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Ubi, il “mesto memoriale” di Bazoli: “Ho fatto tutto con Bankitalia”

Ubi, il “mesto memoriale” di Bazoli: “Ho fatto tutto con Bankitalia” © ROBERTO MONALDO/LAPRESSE 29-05-2002 ROMA ECONOMIA AMBASCIATA DI FRANCIA - CERIMONIA DI CONSEGNA DELLA LEGION D'ONORE AL PRESIDENTE DI BANCA INTESA BCI GIOVANNI BAZOLI NELLA FOTO GIOVANNI BAZOLI CON LA MOGLIE ELENA ED I FIGLI FRANCESCA E STEFANO

Il più discreto dei banchieri italiani ha preso la parola, a porte chiuse, davanti ai giudici che lo accusano. Per ribadire che non solo è innocente, ma che tutte le sue scelte sono state fatte per il bene di Ubi Banca e in perfetto accordo con Bankitalia. Era il 9 marzo 2018 quando Giovanni Bazoli ha chiesto di rendere deposizioni spontanee nell’udienza preliminare che ha poi deciso il suo rinvio a giudizio nel processo iniziato a Bergamo il 25 luglio: il primo processo che in Italia vede imputati non ex banchieri ormai in disgrazia, ma l’intero gruppo dirigente in carica della terza banca italiana.

“Ho sempre fatto operazioni in totale accordo con la Banca d’Italia”, dice Bazoli nella sua deposizione che il Fatto ha potuto vedere. Si difende dalle accuse, ostacolo alle autorità di vigilanza e influenza illecita sull’assemblea. Attacca duramente la Guardia di finanza che ha condotto le indagini. E schiera tra i suoi sostenitori due presidenti della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano. “In questo mesto memoriale, così lo definisco”, inizia il banchiere, “mi limito a raccontare i fatti accaduti come sono stati da me vissuti, perché anche questo aspetto soggettivo ha il suo peso”.

“Nessun patto occulto è mai esistito”, dice Bazoli. “E non c’è mai stato per il semplice motivo che non era necessario che ci fosse. L’errore che vizia tutta l’impostazione dell’Accusa è quello di non avere compreso che gli imputati hanno continuato a comportarsi in coerenza non ad un accordo stipulato dall’Associazione Banca Lombarda e Piemontese con altre associazioni e non dichiarato all’Autorità di vigilanza, ma al patto fondativo di Ubi stipulato tra le Banche Bpu e Banca Lombarda e Piemontese al momento della loro fusione”. Nessun ostacolo alla vigilanza: “La Banca d’Italia per i fatti oggetto di questo procedimento non ha mai ritenuto di esercitare alcun potere sanzionatorio nei confronti di UbiBanca”; e la Corte d’appello di Brescia “ha annullato le sanzioni amministrative comminate dalla Consob”.

“La presentazione pregiudizialmente critica data e trasmessa all’opinione pubblica di tutta la mia condotta in questa vicenda trae origine da una malevola lettura del mio contemporaneo interessamento alle due Banche”: Bazoli ha continuato infatti a occuparsi di Ubi da presidente di Intesa Sanpaolo. “Come se esso fosse stato motivato non da ragioni e da obbiettivi nobili di interesse generale, ma dalla ricerca di vantaggi personali”. Solo il bene del Paese, invece, lo ha guidato, fin da quando fece nascere, sulle ceneri della banca di Roberto Calvi, il Nuovo Banco Ambrosiano. Poi si è mosso per impedire che “nostri grandi istituti passassero in mano straniera” (erano in agguato gli spagnoli di Bbva e Santander). Ecco dunque, nel 2007, la nascita di Ubi, dalla fusione della bergamasca Bpu e di Banca Lombarda.

