GIUSTIZIA

Niente processo, nessun reato: Sala per Expo aveva i superpoteri

Niente processo, nessun reato: Sala per Expo aveva i superpoteri

Niente processo per Giuseppe Sala. Non ha commesso alcun reato, quando ha affidato senza gara la fornitura del verde di Expo. Lo spiega il giudice dell’udienza preliminare Giovanna Campanile nelle 14 pagine di motivazioni della sua sentenza che il 29 marzo ha decretato il “non luogo a procedere” nei confronti dell’amministratore delegato e commissario unico di Expo (poi diventato sindaco di Milano). Niente processo neppure per il coimputato di Sala, Angelo Paris, direttore generale di Expo. Per i due il rinvio a giudizio (per abuso d’ufficio) era stato chiesto dalla Procura generale, che aveva avocato le indagini dopo aver ritenuto “inerte” la Procura di Milano che aveva chiesto di archiviarle.

Ora la gup dà piena ragione a Sala: ha agito sfruttando i superpoteri che gli erano stati concessi dal governo come commissario unico del “grande evento” Expo 2015. Aveva concesso alla Mantovani spa, senza gara, il contratto per la fornitura di 6 mila alberi, a 4,3 milioni di euro (716 euro l’uno). La Mantovani aveva poi comprato le piante in un vivaio, pagandole 1,7 milioni (266 euro l’una). Secondo la Procura generale, Sala aveva violato sette articoli di legge e del codice degli appalti: perché non c’era il “requisito dell’urgenza”; perché gli alberi sono una fornitura e non “servizi complementari”; perché l’importo era superiore ai 200 mila euro che può essere aggiudicato senza gara; perché l’ordinamento nazionale e la normativa comunitaria impongono “nei contratti pubblici di scegliere il contraente con procedure competitive”; per aver “ecceduto la delega del consiglio d’amministrazione limitata all’importo di 3 milioni”.

Risultato: Sala, secondo la Procura generale, ha “intenzionalmente procurato alla Mantovani un ingiusto vantaggio patrimoniale pari alla differenza tra i due importi, dedotte le spese generali e l’utile di impresa”. Invece non c’è stata alcuna violazione, scrive la giudice nella sua sentenza. Perché Expo 2015 era stata definita “grande evento” con decreto della presidenza del Consiglio e al suo commissario unico erano stati assegnati “poteri sostitutivi per risolvere situazioni o eventi ostativi alla realizzazione delle opere essenziali e connesse”, oltre alla “possibilità di provvedere in deroga alla legislazione vigente” e alla “facoltà di esercitare tutte le attività necessarie per garantire rispetto di tempi di realizzazione e limiti di spesa”. Insomma: vale tutto, pur di fare Expo.

Così, delle sette violazioni contestate, alcune “non sussistono, in virtù dei poteri di deroga riconosciuti al commissario unico”; altre (quelle dedotte dalla normativa europea) cadono, perché secondo la giudice “discende dalla stessa normativa comunitaria la previsione di eccezioni alle procedure con bondo”. In conclusione, “in esito alla piana lettura della normativa comunitaria congiunta con quella interna”, nessuna violazione è stata compiuta. Quanto all’accusa di “aver ecceduto rispetto alla delega di poteri del consiglio d’amministrazione”, per aver assegnato un contratto di fornitura oltre il limite dei 3 milioni di euro, la gup sostiene che Sala “aveva la duplice veste di amministratore delegato di Expo 2015 spa e di commissario unico di governo, con ampiezza di poteri”.

Dunque quello che non poteva fare come amministratore delegato “è agevole evincere” sia stato fatto “avvalendosi dei poteri di commissario unico”. Del resto, “dalla lettura dei verbali del consiglio d’amministrazione emerge con chiarezza” che il cda “ha seguito costantemente tutta la vicenda dell’appalto delle essenze arboree, avallando pienamente l’operato dell’amministratore delegato”. Quindi, tutto bene. La giudice dunque “non ritiene utile” andare a processo, “che nulla potrebbe aggiungere o immutare in queste conclusioni, data la completezza delle indagini, che induce a escludere l’emersione di nuovi e contrari elementi di prova”. Prosciolto.

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Il Fatto quotidiano, 29 maggio 2018
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