’economia in Russia dopo la caduta del comunismo.

Quello che invece mi stupisce è che tanti elettori di sinistra (e anche molti miei amici) prendano parte gratis alla campagna “difendiamo i Benetton”, sostenendo che la concessione non si può ritirare, che ci sono le penali, che è tutta colpa dei No Gronda, che ci sono posti di lavoro in ballo, che bisogna aspettare le decisioni della magistratura. Non sono troll, ci sono davvero e credono perfino a quello che scrivono.

Com’è possibile? È una reazione pavloviana contro il terribile Movimento 5 stelle, il Male Assoluto, da attaccare sempre e comunque, che fa loro perdere la lucidità e impedisce di distinguere le dichiarazioni e le scelte razziste (o semplicemente stupide) del governo Cinquestelle-Lega, dalle misure “di sinistra” (come il primo tentativo di fermare l’aumento della precarietà nel lavoro).

È però anche il risultato di una cultura politica e civile che si è evidentemente sedimentata da anni nelle teste del popolo della sinistra e che spiega la perdita di contatto (culturale, ma ormai anche elettorale) della sinistra con la maggioranza dei cittadini.

Il governo Conte ha annunciato che prenderà in considerazione la possibilità di revocare la concessione alla società autostradale della famiglia Benetton. Può essere che sia impossibile, come dice l’ex ministro Antonio Di Pietro. Può essere che il contratto lo renda difficile o troppo oneroso per lo Stato. Può essere che non si possa fare. Ma è almeno evidente che il nuovo governo, di fronte alla prima vera emergenza da quando è in carica, ha dimostrato la sua discontinuità con il passato.

Finora i governi, di destra e di sinistra, hanno sempre fatto grandi regali ai concessionari autostradali, che hanno realizzato facili e altissimi profitti riscuotendo i pedaggi, senza garantire – lo dimostrano i ponti che crollano – la sicurezza. L’ultimo dono è arrivato a Natale 2017 dal governo Gentiloni: dopo il prolungamento delle concessioni, i privati hanno avuto anche la possibilità di farsi in casa, senza gara, con le proprie aziende, il 40 per cento dei lavori di manutenzione.

E non si può certo dare tutta la colpa ai No Gronda: le responsabilità sono di chi amministra, non di chi si oppone (a volte sbagliando e a volte no, ma questa è un’altra storia). Nei social, tutti commercialisti, tutti ingegneri, tutti economisti, tutti avvocati, tutti giuristi.

Senza però capire neppure la semplice differenza tra responsabilità penali (che saranno accertate dai magistrati con i tempi della giustizia) e autonomia della politica, che può decidere subito se la concessione dello Stato a un privato vada revocata: facendo una scelta politica, non giudiziaria.

Sanfedismo, malattia finale della sinistra: difendere i poteri e lo status quo, come fece, un paio di secoli fa, il popolo che si schierò in difesa dei Borboni che lo avevano impoverito e sottomesso.

Illustrazione di Sandro Moretti, che ringraziamo

Il Fatto quotidiano, 17 agosto 2018
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