GIUSTIZIA

Per seguire il bunga-bunga ci vuole il tom-tom

Per seguire il bunga-bunga ci vuole il tom-tom

Se volete capire il processo Ruby 3, dovete armarvi di santa pazienza e di una cartina d’Italia (va bene anche GoogleMaps). Lunedì 2 luglio sono stati riunificati i due filoni che si stanno celebrando a Milano, ma ce ne sono altri ancora in giro per l’Italia: a Torino, a Siena, a Roma. Altri ce n’erano a Pescara, Treviso, Monza. Tutti con la stessa accusa e lo stesso protagonista: Silvio Berlusconi, che avrebbe pagato decine di testimoni per addomesticare le loro deposizioni davanti al giudici dei processi Ruby 1 (imputato Berlusconi di concussione e prostituzione minorile) e Ruby 2 (imputati Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione).

Sono i processi del bunga-bunga, sulle feste hard del 2010 ad Arcore. “Cene eleganti”, secondo Berlusconi e molti dei suoi testimoni. “Un puttanaio”, secondo invece l’accusa e alcune ragazze che hanno rotto il fronte dell’omertà (Imane Fadil, Ambra Battilana, Chiara Danese).

I due processi si sono conclusi con l’assoluzione di Berlusconi e le condanne di Fede-Mora-Minetti. Ma gli stessi giudici che hanno scritto le sentenze hanno ritenuto che molti testimoni abbiano detto il falso. Così hanno mandato un lungo elenco di (presunti) falsi testi alla Procura di Milano, che ha fatto le indagini e ha contestato non solo la falsa testimonianza, ma anche la corruzione in atti giudiziari: a Berlusconi (che ha pagato un mucchio di soldi e altre utilità) e a trenta testi (che li hanno ricevuti).

Nell’aprile 2016 arriva la svolta. Il giudice dell’udienza preliminare Laura Marchiondelli ha deciso che sì, le accuse sono credibili e il processo va fatto. Ma, accogliendo almeno in parte le richieste delle difese, lo ha “spacchettato”, diviso in sette procedimenti, mandando le carte, per competenza territoriale, a sette diversi tribunali, nelle sette città dove si sarebbero consumati i reati contestati (cioè i pagamenti di Silvio ai testimoni): Torino, Pescara, Treviso, Roma, Monza e Siena. Oltre Milano, naturalmente, dove restano imputate 16 persone di concorso in corruzione, con altre sette a cui è contestata solo la falsa testimonianza.

Traslocano così a Torino il processo a Roberta Bonasia, una delle ragazze partecipanti alle feste; a Roma quello a Mariano Apicella, il cantante che allietava le cene eleganti (e che ha ricevuto 313 mila euro da Berlusconi, asseritamente per l’acquisto della sua casetta di Albano Laziale che vale ben di meno); e a Siena quello a Danilo Mariani, il fedele e silenzioso pianista delle serate (anche a lui il generoso ex presidente del Consiglio ha comprato a caro prezzo un suo piccolo appartamento nella provincia senese). Trasferiti anche i dibattimenti di Elisa Toti e Aris Espinosa, a Monza; Miriam Loddo, a Pescara; Giovanna Rigato, a Treviso. Per seguire il bunga-bunga ci vuole il tom-tom.

Poi è successo che la Procura di Milano, con quei due pm – Tiziana Siciliano e Luca Gaglio – che non mollano l’osso, ha scoperto che ad alcune ragazze, Elisa Toti, Aris Espinosa, Miriam Loddo, Giovanna Rigato, i pagamenti (oltre 400 mila euro) sono continuati fino al novembre 2016. A pagare, a Milano, l’inappuntabile ragionier Giuseppe Spinelli, il portafoglio vivente di Berlusconi, il bancomat umano delle sue ragazze. Così sono tornati a Milano i processi di Pescara, Treviso e Monza. Mentre restano a Torino, Roma e Siena i dibattimenti per Bonasia, Apicella e Mariani.

A Milano i pm hanno intanto unificato il processo già aperto a Berlusconi e 23 testimoni – tra cui Ruby in persona, ovvero Karima El Mahroug – con i processi a Toti, Espinosa, Loddo e Rigato tornati sotto la Madonnina da altre città. Prossima udienza: 24 settembre.

A Torino invece, sotto la Mole, qualche complicazione in più: un’altra giudice dell’udienza preliminare, Francesca Christillin, ha deciso di rinviare gli atti alla locale Procura, perché sia riformulato il capo di imputazione. Tutta colpa di un appartamento al ventiduesimo piano della Torre Velasca, a Milano, dove Bonasia ha abitato gratis dal 2008 al 2016. Attenzione: fino al 2016. Se nel capo d’imputazione entrerà anche questo appartamento, come chiede la gup, pure questo processo dovrà traslocare a Milano.

Il Fatto quotidiano, 5 luglio 2018
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