A chi le olimpiadi 2026? Soldi & neve, la sfida di Torino, Milano e Cortina
Il Coni vorrebbe far nascere Mi-To-Co, il mostro olimpico a tre teste in grado di unire le tre candidate italiane a ospitare i giochi invernali del 2026: Milano, Torino e Cortina. Al presidente Giovanni Malagò piacerebbe che fosse Milano a guidare l’operazione e proverà a spiegarlo, lunedì prossimo, ai tre sindaci (Giuseppe Sala, Chiara Appendino e Gianpietro Ghedina) convocati a Roma insieme ai presidenti delle regioni coinvolte (Attilio Fontana per la Lombardia, Sergio Chiamparino per il Piemonte, Luca Zaia per il Veneto).
A Sala il mostro piace ed è pronto all’alleanza con Torino e Cortina, purché Milano resti capofila dell’avventura olimpica. Appendino è invece la più decisa a far passare il suo dossier di candidatura, sostenendo che è quello più completo e strutturato. La decisione sarà presa il 1 agosto dalla giunta e dal consiglio nazionale del Coni. Si troverà il punto di convergenza fra le tre proposte, o ciascuna delle candidate continuerà a voler imporre il suo progetto? Ecco debolezze e punti di forza dei tre dossier di candidatura e tutte le difficoltà per integrarli.
Torino/La forza dell’esperienza. Riuso, niente cemento
Quello di Torino è il masterplan più compatto. La capitale sabauda si propone come città olimpica e dispiega i siti di gara a ventaglio sulle Alpi, a Bardonecchia, Sauze d’Oulx, Sestriere, Pragelato, Pinerolo, Cesana. Tutti più o meno a una distanza di circa 90 chilometri e facilmente raggiungibili con collegamenti per lo più autostradali in soli 75 minuti al massimo.
Il punto di forza è che Torino ha già ospitato i giochi invernali nel 2006, dunque non solo ha esperienza della gestione, ma ha anche le strutture e le infrastrutture già pronte che, vent’anni dopo, dovranno soltanto essere riadattate. Le strade sono state già riviste nel 2006 per garantire un “assetto olimpico”, cioè poter offrire un flusso di traffico e criteri di sicurezza idonei al periodo dei giochi invernali. È necessario garantire per i 20 giorni della manifestazione la presenza e gli spostamenti rapidi di circa 60 mila persone (atleti, delegazioni internazionali, stampa) oltre agli spettatori.
Torino promette nel suo dossier di presentazione “una ‘Olimpiade lunga’ rafforzando il concetto di Olimpiade come parte di una strategia di lungo termine in coerenza con gli obiettivi di sviluppo sostenibile e resiliente del territorio che la ospita, valorizzando Torino come città della cultura, dello sport e dell’innovazione e le sue montagne olimpiche come luogo di sport, turismo e ambiente generatore di occupazione stabile e non delocalizzabile”.
Nessun consumo del suolo, ma riuso di ciò che c’è già. Anche per l’accoglienza: niente nuovi alberghi, ma utilizzo del patrimonio già esistente (abitazioni non utilizzate, sottoutilizzate, seconde case…). Gran parte dei siti olimpici di gara – dalle piste da sci del Sestriere ai palazzetti del ghiaccio di Torino o Pinerolo – sono già pronti e all’80 per cento già utilizzati in modo continuativo. Da riattivare, invece, alcuni impianti “congelati” cinque anni fa, come i trampolini di salto di Pragelato, la pista di bob e la pista di Biathlon di Cesana.
Milano/Stile internazionale. Anche se la neve non c’è
È una città di pianura, le montagne sono lontane, la neve si vede raramente, ma Milano punta soprattutto sulla sua immagine internazionale e sulla sua capacità di attirare investimenti privati. Le gare sarebbero disperse su un’area molto più vasta (250 chilometri), con le piste di neve in Valtellina (Bormio, Santa Caterina Valfurva, Livigno), più lontana e raggiungibile con strade più tortuose in tempi più lunghi (2 ore e mezza). Alcune gare (bob, salto dal trampolino, combinata nordica) sono addirittura previste in Svizzera, a St. Moritz.
“Saranno Giochi ispirati a criteri di sostenibilità”, promette Milano nel suo dossier, “con un chiaro obiettivo di utilizzare impianti esistenti e quindi minimizzare il consumo di suolo, con particolare riferimento all’ecosistema montano della Valtellina. Unica eccezione, giustificata dalla necessità di rafforzare l’eredità sportiva di Milano a oltre 30 anni di distanza dal crollo del Palazzetto dello Sport nel 1985, sarà la realizzazione da parte di soggetti privati di un nuovo impianto, in grado di accogliere le principali manifestazioni sportive”.
Cortina/Dolomiti, Alto Adige più che Veneto
Ha fama internazionale, paesaggio mozzafiato ed è davvero in montagna. Nella proposta di Cortina d’Ampezzo, le gare sono per lo più dislocate non in Veneto, ma in Trentino (Val di Fiemme) e in Alto Adige (Bolzano, Merano, Anterselva). Più difficile la logistica, strade più tortuose. “A settant’anni esatti dai Giochi del 1956”, si legge nel dossier, “Cortina si ripropone come culla degli sport invernali, riportando la montagna al centro delle politiche di sviluppo del nostro paese e dell’Europa”.
Soldi/Costi dichiarati, costi dimenticati
Cortina ha presentato la proposta meno cara (380 milioni previsti), non troppo dissimile da Milano (384 milioni), Torino la più cara (959 milioni). A ben guardare le cifre, però, si nota che Torino mette in lista con grande accuratezza molti costi che Milano non contabilizza. Gli impianti di St. Moritz (bob e trampolino), per esempio, o le strutture di allenamento, o gli investimenti per la digitalizzazione del territorio montano. Tanto Milano quanto Cortina non mettono in elenco i costi per le strade, mentre Torino, da cui pure si raggiunge Bardonecchia in autostrada, contabilizza 70 milioni per l’ulteriore miglioramento della viabilità.
In realtà i costi di un’olimpiade sono più alti. L’organizzazione dell’evento – sport, tecnologia, logistica, security eccetera – costa, secondo i calcoli fatti a Torino, 1,178 miliardi di euro. È a questa cifra che si devono sommare le cifre di spesa dichiarate nei dossier, dai 380 milioni di Cortina ai 959 di Torino, che riguardano le opere e le infrastrutture, cioè quello che resterà dopo la manifestazione. E che dovrà essere, negli anni dopo i Giochi invernali, valorizzato, utilizzato, per non lasciarlo decadere. Le entrate previste sono invece di 1,182 miliardi di euro in biglietti, sponsor e merchandising. Continuerà la gara fra le tre candidate o Malagò riuscirà a imporre l’alleanza? Tra qualche giorno la risposta.