“Un’operazione che è valsa a mantenere italiana una Banca che oggi rappresenta uno dei punti di forza del nostro sistema; e che, al pari di tutte le altre operazioni da me seguite, tutte concluse con risultati positivi, è avvenuta in totale accordo con la Banca d’Italia”. Ad avvelenare il clima arriva “il manifestarsi di gravi divisioni nel mondo bergamasco, cioè nell’ambito del riferimento dell’ex Bpu”. Colpa del gruppo capitanato da Giorgio Jannone. Così il gruppo dei bergamaschi interno alla banca “mi raffigura ripetutamente come il regista onnipotente, il dominus della parte bresciana”. Invece non c’è alcuna “cabina di regia”. E tutto “era perfettamente e totalmente noto alle Autorità e ai Mercati”. Ci furono “scontri accesi ma nobili, perché rappresentavano posizioni, valutazioni diverse, non dettate da interessi personali, ma solo dalla ricerca delle migliori condizioni per la Banca”.

Durissimo l’attacco alla Guardia di finanza: “La Polizia giudiziaria ha sottoposto le riunioni di cui sto parlando a controlli invasivi, che hanno persino contemplato presidi e pedinamenti, come se si trattasse di riunioni clandestine”. Bazoli denuncia attacchi alla sua famiglia: “Si è parlato di interessi familiari… Ma l’assurdo coinvolgimento di mia figlia in questa indagine sembra trovare la sua unica spiegazione nell’intento di accreditare l’idea di un clan familiare”. Così come il coinvolgimento nell’inchiesta di “mio genero, il professor Gregorio Gitti”. “Mi sembra incredibile che la Guardia di finanza sulla base di presunte indagini tecniche stravolga a tal punto i fatti sostenendo, in relazione alla presente vicenda, che la famiglia Bazoli avrebbe coltivato specifici interessi personali, in realtà del tutto inesistenti”.

La conclusione è amara: “Quando, nel maggio 2014, ricevetti l’avviso del reato per cui ero indagato rimasi incredulo. Non mi sembrava possibile che al termine del lungo percorso compiuto nel settore bancario, sempre in strettissima collaborazione con le autorità pubbliche e in particolare con la Banca d’Italia, io fossi accusato di aver dolosamente ostacolato le Autorità preposte alla vigilanza del settore bancario. Accettai questo fatto senza una parola di protesta”. “Ma il mio atteggiamento è cambiato allorché, alla chiusura delle indagini preliminari, ho potuto prendere visione del materiale accumulato dall’Accusa, imperniato sui rapporti resi alla Procura dalla Polizia giudiziaria incaricata dell’indagine”: rapporti “sempre pervenuti all’opinione pubblica, purtroppo, in modo da screditare e infangare l’immagine degli indagati”.

Una nota della Gdf gli attribuisce “un’indole delinquenziale particolarmente accentuata. Quest’affermazione, ripresa dai giornali perché il rapporto in oggetto è diventato immediatamente di pubblico dominio, è grave e inspiegabile, ed è stata fonte per me di una profonda ferita. Sono un cittadino incensurato, il cui curriculum ritengo attesti una lunga esperienza di servizio al Paese e una condotta di integrità morale. E allora, a fronte di questo inaccettabile giudizio sulla mia persona, mi deve essere consentito ricordare le unanimi attestazioni di stima che le massime autorità istituzionali – presidenza della Repubblica, presidenza del Consiglio, ex Governatore di Banca d’Italia”.

“Quando si è presi dallo sconforto si può essere indotti a dubitare che serva impegnarsi per migliorare le condizioni del nostro Paese, ma concludevo che tra tutte le tentazioni questa è quella a cui è più importante resistere. Il fatto che al termine di questo lungo impegno, al quale ho dedicato la maggior parte della mia vita, più di trent’anni, io venga colpito da un’accusa che mette in discussione proprio la mia lealtà nei confronti di istituzioni con cui ho sempre fecondamente collaborato è per me incomprensibile e oltremodo doloroso. Vivo questa ferita come una delle non poche e dure prove affrontate nella vita, ma non posso accettare la deformazione della realtà prospettata in questa indagine senza reagire con fermezza rivendicando la limpida storia del mio passato”.

 


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Il Fatto quotidiano, 1 agosto 2018 (versione estesa)
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